Livio Galla / L’industria e i suoi innovatori: la storia della Lanerossi di Schio

Livio Galla, Il canto dei telai, Mondadori, pp. 252, euro 19,00 stampa, euro 10,99 epub

Con la modalità tutta italiana di disprezzarsi e ritenersi sempre peggio degli altri, quasi compiacendosi dei propri limiti e difetti, l’Italia ci è sempre apparsa, nel racconto che ci arriva dai romanzi oltre che dal mondo circostante, come il paese dell’industrializzazione mancata. O di un’industrializzazione tardiva e monca e guidata dall’esterno, da altri paesi e altri capitali. Che da un certo punto di vista è anche vero, per carità. Ma che sembra dimenticare il valore, il contributo e anche l’originalità per cui si sono distinte tante industrie medio-piccole, di cui molte sono ancora oggi esistenti. Alcune hanno anche conservato il nome del fondatore, come la Lanerossi, di cui Livio Galla racconta la storia nel bel romanzo Il canto dei telai. Un racconto che rientra nella recente fioritura di romanzi storici che, partendo dalla famiglia dei fondatori, ricostruiscono un progetto, un’idea di sviluppo, un’azienda e il mondo che le ruota attorno. Si tratta in genere di imprese familiari, in cui si tramanda non solo la proprietà ma anche uno stile di business e di management, si direbbe oggi. L’insieme di questi romanzi riesce, quasi involontariamente, a dare conto finalmente di un’industrializzazione originale, peculiare, forse ancora da studiare dal punto di vista economico.

Il canto dei telai è la storia del lanificio Lanerossi di Schio. Ed è anche la storia del figlio del fondatore, Alessandro Rossi, vera anima dell’azienda, imprenditore lungimirante, innovatore nella tecnica ma soprattutto nel rapporto con gli operai e con la comunità di Schio, il paese vicino a Vicenza dove tuttora si trova l’azienda. Il lascito di Lanerossi, oltre ai prodotti di grande cura e qualità, è duraturo, attento e curato, e non assomiglia per niente al lascito dei giganti come l’Italsider, durata lo spazio di un mattino ma il cui inquinamento resterà per sempre.

Il canto dei telai è ambientato nella metà dell’Ottocento, il Lombardo Veneto è ancora sotto gli Asburgo e sopporta sempre meno la dominazione austriaca, e uno dei protagonisti, Lorenzo Sella, è in tribunale, accusato di omicidio. È un giovane operaio della Lanerossi, bravo ma impulsivo, paladino della giustizia e della libertà, e il gesto che ha compiuto era senza dubbio involontario. Ma la condanna alla forca non lo risparmierebbe, se non intervenisse Alessandro Rossi, il figlio del padrone della fabbrica, che tra lo scandalo generale del paese e degli imprenditori locali, prende le difese di Lorenzo, sottolineando la durezza della condizione operaia e la necessità di cambiarla. Da qui si diparte il percorso del giovane Rossi, mandato in punizione dal padre in una sorta di “gran tour” alla rovescia, cioè a visitare clienti e concorrenti nelle fabbriche tessili del nord Europa, da cui mutuerà non solo innovazioni tecniche ma anche rapporti diversi, più adulti e complessi, tra padroni e operai.

Nel frattempo, in Italia i moti indipendentisti si fanno sempre più forti e decisi, e anche Rossi farà la sua parte, barcamenandosi tra la tutela dell’azienda e dei posti di lavoro e la lealtà ai combattenti per l’unità d’Italia. Intorno all’azienda e ad Alessandro Rossi, un mondo di contadini diventati operai, di giovani donne in cerca di indipendenza, di intellettuali che dibattono e si battono per un’Italia finalmente unita e libera. Le innovazioni proposte da Alessandro Rossi non riguardano solo le macchine e la fabbrica, ma anche il benessere degli operai, la loro alfabetizzazione, il renderli partecipi delle scelte produttive. È una visione molto interessante, di cui a Schio restano molte tracce: il giardino intitolato all’inventore dei telai meccanici, Joseph-Marie Jacquard; il grande edificio ora abbandonato, chiamato “fabbrica alta”, la prima fabbrica in Italia ad essere costruita in altezza, per sfruttare il fatto che il vapore sale verso l’alto e può essere usato per il riscaldamento, dotata di grandi finestre e bagni per tutti gli operai; il teatro, sempre intitolato a Jacquard; il quartiere di casette colorate, ognuna con il suo orto perché i contadini diventati operai potessero continuare a vivere a contatto con la terra.

Il romanzo è stato presentato a Schio, e prima della presentazione noi blogger e giornalisti abbiamo potuto ammirare i giardini, guardare da fuori la bellezza architettonica della fabbrica alta, e poi sentire dalla viva voce di Livio Galla, che è di Schio, come è nata l’idea di raccontare questa storia, e come Lanerossi sia tutt’oggi parte integrante del paese e della sua comunità. E se è bellissimo costruire con la propria immaginazione il mondo che emerge dalle pagine di un libro, è altrettanto bellissimo vedere di persona la ricchezza della storia industriale del nostro paese.