Leggere le parole di Veronica Tomassini è affondare in una vertigine di riflessione, afferrare la spirale mostruosa e lirica del pensiero nel precipizio di una visione rivelativa. Ascoltare la sua poetica significa essere attraversati, da lettori, da un’esperienza che concentra il labirintico e ipnotico fluire della scrittura nella devota e significativa arte evocativa dell’essenza interiore. Roveto ardente consegna una profonda, estrema e profetica offerta all’esercizio efficace della letteratura, in riferimento all’autentico impulso personale dell’autrice, all’invisibile spazio di una primordiale promessa, incisa in modo indelebile nella sacrificale, mistica, liturgica stesura narrativa.
Tomassini oltrepassa la condizione autobiografica per delineare la concezione biblica della scoperta intorno alla sua testimonianza di scrittrice, descrive il carattere necessario per accogliere l’urgenza dell’invocazione esistenziale, conservare la rappresentazione visiva del linguaggio, comunicare il segno della conoscenza. Sostiene l’ermeneutica dell’esperienza per analizzare l’universo materiale e approfondire l’illuminazione sovrumana, promuove la sacra e meravigliosa qualità dell’ispirazione indicando, nella relazione miracolosa tra la deriva terrena delle ombre e l’intensità sublime dell’invisibile, la deviazione emotiva che infiamma il suo dire.
Roveto ardente consuma la libertà infuocata di uno sguardo vivido e inquieto sul mondo, accende la misura della dimensione artistica nella lacerazione di un destino di dannazione e di risurrezione, restituisce il prolungamento disarmante del dolore nel solco tremante del tessuto esegetico, nella lettura implacabile e generosa di ogni invito a esplorare l’enigmatica e imperscrutabile divergenza delle ragioni umane, nella loro crudele e arcana transitorietà. Il libro incrocia la radicale indipendenza dell’autrice, declina la dimensione della corrispondenza nell’intreccio di metamorfosi elegiache, nella prospettiva viscerale di un attaccamento radicato all’espressione filologica, nel passaggio carnale e spirituale della superficie sensitiva, nel misterioso incantesimo del contenuto, prodigio di una presenza dilaniata.
Tomassini assiste la sua voce in una preghiera intima lancinante e straziante, pone la sua accorata attenzione sull’intensità del dogma che muove la sua penna, riceve la benedizione irrequieta di ogni consacrata accoglienza per l’anima, ospita il residuo della pietà come la dedizione a un sentire sensibile e indifeso, essenziale e turbato. Comunica la sua costante e dinamica premura nei confronti del testo, intriso di sincera e fulminea spietatezza interpretativa, immerge nella voragine della compassione il lirismo di un’esistenza che è teofania della sua produzione artistica, groviglio bruciante dei concetti e delle proiezioni, impegno e sconforto, affannosa e disperata volontà di altruismo, vocazione suprema oltre il relitto desolato del dolore. Lo stile serrato, impaziente e contemplativo di Tomassini trova conferma ancora una volta in questo pamphlet che soccorre il transito della monade originaria dell’ispirazione, analizza gli itinerari silenziosi delle scelte e le prove della vita nell’intento introspettivo di dare luce e dignità all’estremo congedo della solitudine. Tomassini riemerge dalle sue stesse divinatorie fragilità, nella sincera affermazione del sentimento dell’umanità, affida alla sua possibilità di riscatto l’eco indulgente dell’espiazione, si misura con la natura eterna e inesauribile delle esitazioni, veglia l’epifania umana come fonte di dedizione e manifestazione della bellezza, resilienza ai margini della realtà. Lenisce la ferita aperta, protegge l’estenuante confessione vissuta in tutta la sua resistenza, in nome del prezioso dono salvifico in cui scrivere è ricambiare la semantica nobile e privata della sofferenza.


