Gli “Scarafaggi” erano cinque

Vivek J. Tiwary, Il quinto Beatle. La storia di Brian Epstein, ill. Andrew Robinson, Kyle Baker, tr. Antonio Solinas, Panini Comics, pp.168, euro 18,00 stampa

“Brian era un eroe imperfetto e con delle pecche, ma comunque un eroe… come tutti gli eroi perché non avrebbe dovuto avere una vita a fumetti?”

Tutto parte dal Cavern Club di Liverpool. Siamo nel 1961 e i Fab Four – all’epoca non ancora Fab ma solo Four – sono degli sconosciuti che suonano come spalla di Tony Sheridan. Brian Samuel Epstein, figlio del proprietario di NEMS, il principale negozio di dischi della zona, sebbene in apparenza conduca una vita piacevole e senza le comuni complicazioni, nasconde delle cicatrici profonde. Dopo una formazione scolastica irregolare e aver cambiato sette istituti a causa dei risultati deludenti, lascia la scuola a quindici anni, e dopo il servizio militare con congedo anticipato, studia alla Royal Academy of Dramatic Art di Londra, abbandonata però al terzo trimestre. Viene quindi mandato da suo padre a lavorare nel nuovo negozio di dischi NEMS a Liverpool. Ma Brian sopporta un altro peso: è omossessuale, condizione che nella Gran Bretagna di quegli anni significa carcere e terapia psichiatrica. Prende di nascosto le pillole che dovrebbero, a detta dei medici, calmarlo e curare al contempo le sue “devianze” sessuali, consumate in incontri amorosi lontano da occhi indiscreti.

Nell’ottobre 1961 molta è la richiesta del 45 giri che i Beatles (nelle etichette originarie del disco figuravano come Beat Brothers) avevano inciso con Tony Sheridan, e Brian non riuscendo a procurarselo si rivolge direttamente ai diretti interessati. Assiste a una loro esibizione al Cavern Club, rimanendone folgorato. Da qui in poi Brian Epstein diviene il manager del gruppo dichiarando più volte di volerli rendere più grandi di Elvis Presley. Missione ambiziosa che, come descritto nel graphic novel Il quinto Beatle. La storia di Brian Epstein, sarà piena di imprevisti e di ostacoli. Brian diventa figura fondamentale per i Beatles, si occupa di tutto: pagare i conti, contattare etichette discografiche, organizzare ospitate nei principali show televisivi americani, inventare un adeguato merchandising e, aspetto prioritario, creare la loro immagine di bravi ragazzi che non dicono parolacce sul palco, non fumano e non bevono. John, Paul, George e Ringo. Brian aveva visto in loro la noia, una noia nascosta, costante e affamata di progresso, un’enorme noia dissimulata, ma credeva che sotto la giusta guida (e un forte senso d’appartenenza) sarebbero diventati stelle del firmamento musicale mondiale. La EMI Records, dopo esitazioni iniziali, diventa l’etichetta dei Beatles e Love Me Do entra in classifica alla diciassettesima posizione mentre Please, Please Me arriva al nono posto. Questo è solo l’inizio di una lunga serie di conferme, successi ottenuti da una delle band più conosciute in tutto il mondo. I Beatles hanno saputo cavalcare e alimentare l’ondata internazionale di esuberanti cambiamenti sociali avvenuta negli anni Sessanta, scrive Howard Cruse, fumettista americano, nella postfazione del volume. Come dargli torto? I creatori del graphic novel hanno stretto un’alleanza spirituale e economica con l’organizzazione Freedom to Marry, impegnata nel programma di liberazione sessuale. In trentasette stati americani, per la cronaca, non viene ancora riconosciuto pieno diritto di cittadinanza a gay e lesbiche. Vivien J. Tiwary è cresciuto a pane e Beatles e le sue ricerche intorno alla figura di Epstein sono durate venti anni. Il risultato non è pienamente fedele a quanto accaduto nella realtà, ma occorre sottolineare che l’intento dell’autore era quello di trasmettere la poesia dentro quella figura outsider, non soltanto di rendicontarne l’attività professionale.

Certamente Epstein è stato una mosca bianca fra i manager di quegli anni, soprattutto creando un forte legame con gli artisti. A tutt’oggi resterebbe tale, se consideriamo che in ambito discografico le canzoni sono preconfezionate in attesa dell’artista che meglio si adatti al “prodotto”. Ma quelli erano gli anni Sessanta, il rock and roll era un’altra storia, e i Beatles erano considerati un gruppetto pop destinato al dimenticatoio. E invece.

La storia dei Beatles è lunga, troppo per poterla costringere all’interno di poche battute. D’altronde il graphic novel di Tiwary si concentra sulla figura, spesso oscurata, di Epstein, capace di prendere per mano quattro giovinetti un po’ pazzoidi per mano e condurli verso storia e traguardi impensabili. È a lui che i fan devono rivolgere totale ringraziamento per aver scommesso fin da subito su quattro cavalli di razza.

Scritto dal produttore Vivek J. Tiwary (American Idiot dei Green Day, La famiglia Addams), con i disegni di Andrew Robinson (Detective Comics Batman, Iron Man, X-Man e Starman) e di Kyle Baker (Perché odio Saturno, Plastic man e con lavori per Disney, Warner Bros, HBO, DreamWorks, Random House), il volume contiene anche le bozze delle illustrazioni e una prefazione di Andrew Loog Oldham, manager e produttore discografico dei Rolling Stones. Questi sottolinea quanto due “marchiature” sociali fossero fortemente sfavorevoli a Epstein: ossia il suo essere ebreo e gay. Realtà che, grazie a talento e perseveranza, non gli ha impedito di regalarci una fenomenale esperienza musicale e non solo. Grazie Brian, quinto Beatle.

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