Non la solita invasione aliena

Liu Cixin, Nella quarta dimensione, tr. Benedetta Tavani, Mondadori, pp. 688, euro 18,00 stampa, euro 7,99 e-book

Il romanzo che chiude il ciclo del “passato della Terra” di Liu Cixin, tradotto a ritmo record da Mondadori dopo il successo anche in Italia del primo volume, Il problema dei tre corpi, sembra un catalogo generale di tutte le idee più avanzate della fantascienza mondiale. E c’è veramente tutto: antimateria, volo superluminale, battaglie spaziali, viaggio nel tempo, colonizzazione di altri pianeti, colonie umane in orbita, ibernazione, città del futuro, rallentamento della luce. Sembra quasi che l’autore, il più conosciuto scrittore di fantascienza in Cina, abbia deciso di tirare le somme di un intero genere letterario, forse per ripartire da zero. Non è un mistero che, se nei mercati occidentali la fantascienza è screditata non tanto dalla sua origine pulp quanto da quasi un secolo di pregiudizi editoriali e autocensura degli autori (unica eccezione il Regno Unito), in Asia questo genere possiede un pubblico vasto e affezionato. In Cina, in particolare, il governo centrale sembra scommettere sulla letteratura di genere per trasmettere al pubblico interno un senso di ottimismo verso il futuro. Una ventata di aria fresca in un panorama letterario dominato dal cupo catastrofismo del distopico.

L’estensione della fama di Liu Cixin dalla Cina agli Stati Uniti, e di rimbalzo al mondo intero, è dovuta in parte a uno scrittore americano di origine cinese, Ken Liu, che ha tradotto in inglese il primo volume del ciclo, Il problema dei tre corpi. Cixin, nato nel 1963, è oggi il più conosciuto scrittore di fantascienza in patria, con nove premi Yinhe e addirittura un premio Hugo, il massimo riconoscimento di genere negli USA, assegnato annualmente dalla World SF Society.

Ad accorgersi per prima in Italia del valore di Liu Cixin non è stata la grande editoria: ha preceduto Mondadori la piccola casa editrice Future Fiction di Francesco Verso, che fa un discorso di qualità sulla fantascienza soprattutto non-anglosassone; è del 2016 la traduzione e pubblicazione del commovente racconto «Le bolle di Yuanyuan», uno sguardo verso una Cina sostenibile del futuro prossimo, con un occhi alle problematiche ecologiche.

Chi ha letto i primi due romanzi del ciclo “il passato della Terra” è a conoscenza del tema di fondo: tutto inizia nel primo volume, Il problema dei tre corpi, durante gli anni feroci della Rivoluzione culturale, quando una giovane discriminata per le origini borghesi della sua famiglia decide di prendersi la rivincita perché ha trovato il modo di inviare messaggi a una razza intelligente aliena, che vive su un pianeta a quattro anni luce dalla Terra. Questo provoca il decollo di una flotta d’invasione extraterrestre che impiegherà 450 anni a raggiungere la meta. La razza umana rischia infatti la distruzione in virtù di una logica che regola il rapporto tra civiltà extraterrestri: è la cosiddetta teoria della Foresta Oscura, una sorta di proiezione su scala galattica del principio per cui la miglior difesa è l’attacco.

La civiltà di Trisolaris, vittima di periodiche distruzioni a causa dell’instabilità del proprio sistema stellare, decide infatti di colonizzare il nostro pianeta. L’umanità, minacciata apertamente di sterminio, rimane per secoli nell’angoscia della flotta d’invasione che attraversa lo spazio. Nel frattempo, per impedire lo sviluppo di una tecnologia in grado di organizzare una difesa credibile, i trisolariani trovano il modo di arrestare completamente lo sviluppo scientifico terrestre: e qui Liu Cixin inserisce un’idea stupefacente, le cui implicazioni narrative dominano l’intero secondo volume, La materia del cosmo (ma il titolo originale andrebbe tradotto con l’espressione «la foresta oscura»), dove si mescolano straordinarie ipotesi sull’evoluzione della civiltà umana con ordigni narrativi che partendo da idee scientifiche chiare e semplici innescano nel plot conseguenze straordinarie.

L’arrivo della flotta d’invasione trisolariana dovrebbe infine verificarsi in questo terzo volume, il cui titolo originale andrebbe tradotto come La fine della morte. Giunge infatti al termine la «guerra» tra civiltà che procede con fortuna alterna, con una serie incredibile di colpi di scena, una quantità di personaggi (anche se i più importanti attraversano l’intera narrazione, dal primo all’ultimo volume), e una girandola d’invenzioni che tiene inchiodati alla pagina, e che nella migliore tradizione fantascientifica “massimalista” si prolunga al termine del ciclo narrativo, fino alla fine dell’universo.

Verrebbe da pensare che i fan non possano che sentirsi rivitalizzati da questa profusione di idee, tutte rigorosamente hard, cioè basate sulle scienze esatte, empiriche: invece ecco serpeggiare una certa diffidenza. Le ipotesi di Liu Cixin sono così avanzate, così estreme nelle loro conseguenze narrative da sembrare troppo fantastiche, soprattutto a chi possiede solo un’idea astratta della scienza; si critica la plausibilità di alcune tecnologie, e forse desta sospetto anche la diversità dei personaggi, così positivi rispetto ai tormentatissimi «eroi per caso» dell’Occidente. E questo è un peccato, perché il pregio più grande di questo fantastico ciclo di quasi 2000 pagine totali è proprio la sua alterità, il suo ottimismo di fondo, e il fatto che ogni novum tecnologico-scientifico inserito nella storia provoca effetti credibili sul comportamento dell’umanità; nessuna invenzione futuribile è fine a se stessa: al contrario, il suo influsso sulla civiltà terrestre è ponderato, credibile e perfino auspicabile.

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