Antonella Lattanzi / Nel mezzo del buio

Antonella Lattanzi, Chiara, Einaudi, pp. 176, euro 18,00 stampa, euro 11,99 epub

Con Chiara, Antonella Lattanzi ci consegna un romanzo grave eppure dolce, un’opera che tesse un arazzo di sensazioni e segreti, dove il dolore abita in ogni piega del racconto, ostinato, talvolta latente, per sempre indelebile. Attraverso gli occhi di Marianna, narratrice e compagna di vita sin dall’infanzia di Chiara, Lattanzi ci trasporta nella Bari popolare degli anni Novanta, in un quartiere che sembra protettivo nei gesti più semplici — feste di compleanno in salotto, panini divisi a metà, la mano stretta di un’amica — ma è al contempo attraversato da un’ombra lunga, quella delle famiglie “in apparenza diversissime” ma uguali nella violenza che sanno infliggere.

Fin dalle prime pagine, l’adolescenza emerge non come una stagione spensierata, ma come un’età scolpita: una materia fragile e resistente, che si plasma sotto il peso di ferite antiche e parole non dette. Marianna e Chiara non sono solo amiche: sono rifugio l’una per l’altra, un patto silenzioso di protezione contro qualcosa che non osa chiamarsi per nome ma che si avverte come un pericolo costante. In quel nido di complicità, l’intimità cresce: l’affetto diventa amore, l’innocenza si mescola con il desiderio, il bisogno di salvezza si fa promessa.

Ma in quel fragile equilibrio, la violenza domestica minaccia sempre di esplodere — non in maniera sensazionalistica, ma con la forza spaventosa della quotidianità: padri che (si) feriscono, madri che sfuggono, muri che non tengono. Il senso di colpa, invisibile ma affilato, scava ferite nell’anima delle protagoniste; un senso di colpa che è anche silenzio, che è “non detto”, che è la paura di essere amate fino in fondo se davvero conosci chi sei. Lattanzi dipinge questi temi con una delicatezza gelida, raccontando quanto i mostri più terribili abitino nelle stanze che dovrebbero proteggere, e quanto siano reali — molto più spaventosi di quelli che si immaginano nei più sfrenati incubi infantili.

Leggere Chiara significa accettare di non respirare: ogni pagina trasmette una tensione sottile, quella paura che il peggio stia per arrivare. E il peggio, in effetti, arriva: non come colpo teatrale, ma come conseguenza inevitabile, come frattura che era in agguato fin dall’inizio. Quando il patto tra le due ragazze sembra incrinarsi sotto i colpi della vita adulta, il lettore avverte la fragilità di quel rifugio che sembrava invincibile.

E tuttavia, in mezzo a tutta questa oscurità, Lattanzi non rinuncia a offrire una speranza: l’amore ha scolpito la carne delle due protagoniste, così come il dolore. E la carne non dimentica. È proprio in quel tessuto umano, segnato ma vivo, che germoglia una possibilità di salvezza, non trionfale ma ferma: la promessa di esserci per l’altra, nonostante tutto, nonostante il Terrore.

Il ritmo del romanzo è incalzante, magnetico; la scrittura concisa ma ricca di echi, capace di alternare la tenerezza dell’infanzia, la scoperta erotica e l’ombra di minaccia che incombe tra le mura domestiche. Lattanzi maneggia il tempo narrativo con perizia, saltando avanti e indietro, scavando nei ricordi e nei silenzi in modo sapiente. In definitiva, Chiara non è solo un romanzo di amicizia o di amore: è una storia di sopravvivenza, di cicatrici invisibili e parole non dette, di mostri che esistono davvero — ma anche di un bene “ostinato e splendente” che può disarmare il cuore, se solo ci concediamo di restare. Una lettura potente e commovente, che scuote senza urlare, che morde piano ma resta dentro.