China Miéville / Un treno a caccia di talpe giganti

China Miéville, Railsea. Un oceano di rotaie, tr. di Stefano Ternavasio, Fanucci, pp. 368, euro 20,00 stampa

Immaginate Moby Dick ma con una enorme talpa color “denti vecchi” di nome Mocker-Jack al posto della balena, un mostro sguazzante tra animali smisurati e insetti giganti, affioranti non dagli abissi marini ma dal pelo della superficie terrestre. Immaginate inoltre un treno, il Meses, con un vagone macelleria olezzante di carne salata e di pellicce di talpa, al posto della baleniera Pequod, e tutt’attorno un futuro post apocalittico interamente ricoperto di rotaie, dove il macchinista ha preso il posto del timoniere, e la navigazione procede azionando gli scambi ferroviari che si parano davanti a noi.  Un mondo che, a questo punto, non potrà non ricordare almeno un po’ l’universo herbertiano di Dune nonché lo Snowpiercer che Bong Joon-ho ha trasposto dal graphic novel di Jacques Lob e Jean-Marc Rochette. Di altri prestiti narrativi – da Ursula Le Guin fino a L’isola del tesoro di Robert Louis Stevenson, per risalire a Daniel De Foe – si perde ben presto la contabilità ma li si ritrova puntualmente accreditati nei ringraziamenti.

China Miéville pubblica Railsea oltre dieci anni fa, dopo il successo internazionale del thriller fantastico La città e la città (2009) e dopo aver rifondato (anche politicamente) il canone new weird con la trilogia di Bas-Lag. Formalmente, quello che abbiamo tra le mani è un romanzo che invece figurerebbe sullo scaffale young adult, a metà strada tra il genere Fantasy e l’ambientazione Steampunk. E diciamo subito che il gusto per l’insolito e il bizzarro a cui l’autore inglese ci ha abituato forse non raggiunge il livello dei suoi romanzi più noti ma neppure ci si allontana di moltissimo.

Con questa premessa, non stupisce se il protagonista, Sham ap Soprap, è un orfano e un apprendista adolescente al seguito del medico di bordo, che il patrigno ha spinto a imbarcarsi ma che all’inizio del libro ha ancora idee poco chiare riguardo a cosa fare della propria vita. Anche   la disposizione dei capitoli – numerosi, brevi e nettamente enucleati rispetto allo sviluppo della storia – fa pensare alla scansione abbordabile di un libro per ragazzi.
Ma – niente paura! – parliamo in ogni caso un esempio di young adult piuttosto anomalo, privo tra l’altro di una significativa sottotrama sentimentale.  Uno strano romanzo di formazione, attraverso cui Miéville non rinuncia a utilizzare figurazioni e tropi della letteratura giovanile da una angolatura obliqua, sghimbescia. Particolarmente significativa qui, la scelta di un linguaggio non convenzionale, elaborato e arcano, fitto di neologismi, sofisticati giochi idiomatici e digressioni grottesche che non sarebbero dispiaciute a un Mervyn Peake.

Il world building, più dei personaggi, classici e derivativi come la Capitana Naphi / Achab o   semplicemente abbozzati e funzionali, con l’eccezione di Sham, si conferma il vero punto di forza nella prosa di Miéville che in questo libro sceglie di rimpiazzare il familiare mondo della metropoli con un inedito oceano ferroviario come sfondo della narrazione. A titolo di esempio, citiamo l’ampia varietà di veicoli che incontriamo durante la navigazione su rotaia che comprende: treni solari e treni lunari, scintillanti treni elettrici e ciclo-treni a pedali, giganteschi treni da guerra e treni trainati da mandrie di ungulati, senza dimenticare un “treno a orologeria rococò”. A ogni pagina il mondo bizzarro e intricato di Railsea, filtrato attraverso un’immaginazione fluida ma puntualissima nei suoi riscontri, acquista granularità e coerenza, grazie a nuovi dettagli, ispirando sempre maggiore fiducia del lettore. In sintesi, il libro risulta un interludio godibile, in attesa della traduzione italiana di The Book of Elsewhere, annunciata da minimum fax per fine anno, il romanzo che China Miéville ha scritto a quattro mani con Keanu Reeves, ambientato in un universo parallelo al mondo fumettistico di BRZRKR.