Vincitore del Walter Scott Prize for Historical Fiction e finalista al Booker Prize di quest’anno, La terra d’inverno di Andrew Miller, pluripremiato scrittore inglese, è arrivato in Italia a fine ottobre per NN Edizioni con una traduzione di Ada Arduini. La scrittura di Miller, che sembra cadere lieve come neve sulla pagina, racconta dell’inverno inglese del 1963, conosciuto anche come The Big Freeze of 1963 – letteralmente “la grande gelata del 1963”, uno degli inverni più freddi mai avuti in Inghilterra, in un momento storico dove gli orrori della Seconda Guerra Mondiale sono ancora una presenza vivida nella memoria collettiva. Intenso ed evocativo, La terra d’inverno traccia le vite coniugali di due giovani coppie tra la fine del 1962 e l’inizio del 1963, in un piccolo villaggio vicino a Bristol, ai due lati paralleli di un grande campo pieno di neve e ghiaccio e posizioni sociali differenti.
Rita e Bill vivono in una fattoria e conducono una vita semplice. Bill si sveglia prima dell’alba, si occupa degli animali e dei campi che ha acquistato, volgendo le spalle ad una famiglia abbiente ma con cui non vuole più condividere una quotidianità in cui non si riconosce. Dal centro di Londra, circondato da ogni sicurezza, Bill ora si trova in una casa dai muri sottili e dalle stanze gelide, dove il freddo vento dell’inverno sembra non dare tregua ad una coppia in dolce attesa. Mentre Bill si occupa delle incombenze della fattoria, Rita siede vicino alla cucina economica e legge un libro di fantascienza: non si sente la moglie simbolo della vita coniugale degli anni Sessanta, che con premura si occupa del marito. Rita sembra sentirsi solo sé stessa: figlia di un padre in manicomio a causa della guerra e donna nel pieno della gravidanza che, di tanto in tanto, sente delle voci.
Dalla finestra del suo bagno Rita osserva ogni mattina la casa che si staglia oltre il campo, proprio di fronte alla sua. Conosce così Irene, la moglie del giovane dottor Parry, anche lei in attesa di allargare la famiglia. Tra Rita ed Irene nasce subito una forte intesa femminile, che trascende le questioni di classe a cui sembrano, invece, dar peso i mariti. Eric Parry ha origini umili e la sua posizione lavorativa come medico di famiglia lo soddisfa molto, facendogli passare molto tempo fuori casa tra una visita e l’altra – e forse non solo ai pazienti. Irene, al contrario di Rita, si sente una moglie devota e premurosa e, seppur sofferente della lontananza dai genitori e dalla sorella, si sforza di trovare delle attività domestiche che la tengano impegnata durante la giornata.
Rita e Irene vivono quell’inattesa amicizia nel migliore dei modi: vanno al cinema, organizzano la festa di Capodanno, parlano della gravidanza, del miracolo che i loro corpi stanno compiendo e, stanche di stare chiuse in case durante la grande gelata, a inizio anno decidono anche di uscire per costruire un pupazzo di neve in quel grande campo che unisce le loro strade. Bill ed Eric, invece, sentono il fardello della posizione che l’altro ricopre nella società: Eric è un medico di famiglia, conosciuto in tutto il villaggio; Bill è un agricoltore. I due uomini hanno in comune, però, qualche importante dettaglio che sembrano trascurare: vivono nella stessa zona, hanno una moglie che sta affrontando una gravidanza durante un freddo inverno e nutrono una forte insicurezza sul loro matrimonio.
La terra d’inverno è un romanzo fortemente evocativo. Miller riesce a descrivere il freddo, la neve, l’aria tagliente e il suolo ghiacciato così intensamente ed egregiamente che, leggendo, sembra di sentire l’inverno attorno e dentro di noi. Solo percependo il freddo del paesaggio idilliaco di Miller ci accorgiamo dell’assenza del calore, di una luce che riscalda e che schermerebbe, forse, le crepe nelle vite dei quattro giovani coniugi. Nel candore del freddo e della neve tutto si rivela per com’è: così il bianco del paesaggio finisce per riflettere la vita interiore e le silenziose battaglie quotidiane delle due case. Con una scrittura decisa, che evidenza e risalta i piccoli dettagli, Miller concepisce una storia ordinaria di silenzi, fiocchi di neve e paesaggi in mutamento.


