Smontare la razionalità occidentale pezzo per pezzo, costruendo un culto visivo dove religione, desiderio e delirio si fondono senza pudore: con una coppia come Jodorowsky e Moebius non ci si può aspettare nulla di meno e la riedizione di La pazza del Sacro Cuore segna un’esplosione della nona arte che sfida ogni ortodossia, narrativa e morale. Edizioni BD raccoglie in un volume unico i tre capitoli che compongono questa avventura onirica e fuor di sesto, senza dubbio una delle opere più sorprendenti del sodalizio tra i due artisti, già consacrato con la celebrata collaborazione su L’Incal, Gli occhi del gatto e Artigli d’angelo.
Inizialmente pubblicato in Francia tra il 1992 e il 1998, questo fumetto segna un allontanamento dai generi per cui erano già celebri – in primis la fantascienza – per avventurarsi in una commedia grottesca e surreale ambientata nella contemporaneità. La vicenda ha per protagonista Alain Mangel, eminente professore di filosofia razionalista alla Sorbona, che alla soglia dei sessant’anni vede la sua vita andare in pezzi e si imbatte nell’estasi mistica della giovane Elisabeth. Combattuto fra desiderio fisico e repressione dei propri istinti, Alain si trova in perenne squilibrio tra un convinto razionalismo occidentale e il forte richiamo del proprio inconscio, che trova antropomorfizzazione nel suo doppelgänger più giovane, visibile solo al confuso professore. Da qui Elisabeth trascina Mangel in un’avventura picaresca verso la venuta di un Messia e la fondazione di una nuova Chiesa, mentre il protagonista (alter ego di Jodorowsky) compie una ricerca della propria identità confrontandosi costantemente con un profondo nichilismo.
A metà strada fra road-movie spirituale e commedia degli equivoci, puntellato di situazioni sempre più strampalate e folli, la trilogia segna un nuovo incontro creativo fra il regista e drammaturgo cileno e il fumettista francese, per una collaborazione in cui l’equilibrio tra queste due forti personalità segna prepotentemente l’opera. Da una parte Jodorowsky attinge alla sua autobiografia per scrivere una sceneggiatura dai tratti originalissimi, dall’altra Moebius sposta l’asse del proprio stile spaziando fra riferimenti orientali e occidentali. Nei primi capitoli, ambientati a Parigi, predominano i toni da commedia realistica, mentre un tratto chiaro e pulito ammorbidisce la rappresentazione di scene piccanti e situazioni assurde. Man mano che la narrazione procede e gli eventi si fanno più deliranti, il disegno di Giraud si fa più rapido e istintivo, trasferendo su carta l’esplosione di caos e irrazionalità che coinvolge i personaggi.
Cuore pulsante dell’opera è però la dissacrante riflessione sul fanatismo religioso e sul bisogno umano di “credere”. La Pazza del Sacro Cuore mescola senza paura elementi del simbolismo biblico con un’ironia profana e pungente, ma anche con un linguaggio che viaggia fra il forbito e il volgare. La vicenda richiama esplicitamente l’iconografia cristiana (Giovanni Battista, la Vergine, il Messia), stravolgendola in chiave grottesca e sollevando interrogativi sulla tensione fra istituzione e rivelazione. Il desiderio viene declinato sia come pulsione sessuale sia come ricerca di completezza interiore e la componente erotica, spinta fino al limite del pornografico e del grottesco, diventa diretta contrapposizione all’ossessione della ragione che affligge il protagonista.
La Pazza del Sacro Cuore è una riflessione sull’ipocrisia del mondo intellettuale, sulla decadenza di certa cultura “alta” e sulla necessità di trovare una dimensione di equilibrio. Una cavalcata folle fra streghe mistiche e viaggi psichedelici, foreste vergini e grigie metropoli, trafficanti colombiani e politici francesi, il tutto per poi capire che la vita deve essere una lunga festa, possibilmente in famiglia.