Due romanzi (da salvare) dal blob di Matilde Serao

Rileggendo La mano tagliata e Il delitto di via Chiatamone 

Matilde Serao (1856-1927) è un autentico blob: 40 romanzi e più, e un numero imprecisato di articoli di giornale. Una produzione disordinata e troppe volte scadente come da sempre ribadisce ogni studio e rilettura della scrittrice (anche da parte femminile). Perché se aveva l’ardire di dichiarare di non saper scrivere bene e di esserne orgogliosa, nello stesso tempo confessava di «ammirare in ginocchio chi scrive bene»; il risultato è una scrittura sovrabbondante, «letteraria» e che in definitiva manca di coraggio.

Fa quasi tenerezza leggere le critiche e le biografie dedicate a questa donna per tanti versi straordinaria, con una capacità di riscatto e di lavoro titaniche; basti pensare che fu la prima donna italiana a fondare e dirigere un quotidiano (Il mattino di Napoli).

Una scrittrice moralista, innamorata della Regina, attratta da Mussolini, che si dichiara antifemminista, sposata con il giornalista Scarfoglio, quest’ultimo dichiaratamente a favore della guerra e delle imprese coloniali italiane. Eppure la Serao nei suoi testi si contraddice spesso, non è mai guerrafondaia, parla con attenzione e precisione dello sfruttamento e del lavoro delle donne e nonostante sia contro il divorzio e per la famiglia più tradizionale, lei stessa lascia il marito e ha la forza di fondare, come detto, un nuovo giornale mentre le sue protagoniste hanno comportamenti molto più liberi di quanto ci si possa aspettare.

La Serao più leggibile e francamente godibile è quella dei romanzi d’appendice in cui dimentica di mettere la sua scrittura al servizio della «letteratura» e di una tesi da dimostrare, lasciandosi andare a trame davvero improbabili ma avvincenti, in cui mescola gli stereotipi nel modo più sfacciato e noncurante. Di fatto, quel che viene sempre rimproverato alla Serao, e cioè di scrivere per cliché e luoghi comuni, nei romanzi di appendice funziona perché sono proprio i luoghi comuni che li costituiscono e che il lettore vuole ritrovare.

La mano tagliata. Un romanzo d’amore (1912) e Il delitto di via Chiatamone (1907) conosciuto anche come Temi Il leone sono romanzi molto interessanti, che assieme ad elementi gotici contengono anche chiarissimi aspetti polizieschi con un intreccio che tiene piuttosto bene fino alla fine.

La mano tagliata

Nonostante questo romanzo sia davvero divertente (ne potrebbe uscire una buona serie tv…), non bisogna certo pensare alla caustica Patricia Highsmith che in Piccoli racconti di misoginia scrive la storia di un uomo che chiede la mano di una ragazza, ricevendo come risposta dal padre di lei una scatola contenente la mano! Dove la Highsmith se la cava in 3 pagine, la Serao ce ne mette 500 – e molte sono francamente strampalate.

Roberto Alimena era indipendente, disoccupato e male avvezzo, perché era ricco, molto ricco, immensamente ricco e nobile: era freddo di cuore, perché aveva perduto sua madre e suo padre fra i dieci e i quindici anni, perché a trent’anni, da nove amministrava tutto col denaro, col nome, col fascino personale. Perché avrebbe dovuto amare qualche cosa e qualcuno?

Va da sé che ci voleva qualcosa di veramente speciale per smuoverlo; così Alimena si innamora istantaneamente di una mano tagliata contenuta in una scatola di pelle di chagrin, come la Serao precisa più volte (omaggio al feticismo de La pelle di zigrino di Balzac?).

Sopra un morbido letto di velluto nero, posava una mano femminile ingemmata. Non solo la mano, precisamente: ma anche un pezzo di braccio, troncato quattro dita sotto il gomito.

La mano è stranamente «viva», ha un colore roseo, non puzza e non marcisce e Roberto Alimena la conserva gelosamente, la toglie ripetutamente dalla scatola per baciarla e confessa che «pochi volti muliebri lo avevano interessato come quella mano!»

