Brian Catling / New weird nello specchio del surrealismo

Brian Catling, I Divisi (Vorrh, Vol. 3), tr. di Massimo Gardella, ill. di Gianluigi Toccafondo, Safarà, pp. 432, euro 28,00 stampa

I divisi (2018, The Clover), terzo e ultimo capitolo della saga di Brian Catling,  presentata da Pulp Magazine alcuni anni fa, completa la trilogia del Vorrh, la foresta africana che nessun geografo è mai riuscito a mappare, tanto antica da nascondere tra i suoi gangli vegetali anche i resti del Giardino dell’Eden di Adamo ed Eva. Un esperimento, quello umano, andato storto da subito, e che ora si avvita nella sentina coloniale del secolo scorso, con i coloni bianchi che dopo aver fatto man bassa di legname, sfruttando la manodopera di nativi zombi, si apprestano a importare anche la funesta Guerra Europea. La morale, come il lettore apprende insieme a un attonito Hector, forse il più inconsapevole tra i molteplici protagonisti di questa storia, è che “La foresta copre le cicatrici e le idee che non sarebbero mai dovute esistere. I pollici opponibili vi sono stati concessi per curare le piante, non per erigere città, macchine, infinite idee su come funzionano le cose”. Gli angeli stessi, esiliati dal Paradiso Terrestre nel ventre della foresta vivente per sottrarsi alla vergogna del loro fallimento, figurano adesso, fuori da qualsiasi iconografia evangelica, come bizzarre e ibride deità al servizio dell’agency vegetale.

Il tempo storico ora volge al termine ma non quello del Vorrh, destinato a sommergere e sovrastare uno ad uno i simboli e il territori occupati dalla civiltà umana.  Se il primo libro ci ha introdotti nell’oscuro mondo del Vorrh, e tra l’arcana borghesia di Eisenwald, la città germanica ricostruita tal quale nel cuore dell’Africa nera, il secondo capitolo ha in parte già svelato la trama delle figure intermediali, delle entità ancestrali e dei cherubini caduti che – alla pari di ciclopi, robot di bachelite, nani antropofagi, cadaveri senzienti, corpi disumanizzati o tradotti in archi e feticci sciamanici – contornano la stupefacente saga di Catling. I Divisi punta ora decisamente verso l’Apocalisse e la resa dei conti finale per la nostra specie. E lo fa, come sempre, mobilitando un coacervo di sottotrame, animate da una molteplicità di personaggi, cui raramente concede il beneficio della psicologia, più spesso quello della meccanica: il loro arco, dopotutto, deve soltanto procedere fino alla fine assegnata mentre lo spettro della fabula si restringe per convergere nel suo epilogo, risucchiando il lettore, un capitolo dopo l’altro, in un imbuto narrativo dentro a cui potrà perdersi ma da cui non potrà sfuggire.

Come nei libri precedenti, la strategia romanzesca di Catling prevede che alcune figure storiche si confondano con i personaggi di fantasia. Dopo il simbolista francese Raymond Roussel (a cui si deve peraltro l’invenzione letteraria del Vorrh), il medico della regina Sir William Gull (uno dei sospetti Jack The Ripper), il pioniere della fotografia  Eadweard Muybridge, la grave sig.ra Winchester, comparsi nel primo volume, e lo spirito guida di William Blake che accompagna gli eventi di The Erstwhile, questa volta è la figura del naturalista e poeta afrikaans Eugène Nielen Marais a testimoniare con la sua vita  l’inconciliabilità di cultura e natura nella modernità,  suppurando  la frattura ontologica con l’irriducibilmente Altro della foresta senziente e dei suoi mostri (che l’albero della conoscenza, si suggerisce non troppo tra le righe,  recava già tra i suoi frutti avvelenati all’alba dei tempi..).

Come ha osservato Luca Giudici su Quaderni d’Altri Tempi: “il Vorrh rappresenta una visione ciclica del tempo che si oppone alla concezione lineare e progressiva della modernità occidentale”. Il cruento suicidio di Marais apre in pratica I Divisi, ma è solo l’inizio della fine e di un romanzo non meno surreale, perturbante e “violento” dei due precedenti. Salutato al suo apparire da Michael Moorcock, Terry Gilliam, Jeff VanderMeer e da Alan Moore (che ha scritto la prefazione al primo volume) come una pietra miliare della letteratura fantastica, il Vorrh rifugge dai tropi normalizzati del fantasy, un genere che l’autore, scomparso nel 2022, notoriamente non ha mai amato, rivendicando per contro l’influenza e il magistero dei “classici” Poe, Borges, Calvino.

Come e più di China Mieville, Catling offre una versione del new weird costantemente triangolata dal retrovisore del Novecento e delle sue avanguardie, in particolare del surrealismo. È da questa prospettiva “inattuale” che nello scorcio di questo nuovo secolo ha potuto sparigliare le aspettative del pubblico, trasfigurando dietro ai suoi cadaveri eccellenti una riflessione sull’Occidente che va oltre la vicenda storica del colonialismo.  Scultore, artista della performance e professore di Belle Arti che ha scoperto la scrittura soltanto in età avanzata, Catling evade del resto anche le convenzioni linguistiche del romanzo, spingendole al limite di una  alterna sperimentazione poetica. Il risultato è una saga unica nel suo genere e, soprattutto, al di là di qualsiasi genere.