Benvenuti al Vorrh. Con Brian Catling nel cuore nero del new weird

Vorrh non racconta una storia alternativa ma è un'alternativa al racconto o, forse un'installazione surrealista in forma di romanzo. Con questo libro, ora tradotto da Safarà, Brian Catlng ha messo a soqquadro la letteratura fantastica indagando attraverso una scrittura densamente poetica i confini della nostra percezione.

Il Vorrh è una foresta senza tempo, che si dice più antica dell’umanità. Per cui si dice anche che ospiti dai tempi della Genesi  il Giardino dell’Eden e il suo primo abitante. Ogni storia sulla foresta può essere vera e falsa e ogni cosa al suo interno non è mai quello che sembra. Se questo non bastasse nel Vorrh convivono invisibili creature di degradata estrazione angelica e demoniaca, fantasmi, semidei dark, ufficiali al seguito di eserciti coloniali ed  etnie di nativi, sciamani e assassini che inseguono altri assassini che inseguono altri assassini (che hanno ricavato dal cadavere della compagna un arco magico),  clan dagli oscuri tratti biotipici – ciclopici, antropofaghi – in un catalogo che sfugge a qualsiasi antropologia conosciuta o forse soltanto alla nostra linea temporale. Il  Vorrh non ha un centro né confini ma chi decide di costeggiare il suo perimetro si ritroverà al punto di partenza. Chi lo varca e ci entra invece ne esce invariabilmente trasformato,   quasi sempre perderà qualcosa, che sia la memoria della vita precedente o direttamente la vita.  Per il resto la foresta è attraversata da una ferrovia di foggia surrealista, che trasporta avanti e indietro l’esercito dei taglialegna zombie oltre ai rari ed eccentrici visitatori bianchi.

La storia principale si svolge in un’Africa coloniale totalmente immaginaria, attorno agli anni ‘20 del secolo scorso. Ai margini della foresta sorge la città di Essenward, importata direttamente dall’Europa Centrale e ricostruita pietra su pietra ad immagine dell’originale. Essenward dipende dal legname del Vorrh e dai suoi schiavi vudù, la sua ricchezza e il suo  stile di vita europeo sono intermediati da biechi personaggi di frontiera come il medico impostore e  il negriero senza scrupoli. Ma anche in città le cose cominciano ben presto a farsi davvero strane non appena la signorina Ghertrude, figlia emancipata della fresca borghesia locale, scopre in una casa disabitata un fanciullo con un occhio solo allevato da strani robot di bachelite. Attraverso Tristan, il giovane ciclope nel frattempo divenuto amante di Ghertrude e dell’amica Cyrena,  l’ignoto filtra goccia a goccia anche nelle vite delle protagoniste, trascinandole in territori fatali e sconosciuti, dove anche i miracoli si trasformano da un momento all’altro  in maledizioni senza scampo. 

  
Vorrh. La foresta senza fine” , che  Safarà pubblica finalmente in Italia in una bellissima edizione (nella traduzione di Massimo Gardella e con illustrazioni di Gianluigi Toccafondo),  è il primo volume della immensa e sconvolgente trilogia con cui Brian Catling – affermato scultore e performer, poeta, illustre accademico e professore d’arte –  qualche anno fa ha messo a soqquadro il mondo del fantasy e del new weird esordendo da ultrasessantenne come romanziere.  Al suo  apparire “Vorrh” ha scatenato l’accoglienza entusiastica riservata ai libri riconosciuti come dei veri game changer , e come tale è stato subito celebrato dal gotha della letteratura fantastica, da Jeff Vandermeer a Philip Pullman, da Terry Gilliam a Alan Moore (autore della prefazione) a Michael Moorcock che nella sua recensione sul Guardian  non ha lesinato i confronti:

Pynchon è il paragone più vicino di Catling. I suoi temi sono le molteplici forme di colonizzazione psichica e fisica. Combinando diversi tipi di narrativa, oltre a fare riferimento a molti altri, Catling prende in prestito da fonti popolari e marginali per raccontare una storia che ha tutta la spinta spietata di Peake e rimane nella mente per tutto il tempo in cui si è lontani da essa.”

Va detto che Catling attinge a una quantità esondante di fonti e generi letterari e ne mescola un numero anche superiore nel fraseggio di una prosa programmaticamente debitrice della poesia. Accalca una girandola caleidoscopica di personaggi che grazie anche all’incredibile granularità della sua scrittura eccedono spesso gli stereotipi novecenteschi – dall’ufficiale gentiluomo,  vagamente white savior,  alla donna africana che entusiasticamente si sottopone agli esperimenti erotico-manicomiali della scienza vittoriana – molti dei quali vengono “terminati”, senza troppi complimenti,  alla fine di questo primo volume (ma in un libro di fantasmi come in un film di supereroi la morte non è un problema, immagino).  Folgorati da un umorismo nerissimo sono scaraventati come comprimari sul palcoscenico di un romanzo follemente imprevedibile anche diversi personaggi storici. In primo piano lo scrittore surrealista  Raymond Roussel (è sua, nella realtà,  la menzione originaria del Vorrh contenuta in Africa Impressions), qui ribattezzato “Il Francese”, e calato nel tipo del continentale ricco e debosciato, e  il pioniere della fotografia (e misogino uxoricida) Eadweard Muybridge la cui personale visione  artistica si intreccia con il positivismo scientifico della sua epoca senza mai incontrarsi definitivamente.  Per non farci mancare niente, incontriamo nelle sotto trame anche il fosco medico di sua Maestà Sir William Withey Gull (uno dei tanti sospetti Jack The Ripper) e la Signora Winchester alle prese  con la sua casa infinita, destinata ad accogliere in ogni stanza un diverso fantasma vittima della mitica carabina che l’ha resa ricchissima e ossessionata dai sensi di colpa.

