Ursula K. Le Guin / Una maestosa versione definitiva

Ursula K. Le Guin, Sempre la valle, tr. di Riccardo Valla e Annalisa Di Liddo, Mondadori, pp. 696, euro 24,00 stampa

Pandora è un’antropologa il cui lavoro ha come focus il popolo dei Kesh, una civiltà sviluppatasi nella Napa Valley, in California, in un futuro distante dal nostro. L’opera di Pandora è una raccolta sterminata che raccoglie un corpus significativo di narrazioni di ogni genere prodotte dai Kesh: dalla poesia alle storie di vita vissuta fino ai frammenti di un romanzo. Una parte consistente del volume è occupata dalle parole di Pietra Che Narra, un’abitante della valle considerata una persona incompleta, suo padre è un ufficiale di un esercito che viene da fuori e non è dunque legato alla Valle dalle complesse usanze e dai molti rituali che accomunano i Kesh. Pandora fa un lavoro ampio e profondo documentando una civiltà le cui forme di espressione sono coerenti con una filosofia solida e articolata che parte da una visione del tempo, del cosmo e della vita ben precisa costruita su un forte legame con la natura in un mondo in cui la tecnologia non ha mai smesso di esistere ma, anzi, si è evoluta per conto proprio.

Maestoso, questo è l’aggettivo più adatto per definire Sempre la valle, l’opera di Ursula K. Le Guin che da troppo tempo non veniva ristampata in Italia, la prima edizione Mondadori è del 1986 e fu distribuita in un cofanetto con un’audiocassetta che permetteva al lettore di ascoltare la musica dei Kesh realizzata dall’autrice in collaborazione con l’amico musicista Todd Barton. Questa nuova edizione è composta da solo libro (il CD con le musiche di Barton è recuperabile on line), ma tanto basta a trasmettere tutta la potenza di una grande opera di theory fiction che colpisce per l’ampiezza del suo respiro e per l’ambizione sconfinata della sua costruzione. In questo tomo, seppur ponderoso, è raccolta una mole d’informazioni strabordante, maestosa non solo in senso quantitativo ma anche in senso qualitativo in quanto le numerose narrazioni che interagiscono fra loro danno vita a un libro-mondo che racconta una cultura non come astrazione accademica da armchair anthropologist ma come il risultato di una ricerca sul campo che va a lavorare nel pratico sul tessuto immateriale di una civilizzazione fatto di storie di vita, forme di espressione, rituali e linguaggio. E proprio questo è uno degli interessi maggiori di Le Guin, la lingua che è la carne viva della cultura perché forma attivamente il pensiero che sottende all’azione, che influenza le vite delle persone nel quotidiano, nei rapporti umani e nelle scelte che li costituiscono.

La minuzia con cui vengono rappresentati nei dettagli i Kesh non è solo estetica ma è la conseguenza ben ponderata di un discorso filosofico che non resta lettera morta ma si va a concretizzare nelle rappresentazioni, nei modi di dire e nelle dinamiche di una società, tutto ha una ragione e tutto ha un senso, tutto produce cultura ma ne è al tempo stesso il prodotto in una catena di continuità che parte dalla terra e alla terra ritorna. Sì, perché la vita dei Kesh non può prescindere dalla Valle, è legata alle sue piante, alla sua fauna e alla sua conformazione geologica che sono i referenti primari di un linguaggio che va a costruire un tessuto ricco di narrazioni, aforismi e poesie. Sempre la valle è sì labirintico ma tutto si tiene perché il metodo di Le Guin è scientifico, meticoloso e ispirato alla realtà, lo studio scientifico è sì opera di fiction ma lavora su un immaginario solido e profondo, su un mondo che a livello immateriale esiste e non è solo abbozzato. La capacità di Le Guin come scrittrice raggiunge livelli stellari, e chi scrive non teme di esagerare affermando che l’autrice di alcune opere che possiamo considerare come classici è stata un’occasione mancata per l’Accademia di Svezia che non le ha dato il premio Nobel, per Sempre la valle ma anche per altre opere come I reietti dell’altro pianeta e La mano sinistra delle tenebre, che sia per profondità che per esecuzione avevano tutti i numeri per ambire a conseguirlo. Certo, i numerosi Hugo e Nebula che ha vinto significano molto, ma un’autrice di questo calibro avrebbe meritato di più. La sua opera è complessa, ricca e obbliga i lettori ad alzare l’asticella ma la contropartita è semplicemente fuori misura.