Pietro Spirito / Il giornalista che rubava i libri

Pietro Spirito, È notte sul confine, Guanda, pp. 256, euro 18,00 stampa, euro 9,99 epub

Trieste è un crinale geografico e della mente. Trieste è consapevole d’essere confine, basta sorvolarla per comprendere subito come la gente da quelle parti (ricordiamo sempre che se ne fece alleato un grande scrittore come Daniele Del Giudice, “staccando l’ombra da terra”) presidi con leggerezza i propri ricordi fino a rasentarne i confini segreti. Che di ricordi e di storie sono pieni questi territori, e di buio se ne trova vasta estensione. Il buio della notte, e il buio più pericoloso – quello che si mischia al sangue, alla politica sporca, ai vizi delle spie, romanticamente posti nella sezione definita (con eleganza) dalla griffe “servizi”.

Lo scrittore Pietro Spirito conosce tutti i colori del “nero” (l’ideuzza è buttata lì, quasi per caso, da Manganelli), ci fa i conti con questo nuovo romanzo che attraversa i giorni in cui anche in Italia si provò a mettere in moto il piano di colpo di stato promosso da Junio Valerio Borghese: era il dicembre del 1970, l’eversione stuzzicava militari e massoni, ma non se ne fece niente. Il quotidiano “Paese Sera” lo denunciò in un articolo tre mesi dopo. Solite indagini, solite fughe, condanne e (solite) assoluzioni.

È notte sul confine segue i destini del giornalista Ettore Salassi, il disordine che lo contraddistingue (senza essere proprio sicuri che sia il suo tratto peculiare, altro si scopre seguendo da vicino le sue gesta, tra successi e fiaschi) e la simpatica abitudine di rubare i libri, amare le donne (appropriarsene, a dire il vero, da teppista dei sentimenti). Avendo passato dubbio e istinto innato per i guai e per le trame losche, che fa? Decide di collaborare con i servizi segreti (il Sid di quel tempo).

Il nostro simpatico protagonista si svaga adocchiando in libreria La meccanica di Gadda e le Poesie di Prévert: novità il primo, sofisticata lettura per pochi, molto di moda invece il secondo – mellifluo, ma pur sempre poesia. Basandosi sulla difficoltà di occultarli nei pantaloni vediamo quale dei due decide di pagare alla cassa, e quale intascare in barba al proprietario della libreria. Riuscito il furto, Salassi sa già cosa fare del Prévert, sa bene che lo regalerà alla bella Maja, la slovena Maja nipote della portinaia dello stabile dove abita. Pensando ai futuri piaceri, deve trovare il modo di varcare gli occhi di ghiaccio della ragazza. Pensa al suo “corpo da pin-up”, ma infervorato dalle solite modalità maschiliste del suo essere latino, ancora non sa cosa lo attende dopo aver portato a compimento le sue manovre di conquista.

Inchieste quotidiane vengono incrociate a vecchi fantasmi e nuovi (effetto di morti d’origine violenta), mentre la Storia a tratti sembra voler prendere il sopravvento su esperienze e faccende private, dove le decisioni hanno la loro origine in ambienti più alti le cui risorse girano intorno a traffici non proprio legali. A Spirito, come ben sa chi conosce l’autore, interessa l’aspetto civile delle storie, e la vita bassa descritta è fiero pretesto per smascherare il grigio italico, le manipolazioni, i molti vizi esplicitati da poco nobili fette della società. Gli anni 70, poi, brillarono per un’emergenza fumogena e guerrigliera, terribilmente complicata dove valenti giornalismi avevano a che fare con le sabbie mobili del potere e l’immanenza bombarola. Il romanzo nemmeno osa a placarsi, il terreno dove si sviluppa è quello dei confini aleatori lasciati in eredità dal conflitto mondiale, dal fasciamo e dalle foibe. È quest’aria nebbiosa dove s’incrociano orrori, odiati e odiatori, funeste scelte politiche, eventi atroci, a far decollare un racconto dotato di minuzia stilistica, di serietà interpretativa. Immaginiamo il protagonista nei panni di certi personaggi stilizzati da Monicelli, mentre si aggira come ombra inconsapevole nelle mani di traditori e faccendieri destrorsi, ma capace di deviare le poche risorse a effimero vantaggio suo – per capacità innata o per crudo azzardo.

Trieste guarda, immobile là dove il mare inizia, forse timida o forse antica vestigia di cose ignote, di frontiera sommersa e emersa, però sa che i suoi abitanti hanno in essa protezione e nobiltà clamorosa di grandi intelletti. Spirito tiene con buona coscienza tutto questo, ha letto troppo per non esserne consapevole. Egli ha in mano non teorie letterarie, ha in mano civilissime azioni umane là dove le esistenze hanno avuto il tempo di pensarsi. E ne fa cortese cronaca.