Nella magistrale scena di apertura, un gruppo di ragazzini è salito in bicicletta in cima a una collina, appena fuori Kinlough, e sta per lanciarsi senza freni giù per la discesa, che sbocca su una statale trafficata, da attraversare con la velocità della rincorsa, rischiando il tutto per tutto. La tensione è insopportabile, e ce la porteremo dietro per tutto il romanzo. Perché Kala, una ragazzina del gruppo, è scomparsa.
Quando ascoltiamo le tre voci narranti, Joe, Helen e Mush, sono passati quasi vent’anni da quando si sono perse le tracce di Kala. E anche se sembra che la vita vada avanti, anche se per molti versi la vita va davvero avanti, per i tre protagonisti, le loro famiglie e le loro relazioni, la scomparsa di Kala ha segnato il destino in modo indelebile. Helen se ne è andata lontano, in Canada, e torna solo ora per il secondo matrimonio del padre; non è sicura che sia una buona idea, ed è combattuta tra il desiderio di trovare delle risposte a un passato da cui è fuggita e quello di continuare a cercare di dimenticare. Mush è rimasto a Kinlough, lavora nel bar della madre, la sera si concede qualche birra nel silenzio e nella solitudine del locale. Si è rassegnato a nascondere il viso devastato dalle cicatrici, e ad avere le gemelle, sorelle minori di Helen, come unico affetto. Joe è diventato un cantante famoso, ossessionato dalla sua immagine e dai like al suo profilo Instagram, consapevole dell’enorme vuoto che ha dentro e di una certa aria di impostura che aleggia sul suo successo. Joe è tornato per fare un concerto, è tornato per rivedere Mush, è tornato per l’ennesimo sforzo di provare ad essere sé stesso. Joe era il ragazzo di Kala, Helen era l’amica di Kala, Mush era l’amico di Kala. Tutti e tre erano affascinati dal suo mistero, dalla sua sfrontatezza e dalla sua fragilità, dal suo disprezzo per le regole, dai suoi slanci, dalla sua energia, dal suo talento per il disegno. E tutti e tre erano legati da un’amicizia fortissima, ruvida e dolcissima.
Che cosa terribile, l’adolescenza. Crescere in una cittadina turistica dell’Irlanda, dove tutti conoscono tutti e dove ogni cognome si porta dietro una storia, spesso non detta o dichiarata, ma nondimeno corredata da un giudizio moralistico e definitivo. Sognare la città, Dublino. Immaginare di scappare e diventare grandi altrove. Trasgredire, andare dove è proibito, e trovarsi a scoprire i segreti dei grandi, che sono molto più terribili delle più terribili delle paure. E che vanno mantenuti. I segreti pesano e bloccano, non fanno dormire e un giorno diventeranno fatali.
Sotto la superficie di piacevolezza e divertimento estivo, la cittadina di Kinlough, piena di turisti e animazione d’estate, vuota e fredda d’inverno, racchiude il peggio del paese: il troppo bere, le scommesse, i combattimenti clandestini di cani, le relazioni illecite, l’ossessione della famiglia, il cattolicesimo ottuso e bigotto, e naturalmente la corruzione, l’omertà delle forze dell’ordine. Alla fine Kala, o meglio i resti di Kala, compaiono vicinissimo alla casa in cui abitava con la nonna. Molto più vicini di quanto chiunque avrebbe creduto. Ma fare luce sulle circostanze della scomparsa non è semplice. E spesso significa mettere in discussione tutta quell’impalcatura di mezze verità e mezze ammissioni su cui si è costruita la propria vita.
C’è molta complessità e molta sottigliezza, in questo romanzo d’esordio (anche se l’autore ha pubblicato numerosi racconti) in cui i personaggi sono pieni di ambiguità e di contraddizioni, di paure e desideri, di forza e debolezza, mescolati in modo disordinato e caotico. C’è sottotraccia tutta la bellezza e tutta la desolazione dell’Irlanda, la sua ricchezza di cultura e tradizioni, la sua antica povertà e il bigottismo della sua religiosità.
Qualcuno ha scritto che il romanzo ricorda Dio di illusioni di Donna Tartt, ed è abbastanza vero: lo ricorda nella ferocia e nella grandezza di quell’età orrenda e sempre rimpianta che è l’adolescenza, in cui tutto è possibile ma niente è reale. Una scoperta davvero felice.