Nella prima metà di quest’anno, soprattutto dopo la proclamazione della “cinquina” al premio Strega, si è sviluppato sui media e in rete un piccolo dibattito sulla liceità di una narrativa “appiattita” sull’autobiografismo. Esiste in una parte del pubblico la radicata convinzione che una base di “reale” in una storia di fiction contribuisca a renderla più vera, più autentica, e in definitiva più valida. Si veda, in proposito, quella sorta di etichetta, “Basato su una storia vera”, spesso presente nei titoli di testa di un film. Quanto la sceneggiatura sia poi aderente alla vicenda e quanto invece soltanto ispirata, difficilmente è dato sapere.
Forse molti lettori condividono l’adagio per cui “la verità è più incredibile dell’invenzione”. Eppure i romanzi più apprezzati, dai classici ai moderni, sono in genere di completa invenzione, fatta salva naturalmente la predisposizione di autori e autrici, a costruire personaggi e situazioni, a saccheggiare persone conosciute ed eventi accaduti, ma in un contesto costruito ad hoc.
Ciò premesso, alla fattispecie dei romanzi a ispirazione autobiografica appartiene questo Lungomare nostalgia del torinese Andrea Malabaila, autore di romanzi dai titoli suggestivi: La parte sbagliata del paradiso (Fernandel, 2014), La vita sessuale delle sirene (Clown Bianco, 2018), L’amore ci farà a pezzi (Clown Bianco, 2021), nonché fondatore e direttore editoriale di Las Vegas edizioni.
Lungomare nostalgia racconta il rapporto affettivo dell’autore con il nonno materno Natale Pennello, che da giovane fu combattente/non combattente della RSI, nel dopoguerra tipografo specializzato dopo l’avvento della linotype, quindi vincitore di un alto premio alla Lotteria Italia. Una storia come tante, e proprio per questo esemplare di come si viveva negli anni del boom economico, in particolare in quella porzione di classe sociale in rapida ascesa rappresentata dai lavoratori ad alta specializzazione. A capitoli alternati, il romanzo racconta i momenti salienti della vita di Natale, e il ricordo che di lui coltiva il nipote, figlio unico di una madre figlia unica, dunque destinatario privilegiato di quell’affetto intergenerazionale che è un’autentica scuola di sentimenti positivi.
Malabaila inizia la narrazione dal fatto compiuto, la scomparsa del nonno, e sul cordoglio costruisce la sua storia in modo che da individuale, privata, intima, diventi collettiva. Le sue armi sono l’universalità del sentimento e il vissuto comune di una generazione di italiani, la Generazione X appunto, nati tra la metà degli anni ’60 e la fine del decennio successivo: la prima a essere catapultata già adulta nell’era del personal computer, di internet e della telefonia cellulare. Quelle che avrebbero fatto seguito sarebbe già state generazioni “native” nel digitale, con una conoscenza quindi indiretta del mondo analogico.
Un nipote scrittore si ripromette per lungo tempo di scrivere la storia del nonno, così come ascoltata dalla sua viva voce nel corso degli anni, ma rimanda di volta in volta mentre l’avo è in vita, come se questo fatto di fissare il racconto sulla carta potesse mettere il segno finale alla sua esistenza. Dopo la scomparsa però sente la mancanza non solo della persona, ma anche del libro che avrebbe diffuso la sua storia, e poco per volta trova la forza di impegnarsi, mettendo insieme il mattone dei ricordi personali, dei racconti di genitori e parenti, oltre a qualche documento: un’operazione di recupero della memoria che serve a ricostruire le radici della propria esistenza, a giustificarla.
Lungomare nostalgia è tuttavia anche una storia che racconta la trasformazione della società italiana negli anni della maturità di nonno Natale, e dell’infanzia di Andrea, e il modo in cui si sia saldato tra i due quel rapporto che è il presupposto per una vita affettiva soddisfacente, e al tempo stesso metafora di un’Italia unita da un trait d’union che salta la generazione intermedia, i baby boomers, quelli della contestazione, dei diritti civili, della rivoluzione sessuale, della rivoluzione tout court, e del femminismo: generazione che, al contrario, condusse la propria gioventù nel tentativo di cambiare il mondo, di “uccidere i padri”, di vivere nel politico più che nel personale.