Ambrose Bierce e la paura della paura

Ambrose Bierce, Spettri di Frontiera, tr. Matteo Zapparelli Olivetti, Adiaphora, pp. 280, euro 16 stampa

Ambrose Gwinnett Bierce (1842-1914?) è uno scrittore la cui lettura si rivela imprescindibile per una innumerevole serie di motivi: la principale è che, dopo Edgar Allan Poe, sia stato l’indiscusso maestro della short story. Da lui hanno avuto origine suggestioni e tendenze, spesso apparentemente antitetiche, che segneranno profondamente tutta la letteratura successiva, americana e internazionale. Le sue raccolte principali, quella del 1892, Tales of Soldiers and Civilians (nota anche con il titolo dell’edizione britannica: In the Midst of Life), e quella del 1893, Can Such Things Be?, alternano e intrecciano con efficacia ineguagliata il realismo delirante della guerra e il fascino dell’inesplicabile e del sovrannaturale: su un lato Guy de Maupassant a monte e Stephen Crane fino ad Ernest Hemingway a valle; sull’altro Poe  e la tradizione gotica come ispirazione e, come derivazione, gli autori dell’horror cosmico, da Robert W. Chambers a H.P. Lovecraft, e di quello quotidiano, che da Richard Matheson arriva a Stephen King. Le due tematiche – quella realistica e quella fantastica, apparentemente antitetiche, come si è detto, ma in realtà entrambe visionarie – sono tenute insieme da una sola pulsione: la paura (e, come sarà più tardi per Ernest Hemingway, la paura di avere paura). In questo Bierce è davvero uno scrittore di frontiera, e non s’intende qui solo (ma anche…) uno scrittore western o, più spesso, weird western.

Oltre ai racconti c’è poi tutta la sua produzione aforistica e satirica: le perle corrosive del Devil’s Dictionary, uno dei suoi libri più famosi, rivolto – scriverà l’autore – “a quelle anime illuminate che preferiscono i vini secchi a quelli dolci, il senso al sentimento e la satira (wit) all’umorismo (humor)”. E proprio questa distinzione fra wit e humor sarà oggetto di un suo saggio (“Wit and Humor”) e di una lunga schermaglia con il collega e amico/nemico Mark Twain: satira maligna contro bonario umorismo: “l’humor è tollerante, tenero, fatto di ridicole carezze; la satira invece pugnala, chiede scusa e rigira il pugnale nella ferita”. Una concezione che ha più a che fare con il futuro humour noir surrealista che con Twain e l’umorismo anglosassone: in realtà, come, gli rinfaccia quest’ultimo, le definizioni de Il Dizionario del Diavolo non sono “buffe” ma mortalmente serie, la risata che inducono è più un ghigno, specchio di un cuore (di pietra) in pezzi.

Qualche esempio:
Nascita: il primo e il peggiore di tutti i disastri.
Adolescenza: periodo della vita umana intermedio fra l’idiozia dell’infanzia e la stupidità della gioventù.
Amore: follia temporanea curabile con il matrimonio.
Matrimonio: stato o condizione di una comunità di due persone composta da un padrone, una padrona e due schiavi.
Sfortuna: il genere di fortuna che non manca mai.
Giorno: periodo di ventiquattro ore, in gran parte sprecate.
Novembre: l’undicesima delle dodici parti di una stanchezza.
Anno: periodo di 365 delusioni.
Una volta: abbastanza.
Due volte: una volta di troppo.
Solo: in cattiva compagnia.

