Antonella Ossorio / Colpevole o innocente?

Antonella Ossorio, La fame del suo cuore, Neri Pozza, pp. 288, euro 19,00 stampa, euro 9.99 epub

Nel parlamento italiano è stato da poco approvato il disegno di legge che introduce il delitto di femminicidio con conseguente pena dell’ergastolo, e quasi in contemporanea Neri Pozza pubblica il nuovo romanzo di Antonella Ossorio in cui ci racconta le vicende – romanzate per colmare gli inevitabili buchi storici e narrativi – di Madame Popova. L’autrice spiega di essersi imbattuta per caso –mentre cercava del materiale online per un nuovo romanzo – nella misteriosa figura di Alexe Popova che nella Russia zarista ha ucciso oltre trecento uomini dal 1878 al 1909, anno in cui viene arrestata e giustiziata.

Ovviamente la scarsa documentazione ha concesso ampio margine di scrittura all’autrice che, per sua stessa ammissione, ha dichiarato di essere rimasta rapita dallo sguardo severo della donna vestita di nero ritratta in una rarissima immagine ancora reperibile online. Pur utilizzando le sue radici napoletane per narrare storie dal valore universale e un’ambientazione nel passato come chiave di lettura del presente, Ossorio si è concessa un’uscita forzata dalla sua comfort zone per sbarcare nella Russia di fine Ottocento.

Le tematiche principali su cui basa le radici questo romanzo sono tante e fondamentali. L’indipendenza economica delle donne del popolo, in primis, che era quasi impossibile ottenere e che si lega strettamente a un altro tema, quello dell’analfabetismo. Gli uomini al momento del matrimonio sceglievano se aggiungere al proprio documento d’identità i dati della consorte così da comprovarne l’esistenza in maniera ufficiale, documenti che venivano spesso richiesti per accedere a svariati uffici pubblici o, come capita alla coprotagonista del romanzo in questione, per prendere in prestito un libro in biblioteca. Nei comandi di polizia le donne non venivano nemmeno considerate e siccome si dava per scontata l’ignoranza dell’interlocutrice, una firma diversa da una “x” era vista quasi come una colpa. Tornando all’indipendenza economica, le donne sposate non potevano lavorare, c’era una guerra in corso e gli uomini erano spesso al fronte per cui le donne dovevano restare a casa e badare ai figli e, anche se non sempre questa era la regola, le donne che lavoravano erano considerate l’eccezione.

Nadja si trova in una situazione intermedia: come a tante sue coetanee è capitato invece di essere analfabeta, con una figlia a carico e con un marito vittima del gioco d’azzardo e amante della bottiglia che per sfogare i suoi umori la picchia e la violenta. Quando viene ammessa alla congrega di Madame Popova capisce di non essere sola, che altre donne hanno vissuto la sua stessa condizione ma ne sono uscite. Potremmo considerare Madame Popova una femminista ante litteram che sosteneva l’alfabetizzazione delle altre donne, le aiutava a commercializzare i lapti, una tipica calzatura dell’Europa nord-orientale realizzata principalmente con la rafia, per ricavare un guadagno dignitoso ma soprattutto contribuiva alla prematura dipartita del problema marito attraverso l’utilizzo dell’arsenico, un veleno perfetto perché incolore e inodore.

Ed eccolo il tema principale del romanzo, la violenza sulle donne. Per la cultura dell’epoca era pratica comune che un uomo si sfogasse sulla propria moglie che veniva considerata a tutti gli effetti un oggetto di proprietà, i poliziotti erano tutti uomini e una donna che scappava dal marito non aveva vita facile, quindi si preferiva tacere e continuare a subire violenza fino all’inevitabile epilogo.

Il personaggio che l’autrice ha creato per fare da contraltare alla Popova – della quale non si sa nulla di preciso, né data e luogo di nascita né il vero nome – è un perfetto bilanciamento che mette in difficoltà il giudizio del lettore, istintivamente portato a stare dalla parte di Alexe. Nadja fa riflettere sulla moralità del gesto, del mettere in circolo altro male, oltre a quello compiuto con i delitti, che non è quella la via da percorrere. D’altro canto, Alexe fino all’ultimo si è dichiarata innocente per non aver mai ucciso bambini, donne né uomini giusti, ha compiuto giustizia condannando la sopraffazione del maschio e salvando la parte debole e senza diritto di replica della società del tempo. I documenti graziati dal passare dei secoli ci raccontano che Popova viene arrestata sulla base della denuncia di una donna, senza nome né altri dettagli, pentita all’ultimo istante dopo averle chiesto aiuto. Nell’infinita guerra tra bene e male dunque ai posteri l’ardua sentenza: colpevole o innocente?