Laura Pezzino / Trovare un posto nel mondo, trovare sollievo al presente

Laura Pezzino, Lavorare e amare. Amare e lavorare. Tove Jansson, Electa, pp. 96, euro 12,00 stampa

Questa è la storia di una donna del Novecento che ha cercato fama nella bellezza e nell’opposizione agli orrori del mondo. Questa è una storia dal titolo pop e poetico, bello quanto questa magnifica collana “Oilà” di Electa di libricini 10×16: Lavorare e amare. Amare e lavorare, che racconta di una donna che possiamo definire per molti aspetti “queer”, Tove Jansson (1914-2001): pittrice, disegnatrice e scrittrice finlandese di lingua svedese. Per raccontare questa storia, Laura Pezzino – già redattrice di “Vanity Fair”, curatrice editoriale del Book Pride di Milano e autrice di A New York con Patti Smith (Giulio Perrone, 2022) – inizia citando Manodopera (Interdit aux chiens et aux Italiens, Francia, Italia, Svizzera, Portogallo, 2022), piccolo capolavoro dell’animazione contemporanea che narra le vicende di emigranti italiani in Francia. Ma quello che qui è interessante notare è che sia Manodopera e sia la vicenda umana e artistica di Jansson dimostrano come la Storia d’Europa sia una storia di movimenti, migrazioni, attraversamenti di frontiere, scambi e/o sovrapposizioni di lingue e culture lungo confini immaginari.

Vale forse la pena partire dalla Jansson pittrice, sulla quale Pezzino lungamente si concentra. La lettura stimola la ricerca e, a ben vedere, dai numerosi autoritratti di Jansson reperibili online ne emerge la figura di una donna severa, mai sorridente, in una posa rigida con lo sguardo penetrante che sembra letteralmente bucare l’immagine, per fuggire lontano. Distacco e una certa alterigia che, unite al suo vivere isolata per lunghi periodi dell’anno, non intaccarono il suo fervido impegno politico antinazista con centinaia di vignette pubblicate in “GARM” (periodico politico finlandese, pubblicato tra il 1923 e il ’53), proprio quando la Finlandia – nota Pezzino – era entrata in guerra a fianco della Germania nazista. Fatalmente, fu proprio “lo scoppio della Seconda guerra mondiale ad accendere la miccia dell’impresa” scrive Pezzino, “della creazione di un mondo da opporre alla distruzione e al disfacimento che vedeva attorno a sé”. Dunque, con questo afflato pacifista è nel 1946 che nascono i Mumin [https://iperborea.com/titoli/collana/mumin/], ovvero “bianchi troll col nasone, morbidi e grassocci, simili a ippopotami”.

La scrittura esatta e dal ritmo serrato di Pezzino si muove rapidamente tra l’opera e l’artista, la biografia individuale e il mondo, restituendoci non soltanto il ritratto di un’artista volitiva, creativa ed eclettica nonché donna indipendente, ma anche l’immagine di un’epoca da una latitudine – quella più orientale della penisola scandinava – per noi inusuale. E ci accompagna in luoghi dai nomi esotici ma concreti, costringendo lettori e lettrici a cambiare sia le lenti e sia la prospettiva dei propri sguardi. È davvero significativo e toccante il modo in cui viene raccontato poi il grande amore tra Tove e la compagna Tooti: la comune passione per le arti manipolative (la scultura per l’una e l’intaglio del legno per l’altra) e poi i due rispettivi studi attigui, uniti da un corridoio chiamato “sauna”. Tove ama e lavora ma il lavoro è la sua prima passione, con un chiaro rimando al ruolo ancora piuttosto pionieristico di donna autonoma ed emancipata che cerca e plasma il proprio posto nel mondo: arte, voce, visione. E tuttavia, alla gratificazione del successo planetario dei Mumin fa da contraltare l’oblio della sua arte pittorica, attraverso la quale Tove avrebbe invece voluto affermarsi. Affermarsi come donna artista, amare la libertà, amare il lavoro come fonte di ispirazione, amare l’amore. Difficile dire se sia solo frutto della selezione mai innocente che un archivio produce, ma le foto con i suoi Mumin sono proprio quelle nelle quali Tove Jansson sorride al mondo.