In più c’è il personaggio: eroico combattente unionista durante la Guerra Civile; ispettore dei fortini militari del Mountain District in Utah, Montana e Wyoming, fra indiani sioux, irregolari confederati passati al crimine comune, bounty killers dalla pistola troppo facile e mormoni perseguitati; giornalista spregiudicato e anticonformista a San Francisco e in seguito a Washington, la penna migliore di William Randolph Hearst, il magnate della stampa ispiratore del film Citizen Kane (Quarto potere, 1941) di Orson Welles; e, soprattutto, il Don Chisciotte che alla fine del 1913, a 71 anni suonati e minato dall’asma, si lancia nel gorgo della Rivoluzione messicana, la lotta che opponeva le forze federali del presidente Victoriano Huerta a quelle ribelli dei comandanti Venustiano Carranza, Emiliano Zapata e Francisco “Pancho” Villa. Proprio per unirsi a Villa, Bierce varca il confine tra Stati Uniti e Messico: da quel momento si perde di lui qualunque traccia. Solo ipotesi e congetture sulla sua fine: qualcuno lo vuole caduto nella carica di Ojinaga, altri fucilato a Chihuahua, altri ancora fatto assassinare a tradimento da Villa dopo un litigio a Guadalajara, altri, come Charles Fort, addirittura “rapito da un collezionista di Ambrogi”. Così Bierce diventa, lui stesso, personaggio di innumerevoli film, racconti, romanzi (uno per tutti, Gringo viejo di Carlos Fuentes del 1985).

È dunque sempre una buona notizia l’uscita di una nuova traduzione di qualche sua opera. Il volume pubblicato da Adiaphora raccoglie, con il testo originale a fronte, una serie non ovvia di racconti (lascia fuori, per esempio, i testi più noti, come “Chickamauga”, “An Occurrence at Owl Creek Bridge”, “The Death of Halpin Frayser”, “Moxon’s Master” o “The Damned Thing”), ripresi dalle prime versioni pubblicate su riviste d’epoca come The San Francisco Examiner, Cosmopolitan e altre, piuttosto che dalle edizioni in volume, e prediligendo soprattutto il macabro e la ghost-story, con classici che vanno da “The Moonlit Road”, “The Spook House”, “Present at a Hanging”, fino a “An Inhabitant of Carcosa”, prima fantomatica fonte per il Lovecraft dei miti di Cthulhu e per il Chambers de Il Re in Giallo, della misteriosa e ineffabile Carcosa, luogo geometrico del terrore, che ritroveremo perfino nella prima stagione della serie TV True Detective.

Il libro è ben costruito e si avvale di un buon apparato di note, immagini di corredo e di una prefazione piuttosto accurata firmata dal curatore e traduttore Matteo Zapparelli Olivetti: unico appunto da rivolgere all’autore a questo proposito è non aver minimamente menzionato le fonti, fra le quali figura di certo un mio vecchio articolo pubblicato su Carmillaonline nel 2013, “Ambrose Bierce, l’uomo più cattivo di San Francisco, da cui Olivetti parafrasa periodi e frasi intere, quasi parola per parola.

I racconti di Ambrose Bierce sono usciti in diverse edizioni italiane, spesso ripetuti. Tra le molte edizioni:
Storie di soldati, Einaudi 1976
Racconti Neri, Il Pesanervi Bompiani, 1967
Una cosa infernale e 12 racconti macabri, Il Sigillo nero terrore, Del Bosco edizioni, 1972
Racconti neri e dell’irreale, Il Sigillo nero terrore, Del Bosco Edizioni, 1973
Possono accadere queste cose?, Lucarini, 1989
Nel mezzo della vita. Storie di civili e di soldati, Studio Tesi, 1991 (poi Editori Associati, 2000)
Favole a orologeria, Guanda, 1988 (poi TEA, 1993)
Tutti i racconti dell’orrore, Newton&Compton, 1994
I racconti, Theoria, 1994
Il monaco e la figlia del boia, Polistampa 1999
Tutti i racconti 1 e 2, Fanucci, 2006
Olio di cane, Coniglio Editore, 2010
Il dizionario del diavolo, BUR Rizzoli, 2014
Il colpo di grazia, Mattioli 1885, 2017
L’uomo che usciva dal naso e altri racconti, ETS, 2017
Il club dei parenticidi, Mattioli 1885, 2018
Racconti dell’orrore, Theoria, 2018
Racconti fantastici di guerra, Theoria, 2018
Una nave di gatti e altri racconti animali, Elliot, 2018
Cinque racconti, Testo inglese a fronte, Gedi (Gruppo Editoriale),  2019
Il guardiano della morte, Mattioli 1885, 2020