Gilbert Simondon / Come si forma l’immagine?

Gilbert Simondon, Immaginazione e invenzione (1965-66), cura di Roberto Revello, Mimesis, pp. 236, euro 22,00 stampa

Immaginazione e invenzione, in questa prima edizione italiana a cura di Roberto Revello, raccoglie il corso di Psicologia Generale che Gilbert Simondon tenne alla Sorbona nel 1965-66. Nel contesto universitario la riflessione del filosofo francese sulla dimensione immaginativa emerge anche da un compendio scientifico e divulgativo piuttosto ampio, che lo porta, ad esempio, a indagare la percezione dello spazio o la motricità dei corpi dal punto di vista della biologia evolutiva. O, citando sempre ad esempio, a formulare l’estensione del simbolico nella dimensione della neurologia, dei mass media nella sociologia, ecc.

Va detto che la fiducia “tecnocratica” di Simondon nella ricerca interdisciplinare e nel confronto scientifico, non limita affatto gli obiettivi del filosofo. L’immagine non si sofferma che pochi istanti sulla scena della psicologia, facoltà a cui in teoria spetterebbe la titolarità accademica. Il suo viaggio si allunga invece costantemente sospeso tra l’oggetto e il soggetto, teso nell’interazione tra l’organismo e l’ambiente. L’immagine mentale per Simondon precede e informa l’individuo, che emerge in quanto tale solo come apprendista, nel divenire strattonato tra natura e cultura. L’immaginazione invade il soggetto come un fantasma o un’apparizione infestante che si manifesta come forza autonoma: è essa stessa “una realtà intermedia tra l’astratto e il concreto, tra l’io e il mondo”.

Inizialmente, prende forma come una “anticipazione a lungo termine dell’esperienza dell’oggetto” e solo più tardi approda all’universo interiorizzato dei simboli. Nella fase successiva, l’ultima, questa metamorfosi può dare vita alla “sua esteriorità relativa che si realizza nell’invenzione, attraverso gli oggetti creati che servono come organizzazione dell’ambiente”. L’esempio tipico è la strada che, dai lastricati romani alle moderne autostrade, appare sempre come “un sistema di trasferimento bidirezionale tra l’essere vivente e l’ambiente”. Con l’approdo dell’invenzione sulla scena fattuale della tecnica, si conclude virtualmente anche il ciclo dell’immagine, ma solo per ricominciare da capo. La sua genesi, nella riflessione del teorico francese, non può essere descritta infatti come uno svolgimento a tappe ma solo come un unico processo continuo, riaffiorante dalla coscienza materiale del vivente.

L’immaginazione stessa non rappresenta, del resto, una nostra esclusiva prerogativa ma un’esperienza comune ad altre specie. Se l’uso degli strumenti è raro tra gli animali, infatti, non di meno “la semplice marcatura olfattiva o visiva costituisce un confine coerente in rapporto con i luoghi”. Più in generale, gli oggetti creati eccedono numericamente anche per gli umani le “invenzioni” vere e proprie, di cui sostanzialmente sfruttano la compatibilità. Se guardiamo in questa direzione, osserviamo allora che “i nidi e le tane sono anche nodi di relazioni intra e interspecifiche così come mediatori della relazione tra esseri viventi e ambiente.” Curiosamente, Simondon si congeda con questa nota nella postfazione del testo, suggerendo che anche l’immagine mentale, come caso di studio forse può estendersi a un insieme molto più ampio di fenomeni.