Barbara Kingsolver / Lacune

Barbara Kingsolver, Un mondo altrove, tr. di Micol Toffanin, Neri Pozza, pp. 560, euro 23,00 stampa, euro 9,99 epub

Come lettrice, potrei dire che Barbara Kingsolver è una vecchia amica. L’ho scoperta in America, ai tempi in cui si andava in libreria a comprarsi i libri per il viaggio. In una piccola libreria di Los Angeles ho comprato Pigs in Heaven (Il canyon dei sogni) e sono partita per la Baja California: era il libro perfetto per quei paesaggi e avevo scoperto un’autrice che avrei seguito per tutta la vita. Ho letto Demon Copperhead (e recensito qui su “Pulp Magazine”) e poco fa Un mondo altrove. Libro che in realtà avevo già letto, perché aveva fatto una breve comparsa per Mondadori all’inizio degli anni 2000. Era passato inosservato, leggendo capirete anche perché, e ora è stato ripubblicato da Neri Pozza.

È voluminoso e complesso, con un inizio spiazzante, Un mondo altrove. Io l’ho trovato anche bellissimo. Il titolo originale è The Lacuna, che è il luogo dove il romanzo comincia ma è anche una parola, in inglese come in italiano, che evoca la mancanza, l’assenza. Non la indica con precisione, ma la suggerisce. Sono lacune le misteriose insenature, che i messicani chiamano cenotes, grotte effimere che si formano a seconda dell’umore delle acque e nascondono meraviglie. Sono lacune i temi portanti del romanzo: i taccuini scomparsi e in parte ritrovati del protagonista, i suoi buchi nella memoria, la madre assente, la vita nascosta e quasi segreta, le morti e gli assassini, la storia con le sue dimenticanze volute e non.

Harrison William Sheperd, o HWS come verrà chiamato nel corso del racconto, è un bambino nato in America da padre americano e madre messicana. È ancora molto piccolo quando la madre segue un ricco petroliere sulla Isla Pixol, nel Golfo del Messico, e si ritrova di fatto a crescere da solo in compagnia dell’oceano. Quello che impara durante questa infanzia particolare, ovvero a cogliere la marea e l’onda giusta per oltrepassare la lacuna e trovarsi nel “mondo altrove”, a cucinare e in particolare impastare con arte e precisione, saranno poi le cose che lo salveranno nella sua lunga e avventurosa vita.

Scappati dall’Isla Pixol quando gli affari del petroliere entrano in crisi, madre e figlio si trasferiscono a Città del Messico e lì HWS, in una giornata qualsiasi, al mercato locale, incontra Frida Kahlo e poi Diego Rivera. Rivera sta dipingendo un gigantesco murales e ha bisogno di impastatori di intonaco: WHS, usando la tecnica che ha imparato dal cuoco Leandro, prepara un intonaco liscio e perfetto come nessun altro degli assistenti di Rivera. Ma nella vita di Rivera e Kahlo sta per entrare la rivoluzione: Lev Trockij  è in arrivo, esule in America con la moglie. HWS oltre che da cuoco gli farà da segretario e interprete, scriverà tutto quello che il grande rivoluzionario russo dice e racconta, su altri taccuini che si andranno ad accumulare sopra quelli in cui conserva la sua vita. Il soggiorno di Trockij in Messico sarà breve, tuttavia, perché nonostante le crescenti precauzioni che Kahlo, Rivera e i loro amici mettono in atto, il rivoluzionario russo sarà ucciso alla sua scrivania.

HWS torna nell’America in cui è nato, dal padre rimasto a Washington D.C., e grazie alla cittadinanza che ha sempre conservato si stabilisce in North Carolina. Scrive due romanzi storici ambientati in Messico, che hanno un grandissimo successo, sfugge alla guerra ma non sfugge all’ondata di “purghe” del maccartismo, la grande caccia alle streghe che prende di mira tutti i comunisti, i simpatizzanti dei comunisti e tutti quelli che non sono precisamente allineati con l’amministrazione Hoover.

Passa mezzo secolo, in questo racconto, metà di quel “secolo breve” che è stato sanguinario e terribile, pieno di orrori e innovazioni, di rivoluzioni e dittature, di ideologie e idiozie. Mentre il Messico è rappresentato come un mondo colorato e vivo, povero materialmente ma ricchissimo spiritualmente e artisticamente, l’America di questo romanzo è sorprendentemente simile a quella di oggi, preda di paure irrazionali e infondate, di un’ignoranza storica e di contesto, in cui i confini del potere sono labili e semoventi, in cui la fuga è alla fine l’unica via di uscita.

A differenza di Demon Copperhead, in cui la denuncia sociale stava nel cuore del racconto e in ogni pagina e in ogni passaggio della trama, in Un mondo altrove protagonista è una singola vita e il suo rapporto con la grande Storia, è la quotidianità dei grandi personaggi e l’incontro tra destini eccezionali e destini normali. È anche la fortuna e la capacità di sfruttare le occasioni e rocambolare da un’esperienza all’altra, da un paese all’altro.

HWS, come ci viene raccontato dalla sua assistente Violet Brown, è un uomo schivo e segreto, integro e buono. La scrittura è il suo modo di stare al mondo, i suoi taccuini sono la sua cosa più preziosa, i suoi rapporti con le persone sono formali e minimali, la sua omosessualità è vissuta con grandissima discrezione. Siamo affascinati da HWS ma non ne diventiamo amici neppure noi lettori, manteniamo quella distanza che sembra essergli necessaria. La manteniamo con rispetto, e ci accontentiamo che la nostra curiosità venga soddisfatta dalle parole di Violet Brown. Non sappiamo neppure esattamente che fine fa, HWS, se si salva come si è sempre salvato. Lo speriamo per lui e anche per noi, perché è grazie alla sua memoria e alla sua capacità di raccontare che questo romanzo, in cui entrare non è facilissimo ma vale assolutamente la pena, ci regala ore bellissime e affascinanti.