Il ritorno di HAL 9000?

Giuseppe Genna, History, Mondadori, pp. 528, euro 24,00 stampa, euro 9,99 ebook

Giuseppe Genna, oggi in Italia, è la macchina del linguaggio poetico. Dal Discorso fatto agli uomini dalla specie impermanente dei cammelli polari (64 minuscole pagine del 2010) a History, l’invasione perfetta nel romanzo così come si definisce un racconto narrativo di discreta mole, è avvenuta per sempre. Per venirne intossicati basterebbe il primo capitolo, denominato Antefatto, e che compete all’intera opera quanto La vita nova compete alla Commedia (partiamo naturalmente da queste due storie, che viaggiano da una bella quantità di secoli fino al nostro).

Le vecchie glorie hanno qualcosa di invariabile dentro le nostre lustre rovine, e di un tollerabile affetto verso chi diventa testimone al pari di Genna dell’irritazione epocale in cui siamo immersi. Un poema dai versi lunghissimi, privo dei solitamente generosi a capo, che spesso danno troppo aiuto al lettore, e che impediscono di tirare il fiato? Ecco una costante che, senza preavviso, invade i primi momenti della lettura. E che fa pensare, appunto, a una macchina umana piena di strumenti acciuffati là dove la grande poesia del Novecento ha mitigato l’aperta ostilità del secolo. Sembra una partita invincibile verso l’oscurità giunta fin qui, e alcuni profili tenuti in scacco lo dimostrano.

Eppure, come alcuni scrivono, siamo all’alba di una nuova specie. E tutto History viaggia verso l’ultimo sprofondante capitolo, “Beyond Jupiter and the Infinite”, che oltrepassa non a caso il titolo e il senso del finale dato da Kubrick al suo 2001: Odissea nello spazio. E nel mezzo ci affidiamo alla storia, il cui ritmo-pensiero potrebbe far pensare che Ezra Pound avesse ragione. Che modernismo e piacere costituivano una continua e avventurosa messa in scena della vita, fra remote macerie e futuri possibili (anche temuti). E come si vede, tutto sta in questo cerchio, in queste visioni, che dall’atmosfera sprofondano giù verso gli inferi danteschi.

Genna fa corrispondere le connessioni cerebrali (di scrittore e poeta tout court), e i tormenti, a ciò che vediamo sedimentare negli anni, in epoca di chip indiani e totalitarismi yankee (del genere Silicon Valley e Trump Tower). La sua scrittura insegue e trasforma la storia secondo quel che le invenzioni tecnologiche e gli spauracchi terroristici hanno portato sulle nostre tavole. Quanto si conosceva negli ultimi decenni del Novecento non vale più, il sistema ha fiondato le profezie di Burroughs ribadendole con l’aumento esponenziale della nausea, corroborate dal puzzo di ozono sparso dalle foreste di server erette per l’intero pianeta. Così le ragazzine ibride inaugurano un nuovo status familiare, il cui credo ormai non è meno insensato delle macchine parlanti (ricordiamoci di HAL, vero precursore di quanto è avvenuto dopo). La mente molto umana di Genna attua una singolar tenzone con le “singolarità” che abbiamo creato in questo mondo, qui esplorate con rara efficacia, e che a ben vedere non hanno troppi nemici. Pensare a una mente, diciamo artificiale, che usi un linguaggio per niente comprensibile, forse è meno terrorizzante di una che si faccia ben comprendere.

Tuttavia non ci sono ancora esperienze del genere (o forse sì?), al di fuori di History. Non è un caso che tutta l’opera venga scritta e gestita come un lungo poema che crea la sua stessa mitografia. L’atto di forza produttivo dell’autore mostra come la disseminazione della potenza di calcolo ha raggiunto i fondi dei nostri palazzi, e che i Centri direzionali non sono altro che Cattedrali votate a un’attitudine gotica in salsa quantistica. Proprio la scrittura fortemente votata di Genna alla difficile (ma premurosa) affinità con la ritmica del senso, quindi alla poesia, porta a trasformare questo libro in una specie di asteroide per ventura avvicinatosi al sistema letterario italiano. Mentre tutti saranno irretiti da ciò che viene narrato, pochi (forse alcuni poeti, amici comuni e di vecchia data, se gli capiterà di appropriarsene) sapranno cogliere la vera natura dirompente messa in atto da Genna.

Il rimbombo sintetico viene dal secolo scorso, attraversa diritto e di traverso l’intero libro così come accadeva nei precedenti libri, ma in History l’aspetto odierno (anche il più temuto e oscuro) si estende a macchia d’olio grazie alla faglia aperta il giorno in cui l’autore ha visto convergere su di sé il cratere della contemporaneità. L’unico modo per smascherarne la reale fisionomia era quello di schiaffarlo contro uno specchio mediante un racconto, una storia, infine un poema, sontuosi e del tutto ineludibili.

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26 Settembre 2017

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