A partire da questo feticcio il nostro immagina e si innamora della ipotetica proprietaria di cui va subito alla ricerca e che – attraverso il sapere indiziario di un professore di anatomia – viene descritta come: «una donna di temperamento sanguigno, nervoso, di carnagione chiara e vivida, di capelli castani che piegano al nero, di statura media, molto bene fatta». Deduzioni degne di Sherlock Holmes! È interessante notare che la casa editrice Salani di Firenze, che pubblica il romanzo della Serao nel 1912, aveva anche pubblicato qualche anno prima – nel 1908 – il romanzo di A. Conan Doyle, Il segno dei quattro, e successivamente pubblicherà altri romanzi delle origini del poliziesco, come il ciclo di Fantomas. Mentre le donne come la Serao e Carolina Invernizio erano pubblicate dalla stessa casa editrice in altre collane «sentimentali» rivolte specificatamente alle lettrici (povere o ricche che fossero), La mano tagliata è interessante anche perché non è incasellabile in un genere preciso.

Le vicende della ricerca della proprietaria della mano tagliata, attraverso l’Italia e l’Europa, si intrecciano con quelle dell’amico Ranieri Lambertini «di una grande famiglia romana» che è a sua volta innamorato di Rachele Cabib in cui «brillava tutta l’alta beltà muliebre giudaica» ma che «odiava il Ghetto e la sporcizia ebrea». Insomma i pregiudizi antisemiti ci sono tutti!

Trait d’union fra le due vicende è la figura dell’ebreo Marcus Henner (che nel romanzo compare e scompare sotto diversi nomi), dotato di «gobba completa davanti e dietro» occhi «verdi, verdi, verdi come l’acqua verde, gelidi, fulminei e talvolta semplicemente vitrei» e capelli rossi arruffati. Questo tipo cattivissimo pretende di essere amato dalla donna alla quale ha tagliato la mano per ripicca e non riuscendo a piegarla ai suoi desideri – perché non si accontenta di violarla quando la ipnotizza, vuole proprio esserne amato – per proprietà transitiva prova a farsi amare dalla figlia, che si scoprirà non essere altro che la giovane Rachele amata dall’amico. Naturalmente non gli va bene per niente, le due donne lo odiano, si convertono tutte e due al cattolicesimo e sono devotissime, anzi la figlia per un classico fraintendimento è convinta che l’innamorato l’abbia tradita e quindi va in convento per diventare suora di clausura fra le sepolte vive.

È interessante notare come la donna senza mano abbia una concezione della castità un po’ traballante. Infatti sposata con un uomo anziano e non molto attraente si innamora di un bellissimo ungherese di cui diviene l’amante, poi diventa religiosissima e casta all’arrivo del cattivo ebreo salvo finire la sua vita suicida non dopo aver passato un mese di passione sfrenata con il nostro Alimena – «il gentiluomo, lo sportsman (!), l’uomo ricco e felice»; che da parte sua rimarrà con la mano e un treccione nero che non manca di recidere dal capo della bella amata morta consolandosi col definirle «cose modernissime, vingtième siècle

Sembrando forse alla Serao che far l’amore con una mutilata fosse un po’ troppo perverso, la bella israelita (peraltro sempre definita per «quasi vecchia», avendo infatti 38 anni…) a seconda delle situazioni ha o non ha il braccio. La cosa è un po’ nebulosa.

Quando nell’ultima parte del romanzo tutti i fili giungono a spiegazione attraverso tre lettere, il lettore ne legge solo due, mentre del contenuto della terza non è dato sapere e il romanzo finisce bruscamente con la giovane Rachele che improvvisamente ha una riconversione ed esce dal convento per ricongiungersi con il suo amato che per tre quarti del libro – per puntiglio irragionevole – non aveva più voluto rivedere.

La lettera tagliata!

Il delitto di via Chiatamone o Temi il leone

Il delitto di via Chiatamone, come si deduce dal titolo, è un giallo in piena regola scritto nel 1907 e quindi davvero agli inizi del genere, quando le caratteristiche proprie erano ancora in via di definizione e c’erano pochissimi modelli a cui ispirarsi. Ci sono anche due abbozzi di investigatori, un funzionario di polizia e un avvocato, il primo che pensa di sfruttare la risoluzione del caso per fare carriera, il secondo una specie di prototipo dell’investigatore intelligente, riflessivo e disilluso, che si passano la mano durante lo svolgimento della trama. Un giallo in forma di feuilletton dove è chiaro che ciò che muove il mondo sono i soldi e l’amore.

Altra cosa interessante di questo libro sono le due figure femminili, incasellate secondo lo sguardo maschile nelle due grandi categorie dell’angelo e della prostituta, ma che hanno comportamenti non coerenti con il ruolo assegnatogli, seppur – come sempre nella Serao – pagheranno care queste trasgressioni.

In questa sciarada tutti i protagonisti – con i nomi più assurdi  – amano senza essere riamati essendo i loro oggetti d’amore del tutto difformi per non dire improbabili per differenza di classe e di status sociale.

