Non dev’esser stato facile per un’esordiente, poco più che quarantenne, scrivere di argomenti come quelli che troviamo in questo particolare romanzo che, secondo me, sono ancora tabù. La storia si snoda a Roma, tra l’estrema periferia e i quartieri borghesi dove, con le rispettive famiglie, vivono due ragazze molto diverse tra loro. Per trovare una sorta di riscatto da una vita segnata in partenza da miseria e ignoranza, complice l’esplosione di sensualità in Ginevra – ragazza che vive in un fatiscente palazzone che odora di morte – la madre decide di iscriverla in un liceo del centro dove, in un ambiente frequentato da gente benestante, potrà avere qualche opportunità per dare una svolta alla sua vita. Già dalle prime righe l’autrice ci svela un’umanità davvero tragica. Ci troviamo di fronte a un amore materno che viene espresso consigliando alla figlia di accorciare la gonna e di calcare il trucco, dipingendosi le palpebre di rosa e passando la matita intorno agli occhi per allungarli, disegnando una piccola coda verso le tempie, per avere un’aria più seducente.
Incontriamo anche un’altra madre che, però, vive unicamente in funzione del marito sviluppando addirittura la convinzione che la figlia sia un ostacolo alla sua felicità coniugale, arrivando a interpretare il rifiuto del marito di far l’amore con lei durante la gravidanza, per timore di far male alla nascitura o ostacolare il naturale crescere della creatura che inevitabilmente le deforma il ventre, come un fatto intenzionale per renderla meno attraente agli occhi del coniuge. E ci vengono mostrati uomini mediocri ma ricchi, che quando accompagnano le figlie al liceo subiscono l’ossessiva fascinazione dei corpi delle ragazzine che s’affrettano verso la scuola, al punto che già dal mattino si sentono così agitati da puntare la sveglia in anticipo per avere il tempo di costringersi a fare una doccia tiepida, con la speranza che questa aiuti a calmarli – benché, a volte, la situazione peggiora con più eccitazione di prima; uomini con la sensazione d’essere posseduti da una bestia, a tratti demoniaca e restia a essere addomesticata. E poi bambine intrappolate in un corpo che fatica a trovare la dimensione adulta, ma che dell’età adulta inizia a sentire le pulsioni, bambine trattate con distacco dalle madri, e che sviluppano un rapporto morboso con il padre – amori che iniziano velocemente a corrompersi verso qualcosa che preferiamo non sapere.
L’incontro/scontro di queste varie e problematiche personalità, continuamente strattonate tra quello che sono e quello che invece gli altri vorrebbero che diventassero, la miscela esplosiva di questi corpi in continuo cambiamento che sfuggono al controllo, la mancanza di un dialogo sincero che dipani la complessità dei rapporti che si nutrono di non detto, sfocerà, per chi proverà a salvarsi, nel tentativo di muoversi verso un mondo che da qualche parte esiste, ma per chi invece è incapace di prendere in mano le redini della propria vita, il futuro diventerà sempre più indefinito e infelice. Il posto in cui la casualità della vita ci ha fatto nascere, quanto incide sul nostro destino? E la famiglia, quanto può condizionare le nostre scelte? Quanto siamo padroni dei nostri corpi? Come dobbiamo fare per sentirci liberi? Sono questi alcuni aspetti della nostra esistenza su cui Sirabella ci sfida a indagare andando ben oltre la semplice riflessione.