Michel Houellebecq. L’infelicità degli uomini

Fin dai suoi esordi su Houellebecq si è scritto tanto e in maniera spesso controversa. Considerato un genio da alcuni e un cialtrone da altri, è un autore che non ama le mezze misure e – banalmente – lo si odia o lo si ama. La banalità però non fa parte delle sue caratteristiche: fascista e misogino, razzista e manipolatore, ipocrita e maschilista, pedofilo e turista sessuale, pornografo e nichilista sono solo alcuni epiteti che si possono trovare su articoli che parlano di lui e delle sue opere. Alcune recensioni già uscite su Serotonina trasudano di preconcetti che sembrano, più che basarsi sul testo, giudicare le dichiarazioni e le prese di posizione mai popolari dell’autore. “Anarchico di destra”, come si è dichiarato lui stesso, è forse la definizione che più gli calza a pennello.

In molti, quando fu dato alle stampe Sottomissione, che parlava di una Francia politicamente votata all’Islam – non proprio per convinzioni religiose –, lo avevano definito un veggente, dato che il romanzo era arrivato in libreria in concomitanza dell’attentato di Charlie Hebdo. Altri hanno rafforzato questa convinzione intravedendo nella rivolta dei produttori di latte in Normandia, di cui parla in Serotonina, un’anticipazione della protesta dei gilet gialli, ma i fatti che descrive l’autore francese sono accaduti nel 2015.

Florent–Claude Labrouste ha quarantasei anni e non ama il suo nome, che gli suona effeminato: i suoi genitori che l’hanno scelto decideranno di suicidarsi insieme quando al padre verrà diagnosticata una malattia terminale. Lavora per il ministero dell’Agricoltura, ha una vita più che agiata, ma vive nella disperazione. L’assunzione di un nuovo antidepressivo, Captorix, sembra rendere sopportabili i suoi giorni, ma uno degli effetti collaterali della piccola compressa bianca, ovale, divisibile, l’assoluta mancanza di libido e una totale impotenza, lo spinge a riconsiderare la sua vita passando per le donne più importanti e l’unico amico uomo che l’hanno popolata. Si ritira sempre di più verso la solitudine, passando da Parigi alle campagne della Normandia, per sparire, improvvisamente, recludendosi in una stanza di un albergo senza pretese. Non mancano scene di sesso spinto, né la demistificazione dell’amore, come se fosse il primo a gratificare di più le persone e come se l’amore non garantisse la felicità né la redenzione umana. O almeno quelle del protagonista.

Perché Florent l’amore e la felicità le aveva trovate con Camille, donna bellissima con cui condivideva ogni momento e che aveva cambiato le prospettive della sua esistenza, ma che aveva perso a causa di una relazione con una donna che di interessante aveva solo un bel culo. È l’autodistruzione a cui l’uomo aspira, un nichilismo che parte dall’individuo per poi allargarsi all’intera società. Ma non saranno i cambiamenti climatici o il terrorismo ad annientarci, né una sollevazione popolare o il capitalismo: sarà l’infelicità a farci soccombere, l’unica cosa a cui con certezza il genere umano anela.

Le prese di posizione estreme, provocatorie del protagonista non mancano: sferzate sulla psicologia che viene definita comica quando parla di rimettersi in gioco, la convinzione che la parola divide e quindi per chi si ama sarebbe meglio non capirsi, l’esaltazione maniacale delle forme femminili, l’estenuante pensiero verso il sesso – placato solo dall’assunzione del Captorix.

Michel Houellebecq, come suo solito, non fa sconti neanche a se stesso. Indaga, seziona, scopre impietosamente le meschinità umane, le ipocrisie più abiette di una società che pensa al tornaconto personale senza eccezioni e limiti etici. Non è una lezione morale che lo scrittore vuole darci, non è nel suo stile come non dovrebbe essere lo scopo della letteratura in generale, ma ci offre una lettura del presente che solo una minuziosa conoscenza dell’animo umano e della società può dare, al di là di ogni convinzione ideologica ed etica.

Personalmente non ho mai amato troppo l’Houellebecq scrittore e non condivido molte delle sue prese di posizione pubbliche, ma ciò non mi impedisce di considerarlo uno dei più importanti narratori contemporanei.