Naomi Alderman / Lei canta il corpo elettrico

Naomi Alderman, Ragazze elettriche, tr. Silvia Bre, Nottetempo, pp. 446 , euro 20 stampa, euro 10,49 ebook

È di pochi giorni fa la notizia che Ragazze elettriche dell’inglese Naomi Alderman (titolo originale The Power) è tra i migliori libri dell’anno per il New York Times. Alderman, che nel 2017 ha vinto il Baileys Women’s Prize for Fiction, non è nuova ai riconoscimenti letterari (tra l’altro, è stata inclusa nella prestigiosa lista della rivista Granta tra i migliori giovani scrittori britannici), né è sconosciuta all’editoria italiana: tutte le sue opere sono state tradotte da Nottetempo, compreso il bel Disobbedienza (una storia di amore omosessuale femminile all’interno della rigida comunità ebraica londinese).

Leggendo la quarta di copertina di Ragazze elettriche si scopre subito l’ipotesi alla base del romanzo: che cosa succederebbe se a un certo punto le donne sviluppassero la capacità di emanare scariche elettriche dalle mani? A qualcuno potrà sembrare un presupposto poco convincente: davvero nei rapporti di potere tra uomo e donna è tutta una questione di forza fisica? E poi, perché proprio l’energia elettrica? Di primo acchito sa di escamotage degno della fantascienza più cheap. Ben presto ci si accorge che non è così. Dopotutto i nostri pensieri sono guidati da impulsi elettrici, e spesso anche i nostri problemi fisici ne sono condizionati; con l’elettricità trasmessa nei punti giusti è possibile infliggere una tortura terribile (o presumibilmente ottenere effetti curativi) e persino controllare l’erezione maschile (il che rende teoricamente possibile per una donna violentare un uomo).

Pensiamo al “corpo elettrico” cantato da Walt Whitman – e anche che il suo Foglie d’erba veniva ostracizzato non tanto per i contenuti omosessuali, bensì per aver osato affermare che le donne avessero desideri sessuali al pari degli uomini (era già il 1855) – ma anche al fiorire di studi sull’elettricità, che a partire dall’800, ha affascinato personaggi come Benjamin Franklin, Nikola Tesla, o la stessa Mary Shelley con il suo Frankenstein. A quanto ne sappiamo, potrebbero essere state anche le scariche elettriche dei primi temporali a creare la vita dal brodo primordiale. Del resto, in natura, un organo capace di emettere impulsi elettrici (come quello che sviluppano le donne nel romanzo) non è una stranezza, come testimoniano alcune specie di anguille.

Eppure nel libro questa mutazione del genoma umano femminile reca conseguenze sconvolgenti per l’ordine mondiale, portando a una inversione totale dei rapporti di potere uomo-donna, destinati a rimanere tali per migliaia di anni. Da decenni i dibattiti sui diritti delle donne e il femminismo non erano così diffusamente sotto i riflettori come nel 2017: basti pensare allo scandalo delle molestie sessuali che ha valso alle donne che li hanno denunciati la nomina a Person of the year secondo la rivista Time, ma prima ancora alla fortunata serie tv tratta dal Racconto dell’ancella, distopia tutta al femminile di Margaret Atwood, che pure risale al lontano 1985. Non a caso, Ragazze elettriche gode del sostegno e della benedizione di Atwood, dalla dedica allo strillo in copertina, che nell’edizione Penguin recita, molto appropriatamente, “Electrifying!”. Certamente questo libro avrebbe fatto la gioia di una grande scrittrice femminista come Angela Carter.

Eppure, al di là degli inevitabili paragoni, questo non è un libro “femminista”, bensì un libro sul potere. Forse più che nel Racconto dell’ancella, anche Alderman in Ragazze elettriche (sottotitolato: “Un romanzo storico”) fa un uso affascinante della cornice, ponendo in apertura e a suggello del testo firmato Neil Adam Armon (chiaramente un anagramma incompleto di Naomi Alderman) uno scambio di mail tra lo storico autore del romanzo e (si intuisce) la famosa scrittrice Naomi Alderman, cui Armon si rivolge umilmente per un giudizio sul testo. Dal loro scambio di mail capiamo che il mondo in cui vivono è circa 5000 anni successivo al nostro, e che i rapporti di potere uomo-donna sono decisamente e solidamente invertiti – al punto che immaginare una società in cui siano gli uomini a fare i poliziotti appare poco credibile; la Naomi fittizia, che sotto il suo atteggiamento sottilmente paternalistico nei confronti di Neil cela un certo scetticismo, teme addirittura che il pubblico scambi la storia per pornografia di bassa lega.