Così la bionda ed eterea Teresa Gargiulo, l’«assassinata», ama disperatamente e fino alla fine il nobile Giorgio San Luciano, che ama Anthonia d’Alembert, splendida mora, appena arrivata da Parigi, dai «grandi occhi fosforescenti» che però ama (anche lei disperatamente) tale Gennarino Esposito (!), un povero marinaio il quale a sua volta ama perdutamente Teresa Gargiulo.

Non se ne viene fuori! Infatti alla fine del romanzo nessuna coppia si ricompone, il lieto fine manca e non solo viene punito il colpevole ma anche le donne che hanno – in nome della passione – deragliato dai binari con comportamenti in parte paradossali. La «santa» in realtà non ci mette un attimo a concedersi al suo amore e anche ad essere piuttosto egoista nei confronti di tutti gli altri (la Serao chiosa più volte scrivendo che «l’amore è egoista»), mentre la «prostituta» è in realtà una donna piena di abnegazione e alla ricerca della redenzione che Gennarino Esposito non vede essendo preda di una drittura morale che sconfina nell’ottusità, come lo rimprovera lo stesso nonno.

In realtà, nessuna delle due sa gestire la sola ricchezza concessa alla donna – come acutamente scrive Umberto Eco in un libretto collettivo dedicato alle scrittrici di romanzi d’appendice più famose (Serao, Invernizio, Liala, Il Castoro, 1979) – vale a dire l’imene intatto, una ricchezza da manovrare e investire con astuzia. Le donne della Serao non vogliono e non possono rinunciare alla passione e per questo la pagano cara.

Al «pezzo di legno» Gennarino fa da contraltare il duca San Luciano, che ha un ben radicato senso dell’onore: non può assolutamente mostrarsi in pubblico con la donna che ama perché lei non ha una fama impeccabile, può sedurre per interesse la povera Gargiulo e commettere altri atti criminali senza scomporsi, e sulle donne ha le idee molto chiare. Ecco uno dei colloqui che ha con la povera Teresa Gargiulo sedotta e incinta:

“Te lo dico io, e basta. D’altronde, bisogna che tu ti persuada di una cosa…”
“Quale cosa?”
“Che tutte le donne sono tradite dagli uomini.”
“Come?”
“Come ti dico io. La fedeltà maschile non esiste. Poi, in certe condizioni, come la mia, essa è addirittura impossibile.”
“Oh, Dio!”
“Sii ragionevole. Io ti voglio bene, ma non posso chiudere la mia vita con te. Cento tentazioni, cento circostanze mi trascineranno, mi trascinano alla infedeltà. E, confessalo, tu non sei in condizioni da combattere con una donna,” egli concluse con il più freddo cinismo.
“Che orrore, che orrore!”

“Se ragioni un poco ti persuadi subito.”
“Mai, mai!”
“Più tardi lo vedrai. Bisogna assuefarsi, mia cara. Tutte le amanti e le mogli nostre sono molto tradite.”
“Ma non parlavi così quando mi amavi veramente, quando io mi detti a te. Tu mi mentivi, allora, mi mentivi!”
“Si sa, che mentivo! – disse lui, sempre nel più glaciale cinismo.”
“Se lo avessi saputo, se lo avessi saputo! – ella mormorò dolorosamente.”
“Che avresti fatto, se è lecito? – E tirò una boccata di fumo dalla sua sigaretta.”
“Non ti avrei ascoltato.”
“Bah! Mi avresti ascoltato egualmente.”
“Con questa glacialità di disprezzo? No, Giorgio, no; per il mio decoro non ti avrei ascoltato.”
“Va’ là, va’ là, smetti i paroloni! Mi avresti amato e ti saresti data a me lo stesso.”
“Perché – diss’ella, rossa di vergogna.”
“Perché io ti piacevo molto – egli disse con una fatuità perfetta.”
(…)
“E dovrò sopportare in pace il tradimento?”
“Eh, sì!”
“Ma sarà impossibile.”
“Lo ignorerai, o fingerai di ignorarlo. Le scenate, vedi, fanno finire i più grandi amori.”
“E saresti capace di abbandonarmi?”
“Certamente, se non ti decidi ad essere tranquilla.”
(…)
“Così, mi lasceresti, con un figlio?”
“Se mi annoi, sì.”

La mano tagliata si trova in ebook gratuito su Amazon, invece Il delitto di via Chiatamone si trova solo nelle biblioteche, in un’edizione di Salani del 1979.

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