Lisa Perrin / Donne e veleni

Lisa Perrin, La lega delle avvelenatrici. Storie illustrate di donne pericolose, tr. di Alessia De Stefano, ill. di Lisa Perrin, ReBelle Edizioni, pp. 208, euro 24,00 stampa

In Italia stiamo forse sviluppando un’ossessione per il true crime? A ben guardare forse sì. In particolare, negli ultimi due anni in libreria sono arrivati moltissimi saggi e romanzi che prendono spunto da fatti di cronaca o podcast per creare un caso letterario. Rebelle edizioni cavalca quest’onda narrativa pubblicando La lega delle avvelenatrici che raccoglie molte biografie di donne famose per i loro metodi poco ortodossi nel liberarsi di qualcuno a loro sgradito. Lisa Perrin, autrice e illustratrice del volume, spiega nella doverosa introduzione di non volersi erigere a esperta del tema ma che anche lei appassionata di cronaca nera come tanti altri lettori è rimasta colpita e affascinata dal tema veleno, tanto da voler approfondire con studi e ricerche l’argomento e questo volume ne rappresenta il risultato.

Partiamo con qualche dato e altre piccole curiosità: secondo il rapporto del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti sulle tendenze di omicidi dal 1980 al 2008 il 39.5% degli assassini per veleno sono donne mentre il restante 60.5% sono uomini. Ma questo dato si riferisce a tempi a noi più prossimi. Se facciamo un passo indietro l’idea che le donne del XIX secolo considerate gli angeli del focolare, incarnazione di passività e obbedienza, potessero sconvolgere così l’ordine sociale era terribile. A partire dal 1800 era sorprendentemente facile procurarsi sostanze tossiche nel Regno Unito e negli Stati Uniti, basti pensare all’arsenico venduto come veleno per topi e in trappole per mosche, ma presente anche in cosmetici, carta da parati, tessuti e giocattoli. Era economico, facile da reperire, incolore, insapore e inodore. I sintomi? Erano simili a malattie comuni all’epoca ed era difficile da riscontrare in caso di autopsia il che lo rendeva il veleno ideale. Un altro dato interessante è quello relativo ai cronisti – molto spesso uomini – che raccontavano queste storie portando con sé pregiudizi e una propria soggettività. Da qui ne nasce una sorta di discriminazione: quasi tutte le avvelenatrici riscontrate dall’autrice durante le sue ricerche sono bianche. Era davvero così oppure le persone di colore non avevano sufficiente rilevanza per essere menzionate? Medesimo discorso per la questione LGBTQ+ per cui molti registri non riferiscono di storie di persone che fuoriescono dalle convenzioni di genere tradizionali.

Il volume è suddiviso in varie sezioni, la cronologia tossica che racconta a tappe la storia del veleno, un breve e interessante abbecedario delle principali piante, animali ed elementi chimici velenosi, le sezioni divise in base alla motivazione principale che spingeva queste donne ad avvelenare, e in fondo un indice analitico che raccoglie le fonti utilizzate per la realizzazione del volume. Molti nomi risulteranno sconosciuti ai più e le loro storie faranno vacillare anche il più ferreo sostenitore della giustizia senza sfumature ma ricordiamo che tralasciando il fascino che queste vite trasmettono occorre contestualizzare il fatto, leggere con mente aperta e un pizzico di compassione. Riflettiamoci un istante: se fossero vissute in un altro contesto avrebbero comunque commesso questi omicidi?

Il volume si presenta in una veste impreziosita da decori dorati e verde smeraldo, e le bellissime e dettagliate illustrazioni di Lisa Perrin lo caratterizzano maggiormente, unica pecca i refusi che purtroppo sono parecchi. Molto spesso giudichiamo senza conoscere i fatti e questo libro offre l’occasione di scoprire molti dettagli curiosi. Tra i nomi più famosi ci sono Cleopatra, Giulia Tofana e Lucrezia Borgia ma scopriamo anche i retroscena di storie complesse e crudeli come quelle di Mary Ann Cotton che incassava i premi assicurativi sulla vita, Catherine Monvoisin a cui aveva chiesto aiuto Madame de Montespan amante di re Luigi XIV, Belle Gunness che ha forse la biografia più particolare e macabra, Amy Archer-Gilligan che uccideva per soldi gli anziani della sua casa di riposo, Jane Toppan l’infermiera che uccideva i suoi pazienti, e molte altre ancora. Proviamo a immedesimarci per un istante: vivevano in una società in cui la loro parola non contava, gli uomini che le vedevano come una minaccia al loro potere le zittivano e decidevano per loro. Nei loro panni davvero non avreste minimante considerato la possibilità del veleno come via d’uscita?