Giuliana Altamura / Vedere il tempo

Giuliana Altamura, L’occhio del pettirosso, Mondadori, pp. 168, euro 17,50 stampa, euro 9,99 epub

La letteratura di contaminazione, che sperimenta la fusione di generi diversi, confini che si sovrappongono e si confondono è, a mio parere, quella che riesce maggiormente a indagare sul presente. E in questo romanzo introspezione, psicologia, rapporti di coppia, fisica quantistica, economia basata sulla valuta digitale, divulgazione scientifica e un tocco di fantascienza, formano un insieme di ottima qualità. Giuliana Altamura, nata a Bari nel 1984 e al suo terzo romanzo, ha una formazione multidisciplinare: diplomata in violino e specializzata in filologia moderna, è dottore di ricerca in storia del teatro. Forse è per questo che riesce a far convivere diversi aspetti narrativi in maniera magistrale. Il testo è anche un thriller psicologico, espediente che le permette di entrare nell’intimo del protagonista in maniera convincente e profonda.

Errico Baroni, fisico al CERN, è ossessionato dalla ricerca e sta lavorando per progettare un computer quantico che permetterebbe un salto qualitativo tecnologico incalcolabile. Si imbatte in Egon Meister, un personaggio inquietante e oscuro che sembra essere in grado di conoscere il passato, il presente e il futuro di chi gli si presenta di fronte. E qui non può non venire in mente il racconto di Ted Chiang, Storie della tua vita, da cui Villeneuve nel 2016 ha tratto Arrival, uno dei migliori film di fantascienza degli ultimi anni. Errico Baroni è sposato con Greta, una relazione che ultimamente si sta trascinando stancamente con lui preso completamente dal lavoro e lei che spinge per avere un figlio: lo desidera talmente tanto che sembra aver perso ogni ispirazione poetica. Errico rimane così sconvolto dall’incontro con Meister che decide di passare qualche giorno nella baita di famiglia in montagna con la moglie, dove il padre passava la maggior parte del suo tempo a dipingere. Iniziata come scusa per ritrovare l’armonia perduta, sarà lì che i fantasmi di un passato oscuro e tragico torneranno prepotentemente a galla, e piano piano comprenderà che il suo stato non dipende dai risultati insoddisfacenti delle sue ricerche. In una delle sue lunghe passeggiate nel bosco, con cui cerca il contatto con la natura che aveva fin da piccolo, si imbatte in un edificio kitsch, il Golden Mountain, che dovrebbe essere un ristorante. Ma il fatto che sia in un posto isolato e che non abbia alcun tipo di indicazioni lo incuriosisce. È entrando che incontra Ruben, il gestore del locale e sua moglie, una donna cinese bellissima e misteriosa, Jinran, che sarà la chiave di volta della narrazione: la donna ha la capacità di individuare, da qualsiasi posto in cui si trovi, il nord magnetico della terra, come la maggior parte degli uccelli. La storia volgerà anche su diversi altri fronti, tutti legati tra loro che danno un senso di completezza alla narrazione.

Testo curato, dialoghi impeccabili, ambientazioni realistiche – Milano, Ginevra e la montagna –, definizione dei personaggi precisa e credibile, la trama si dipana sempre chiara e senza intoppi: Altamura tiene la barra sempre a dritta conoscendo la rotta da tenere, in un succedersi di situazioni che tengono il lettore incollato alla pagina come mai mi era capitato di recente, senza mai spiegare ma sempre raccontando. Il ritmo non subisce mai uno stop, un romanzo che si legge tutto d’un fiato e che senza le limitazioni di tempo e di spazio imposte dal realismo puro riesce in una speculazione letteraria che ci porta in un mondo immaginifico che tanto assomiglia a quello in cui viviamo.