Marge Piercy / Il miraggio di Mattapoisett

Marge Piercy, Donna sul filo del tempo, tr. di Andrea Buzzi, SUR, pp. 484, euro 22,00 stampa, euro 12,99 epub

Ormai quasi cinquant’anni fa Marge Piercy, scrittrice e attivista statunitense, mirava il mondo che la avvolgeva con aria di speranza. Gli anni Settanta del secolo scorso, spiega Piercy, furono un periodo vivacemente ottimista in merito alle cause sociali che stavano a cuore a chi, come lei, si batteva per una società più equa. Dominavano la scena i dibattiti pacifisti, femministi, ambientalisti e sociali. Essi finirono, nel suo immaginario di scrittrice, per aprire una finestra utopistica, nata dal “desiderio di un mondo migliore”, che concretizzò nel romanzo Donna sul filo del tempo, arrivato in Italia quest’anno per SUR con la traduzione di Andrea Buzzi.

L’ingrediente fondamentale, che pone le basi per tutto il mondo utopico del domani creato nel romanzo, è la speranza, che trova nella fragilità e incertezza il nucleo della sua potenza e inarrestabilità. Di speranza si sente priva da diverso tempo Connie, la donna sul filo del tempo che aprirà uno squarcio in un possibile futuro. Consuelo è una donna sulla trentina che vive nella New York del 1976, nata in Texas custodendo radici sudamericane. Connie si trova ai margini della società: riceve un sussidio economico per vivere e non possiede più legami affettivi significativi, dopo la morte del compagno e l’allontanamento legale della figlia. Dopo un episodio mal interpretato Connie viene rinchiusa (nuovamente) in un ospedale psichiatrico, dove iniziano a usarla come cavia per degli esperimenti volti al controllo degli impulsi mentali ed emotivi. Connie possiede, però, una forte energia psichica che la rende ricettiva verso altre energie da altre epoche: così conosce Luciente.

Luciente vive in un paesino del Massachusetts denominato Mattapoisett e corre l’anno 2137. Si occupa di fitogenetica, ma attraverso la partecipazione a un programma di emettitori, persone che tentano di attivare le proprie risorse mentali intracognitive per parlare con il passato, riesce a mettersi in contatto con Connie – e portarla mentalmente a Mattapoisett. Connie incontra, sorpresa, una società migliore di quella che conosce, priva del dominio fantascientifico dell’immaginario collettivo. Le classiche divisioni tra uomini e donne sono state accantonate in favore di una suddivisione non più in base al genere biologico, ma alle competenze di ciascun individuo. La maternità non è legata al genere, in quanto non si partorisce più in vivo. Esiste un covatoio, dove gli embrioni crescono fino al raggiungimento del nono o decimo mese. Quando arriva il momento in cui sono pronti a nascere, i bambini vengono assegnati a un nucleo di tre madri, senza distinzione di genere, che diventano comamme del bambino – fino al momento della cerimonia del nome, dove i ragazzini si scelgono il proprio nome e diventano indipendenti. La famiglia che si creeranno nel tempo con i propri dolciamici diventerà la fam, un’unione di spirito e corpo senza imposizioni di legge o obblighi.

Sebbene tutti abbiano il proprio lavoro, ognuno si occupa in contemporanea sia delle faccende più basilari della vita, come coltivare e raccogliere i frutti del terreno, sia della gestione della propria società, con assemblee cittadine dove si decide a livello comunitario il perseguimento di qualche idea e una turnazione dei dirigenti. Ogni cittadino ha la possibilità di prendersi un anno sabbatico per viaggiare e intraprendere qualche vocazione, dopo un tempo di lavoro sufficiente. Ognuno è pienamente libero di scegliere dove vivere: si può rimanere nel paese e nella cultura di nascita, oppure integrarsi altrove. La cura dell’ambiente naturale è intrinseca alla società che è stata costruita: niente automobili ad alto consumo, niente industrie inquinanti. Il lavoro più tedioso è stato robotizzato a favore di una minor permanenza in ritmi lavorativi pesanti. Concentrandosi sul raggiungimento della massima autosufficienza proteica possibile, gli abitanti di Mattapoisett vivono in una società pulita, trasparente, in armonia con la flora e la fauna che popola il loro angolo di mondo.

“Quando si scrive del futuro”, afferma l’autrice nella prefazione al libro, “lo scopo è provare a influenzare il presente individuando le tendenze in atto”. In Donna sul filo del tempo incontriamo una traduzione in chiave utopica di ciò per cui Piercy si è battuta come attivista. Le battaglie femministe per un maggior controllo del proprio corpo si sono trasformate nella parità assoluta di genere – contro un futuro distopico robotizzato che compare brevemente nel romanzo, dove le donne sono sotto il controllo degli uomini che detengono la ricchezza assoluta. Le istanze sociali sono sfumate in una vita comunitaria, dove ognuno partecipa attivamente alle decisioni politiche e nessuno deve nascondere le proprie radici. La comunione con l’ambiente è diventata il nucleo della vita della popolazione, attorno al quale ruota la sua preservazione dopo i danni causati dalla negligenza e superficialità di pensiero del passato. Nonostante nulla sia inevitabile e Mattaposett sia “solo uno dei futuri possibili”, come spiega Luciente, Piercy si batte per un minor sbilanciamento nella distribuzione della ricchezza – una ricchezza che è tanto più importante quando viene letta in relazione alla salvaguardia del verde che splende sulla terra, all’uguaglianza, ad un pieno perseguimento del proprio potenziale.

Quando si legge del futuro, quindi, si sta leggendo anche del presente. Nonostante il romanzo sia inizialmente uscito nel 1976, nel nostro tempo rimane ancora tanto da fare per raggiungere gli ideali di Mattapoisett. Se è vero che potrebbero coesistere universi paralleli, come in Donna sul filo del tempo, dove diversi futuri sono possibili, allora Piercy è riuscita a scrivere non solo un romanzo utopico, ma soprattutto un romanzo di speranza.