L’episodio in realtà è una pura digressione, una delle tante, che Catling ci regala all’interno di una storia che più che una trama a labirinto, non lineare,  suggerisce un preciso programma esplorativo.  Se lo si legge come un qualsiasi romanzo fantastico scopriamo infatti che in Vorrh succede ben poco, gli archi di alcuni personaggi non si tendono o quasi, di altri lo sviluppo salta come un vecchio 33 giri graffiato, mentre le strategie narrative cambiano graziosamente da un capitolo all’altro. Più che un romanzo, Vorrh è un’installazione romanzata o, meglio, un’installazione surrealista in forma di romanzo poetico, un ambiente narrativo che consegna all’esperienza del lettore un’evidente aporia qualora anziché abbandonarsi al flusso incontrollato dell’immaginazione si provi a distinguere tra “digressione” e “storia”.  

Come è stato osservato,
The Vorrh non è semplicemente un lavoro di storia alternativa, cioè un’ucronia ma, senza tema di modestia,  un lavoro di letteratura alternativa. Catling è – e per tanti aspetti resta – un’artista della performance che indaga attraverso il romanzo e la poesia i confini della percezione nel cuore più dark della nostra cultura.  La visione è del resto uno dei fils rouges del libro  come ci conferma tutta la linea narrativa (apparentemente in flashback) di Muybridge e della sua invenzione, lo Zoopraxiscopio, in grado di catturare il movimento di un cavallo in corsa ma incapace di fotografare i fantasmi della civilizzazione. O la vicenda di  Cyrena che, una volta riacquistata la vista,  rimpiange la cecità  e prova a rivivere con gli occhi chiusi la menomazione sensoriale perduta.  E del resto si muovono “alla cieca”, cioè senza mai rinunciare al punto di vista del disincanto e della scorza fenomenica, quasi tutti i protagonisti del romanzo mentre si illudono di poter controllare per i loro fini visibili l’invisibile possessione del Vorrh.  Come ogni artista Catling è un illusionista che dice “a me gli occhi”, perché nell’occhio, non nei nostri turbamenti morali, scatta il diaframma che si spalanca sulla coscienza della postmodernità. 

Il Vorrh stesso, del resto, non è una foresta incantata/vivente o una specie di Gaia perversamente olistica (e il Vorrh, come si sarà capito, non è assolutamente un romanzo sull’Africa, immaginaria o meno, e neppure sulla catastrofe del colonialismo). La “foresta” non è solo superiore alla somma dei  suoi alberi, che nel romanzo non vengono neppure mai descritti, ma qualcosa di inconoscibile perché totalmente alieno e non omogeneo a qualsivoglia configurazione di causa ed effetto, spazio e tempo alla portata della conoscenza umana. La sua collocazione spazio-temporale – come l’Area X di Vandermeer -sembra piuttosto sovrapponibile alla definizione di Iperoggetto che ne ha fornito il filosofo ecologista inglese Timothy Morton:  

“Un’entità di una tale dimensione spaziale e temporale da incrinare la nostra stessa idea di cosa un oggetto sia (…) Un iperoggetto può essere un buco nero. Un iperoggetto può essere il centro petrolifero nell’area di Lago Agrio, in Ecuador, o la riserva di Everglades in Florida. Un iperoggetto può essere la biosfera o il sistema solare. Un iperoggetto può essere la somma complessiva di tutto il materiale nucleare presente sulla Terra.”

Non sappiamo se Catling condivida o meno il pessimismo climatico di Morton ma di certo non si occupa di fornire allegorie o metafore filosofiche. Vorrh riflette il punto di vista del Vorrh. Vorrh, il libro, fornisce un dispositivo di visitazione poetica, una macchina immaginativa di consistenza corporea che prende in prestito dal linguaggio gli strumenti per restituire al lettore l’esperienza organica dell’ignoto. Che al termine  dalla sua perturbante performance sarà più che pronto a sottoscrivere quanto andava proclamando Lovecraft già un secolo fa: “Noi viviamo sopra una placida isola d’ignoranza, circondati dai neri abissi dell’infinito, e non era stato scritto che ci avventurassimo lontano”

 

Eadweard Muybridge, Horses in motion