In poche righe, vengono messi a nudo schemi e abitudini mentali del nostro tempo di cui forse non siamo completamente coscienti: basta l’accenno alla “letteratura maschile” per pensare al ghetto della “letteratura femminile”, fino alla parte finale, con la scrittrice che propone un incontro al collega per parlare del libro faccia a faccia (come non pensare a un possibile tentativo di seduzione – o magari molestia – in arrivo?) e gli suggerisce addirittura di pubblicarlo sotto uno pseudonimo femminile.

Ad ogni modo, è soprattutto la trama ad affascinare sempre più il lettore e a catturarlo, pagina dopo pagina, in un crescendo di suspense (specie nella seconda parte). Al cuore del romanzo c’è una metafora semplice ma cruciale come il titolo: in inglese l’energia elettrica e il potere sono designati dalla stessa parola, power (cosa che inevitabilmente si perde nella traduzione italiana, anche se ci si può arrivare facilmente). Potere ed energia elettrica si comportano allo stesso modo: partono da un centro e si ramificano rapidamente verso la periferia, e altrettanto rapidamente tornano al punto di partenza. Non a caso, il simbolo del nuovo movimento riprende l’antico simbolo religioso femminile della Mano di Fatima, comune a cristiani e musulmani: una mano aperta, metafora della ramificazione del potere e dell’energia elettrica, con un occhio che tutto vede al centro del palmo e le ramificazioni che simboleggiano più direttamente la scossa elettrica, nonché le ferite che il potere di “dare la scossa” infligge sugli arti delle vittime.

Proseguendo nella lettura e nella riflessione, questi motivi vanno arricchendosi di ulteriori significati: la mano-albero-scossa ricorda anche l’albero del bene e del male di Eva, la prima donna. Non è un caso che la nuova profetessa religiosa destinata a sconvolgere l’ordine mondiale scelga questo nome, guidata da una misteriosa, infallibile “voce”. Nel nuovo ordine, anche il primordiale gesto di Eva cambierà di segno, riproponendoci le eterne domande sulla differenza tra il bene e il male. Con una nuova consapevolezza: solo chi ha il potere può decidere chi è il peccatore – e anche se abbattere l’albero stesso del potere e della morale, dando il via a un nuovo Medioevo. Il libro racconta come questo nuovo potere delle donne pian piano sconvolga gli equilibri globali, portando a movimenti religiosi destinati a causare una sorta di rifondazione della Chiesa, e a nuove incarnazioni del potere politico. Politica e religione avranno le loro profetesse.

E il quarto potere, l’informazione? Uno dei personaggi più belli del libro è senz’altro il giornalista nigeriano Tunde (non a caso, un ragazzo delle periferie del mondo, capace di sfruttare la sua occasione in un momento di grandi cambiamenti), che avrà un ruolo importante nella fondazione del nuovo ordine – anche se non quello che si era aspettato. Come nasce e si consolida il potere – qualsiasi forma di potere, da quello religioso a quello politico? “‘Perché l’hanno fatto […]?’” Si chiedono a un certo punto due personaggi del libro. “‘Perché potevano’. Quella è la sola risposta che ci sia”. E ancora, come nasce una religione? Chi è e come nasce un leader destinato a cambiare il mondo? Si scoprirà che quasi sempre è qualcuno che ha molte cose da nascondere; così come i grandi imperi hanno le radici nel fango e segreti inconfessabili tra i rami. Qual è il posto per l’amore, in un mondo che cambia in questo modo?

Ma soprattutto: davvero un mondo dominato dalle donne sarebbe così diverso, o addirittura migliore (o peggiore) di quello dominato dagli uomini? Ragazze elettriche risponde a tutte queste domande con grande intelligenza, originalità e buona scrittura.

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