Se siete genitori di un adolescente maschio e se una serie come Adolescence, con il suo giovanissimo femminicida e i confusi riferimenti alla manosfera vi hanno aperto un mondo, inutile negarlo: esiste il ragionevole sospetto che questo libro faccia al caso vostro, per orientarvi non solo tra alcune delle comunità online più misogine che si conoscano ma anche nell’immaginario e nell’ideologia degli incel – letteralmente: involuntary celibates – evitando banalizzazioni eccessive e brutte figure con l’erede.
Il termine, per la cronaca, pare sia stato coniato nel 1997 da una ragazza canadese, ma questa è una semplice curiosità che con il seguito della storia c’entra poco o nulla. Grazie a Internet la figura dell’incel infatti è assorbita e ben presto si identifica con quella del maschio non alfa, perdente nella competizione naturale con il Chad, bello, sexy ed economicamente affidabile. Per farla semplice, se sei un incel non potrai accedere al sesso femminile delle Stacy, o femminoidi, che con il patriarcato hanno rigettato anche il tuo diritto primigenio all’accoppiamento.
Anche l’ideologia incel adotta largamente la metafora ex Matrix del risvegliato “redpilled”, presente in tutto il mondo Alt Right – ma accanto ad essa compaiono anche sfumature e declinazioni come black pill, blue pill, ecc, che qui trovate puntualmente descritte. Certi confini per contro sono forse meno immediatamente intuitivi al comune lettore (normie): Elliot Rodger (1991-2014), il mass murderer di Isla Vista, California, che uccise sei persone e ne ferì quattordici per “punire le donne” resta ad esempio un’icona tristemente accreditata presso il mondo Incel e i suoi fan da tastiera; d’altro canto, non importa quanto siate sessisti e misogini, un sex symbol fallocratico ed esibizionista come Andrew Tate qui non sarà mai il benvenuto.
Come viene subito messo in chiaro, non è “colpa del cinema” se le nostre società conoscono mostri alla Patrick Bateman anche al di fuori della finzione, l’intento del libro non è certo puntare il dito ma semmai ripercorrere i fili di questo complicato cortocircuito con la cronaca. Con ciò anche la realtà Incel non fa eccezione, adattandosi alla curvatura del suo immaginario che il saggio insegue, ricucendo reazioni, commenti e flames internettari: nessuna creatura in carne e ossa, dopotutto, è probabilmente altrettanto odiata del personaggio immaginario di Ramona Flowers – dal classico Scott Pilgrim vs. the World[ – la “femminoide” tipo di cui nessuno conosce il colore naturale dei capelli e che potrebbe non ricordarselo essa stessa.
Il volume prende in considerazione alcune sovrapposizioni tra cinema e pubblico Incel, ma anche di “appropriazione”, più o meno indebita, da parte delle comunità e dei forum, assieme, infine, a case “serie” che si sono sforzate di documentare e analizzare il fenomeno, come il documentario La Meccanica dei Fluidi della francese Gala Hernandez Lopez, vincitrice del premio Cesar 2024. Persino commedie come 40 Anni Vergine, che non riflettono questa sottocultura, pure fanno parte della filmografia essenziale per comprendere il fenomeno incel non meno di classici cinematografici come Taxi Driver, Fight Club e, ovviamente, American Psycho. Citazioni decontestualizzate del film risuonano indirettamente con i sentimenti tossici della frustrazione dei maschi e le difficoltà percepite nella comunicazione uomo-donna; il saggio suggerisce che l’imbarazzo e le pressioni sociali che circondano la verginità maschile possano “esplodere come bombe a grappolo” nella mente di qualcuno.
Più diretto il legame di film come Rub (massaggiare) e di Cuck – da cuckold, il maschio eccitato dall’infedeltà sessuale della propria partner. Il primo è esplicitamente presentato come “un film Incel”, una fantasia destinata a fallire che prova a fotografare la condizione psichica di un membro di questa comunità, immerso in chat e bullizzato dai colleghi sul lavoro. Il protagonista di Cuck, Ronnie, è invece un autoproclamato patriota sovrappeso, rifiutato dall’esercito e immerso in videochat e forum online vive i tentativi di approcciare le donne nella vita reale come discesa nella violenza, che culmina in uno scontro con la polizia.
Non è questo il caso, invece, di Joker (2019), che i due autori, Massimiliano Martiradonna e Mirco Moretti, aka Dikotomiko, collocano alla pari di Matrix tra le indebite “appropriazioni culturali” del mondo Incel. E si può facilmente concordare: troppo diverse le motivazioni di Arthur Fleck che non incolpa l’emancipazione femminile per la sua infelicità (e che si mette nei guai per difendere una donna, uccidendo uno yuppie) e coltiva fantasie riguardo a Sophie, una madre single nera, che aspirano all’amicizia e all’intimità, più che agli automatismi della redemption sessuale. I temi del film stesso rimandano del resto a questioni sociali del tutto estranee all’universo Incel come la divisione di classe e il trattamento della malattia mentale, che, se approfonditi, tenderebbero semmai a decostruire.
Riassumendo, Incel in una stanza è un saggio agile e brillante che, rispetto al precedente Black Fears Matter! di Dikotomiko, sulle intersezioni tra horror e condizione afroamericana, si presta questa volta a un’operazione anche più ambiziosa, con un montaggio parallelo che si sviluppa attraverso una triplice sequenza, unendo i puntini tra ideologia, sottoculture online e cinema.