C’è stato un uomo, un giurista polacco nato insieme al Ventesimo secolo, che diede il nome a quel crimine di portata tale da eccedere ogni giurisprudenza. Si chiamava Raphael Lemkin e raccontare la sua vita significa ripercorrere il Novecento dei grandi crimini contro l’umanità. Il concetto che definiva gli atti criminali ai danni di un intero popolo finalizzati al suo sterminio prese corpo nelle formulazioni di Lemkin ben prima che la Shoah annichilisse gli ebrei d’Occidente. E tutta la sua esistenza è stata indissolubilmente intrecciata al “crimine dei crimini”, alla sua precisa definizione in quanto complesso e multiforme processo, che porterà, nel 1948, all’approvazione all’Onu della “Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio”. Relegato a semplice teorico del diritto, Lemkin è stato colpevolmente dimenticato, mentre il suo neologismo è diventata la parola, del secolo scorso e di questo. Il profeta inesistente è pubblicato da Neri Pozza.
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Antonella Marrone
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