La storia è semplice e chiara. La storia è vera e, nel suo essere raccontata, richiama alla memoria e alla nostra attenzione situazioni analoghe che durarono molto più a lungo degli anni in cui accadde questa vicenda e in cui è ambientato il romanzo. La storia ce la racconta Brunella Schisa, napoletana trapiantata a Roma, scrittrice, giornalista e traduttrice, nel suo ultimo libro Il velo strappato. Vi si narra di Enrichetta Caracciolo di Forino giovane ragazza di diciannove anni appartenente a una famiglia nobile decaduta per via di ristrettezze economiche. Enrichetta vorrebbe sposarsi. Ha pure trovato un fidanzato che sembra amarla sinceramente. Ma il padre di lui si oppone alle nozze proprio per la condizione economica della famiglia. La situazione è irrisolvibile. Le sorelle più grandi sono tutte maritate e vivono nella condizione di una certa agiatezza. Per i fratelli più piccoli il discorso è del tutto prematuro.
Enrichetta si trova a metà strada, tutto quello che le succede non è per colpa sua ma è causato dall’ambiente e dal contesto. E il contesto è una madre che la obbliga a ritirarsi in convento, in parte ingannandola con la promessa di una permanenza di soli due mesi che, invece, più tardi, si rivelerà definitiva. In questo, la madre ottusa e autoritaria non solo cerca di “sistemare” definitivamente la figlia, ma anche vuole costringerla in una condizione che spenga i suoi istinti ribelli. È il 1840, in Europa e soprattutto in Italia i moti risorgimentali danno nuova vita alle speranze di chi si vuole liberare dal giogo di sovrani autoritari e di chiese oscurantiste. In quell’anno, a Napoli, una carrozza porta Enrichetta alle soglie del convento di San Gregorio Armeno.
Inizia così una storia che molti anni fa potemmo leggere in un libro scritto nell’Ottocento proprio da Enrichetta Caracciolo di Forino e pubblicato da Giunti, nella collana Astrea con il titolo Misteri del chiostro napoletano. Con una scrittura piana, che deve molto alla professione giornalistica, Schisa ci mette nelle condizioni di accompagnare questa giovane donna, forte nel carattere ma meno forte nel fisico. Enrichetta è sottoposta a umiliazioni come la spoliazione degli abiti, il taglio dei capelli, e a un tenore di vita castigato. Nonostante la trappola che la costringe a prendere voti, Enrichetta non si stancherà mai di lottare per ottenere la libertà. Si rivolge a papa Pio IX, e si ammalerà. Da donna intelligente, capisce che il suo destino personale è fortemente legato al buon esito della rivoluzione risorgimentale. E le vicende dell’epoca le daranno ragione perché con l’avvento dell’Unità d’Italia, molti conventi vennero riformati e chi voleva uscire avrebbe potuto farlo. Schisa ha un talento e una passione per il romanzo storico. In questo caso si capisce molto bene che c’è dell’altro. Sulla solida base di documentazioni, studi e citazioni, la scrittrice disvela un’eroina. Enrichetta non potrà far valere per molti anni il suo talento. Si sposerà, ricoprirà cariche importanti, diventando un personaggio pubblico, ma non potrà godersi fino in fondo gli onori delle sue battaglie. Non è esagerato definire Enrichetta una femminista ante litteram: eroina romantica che il tempo ha tentato di occultare alla memoria dei posteri, senza riuscirci. Se questo processo di occultamento non è riuscito è anche merito di questo libro.