Luca Miele sceglie Jack Kerouac

Luca Miele possiede un’anima rock ed è inevitabilmente attratto dall’aspetto spirituale degli autori scelti per le sue pubblicazioni. Da Bruce Springsteen a Jack Kerouac, questo incrocio di dati crea particolarissime biografie che scandagliano sotto vari punti di vista queste icone. Ospite di Pulp Libri, per “Paragrafi” Miele ha scelto proprio il protagonista del suo ultimo libro (Il Vangelo secondo Jack Kerouac), lo scrittore statunitense e padre del movimento beat Jean-Louis Kerouac.


“Questo vigliacco di un bretone (io) annacquato da due secoli di Canada e America, colpa di nessuno se non mia, questo Kerouac che farebbe crepar dal ridere nel paese del principe di Galles perché non sa nemmeno cacciare o pescare, procurarsi con le mani di che nutrire i suoi padri, questo spaccone, questo sciocco, questo furibondo scapestrato simbolo di ogni manchevolezza, “questo bagaglio di umori” come disse Shakespeare di Falstaff, questo ibrido né profeta né – figuriamoci poi – cavaliere, questo tumore della paura della morte, con tumescenze nella stanza da bagno, questo schiavo incontrollato dei campi da football, questo artista fallito e ladro abietto, quest’uomo che urla nei saloni di Parigi e balbetta nelle nebbie bretoni, questo farceur pagliaccio nelle mostre d’arte di New York piagnucoloso nelle stazioni di polizia e nelle telefonate transoceaniche, questo prude, questo aide-de-champs vigliacco con valigetta portafogli piena di porto e di fogli, questo conservatore di rose e derisore di spine, questo Hurracan come tutte e due le officine del gas di Manchester e Birmingham, questo sbruffone attore da strapazzo, sempre a mettere alla prova la pazienza degli uomini e le mutande delle signore, questo sepolcro di decadimento che si nutre di rugginosi ferri di cavallo sperando di vincere alle corse – Questa in breve spaurita umiliata testa di cavolo sbruffona merdosa creatura d’uomo.”
Jack Kerouac, Satori a Parigi, tr. Silvia Stefani, Mondadori 2010

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È terribile quando hai un nemico che parla con la tua voce. Si muove con il tuo corpo. Scrive con le tue parole. È terribile quando il tuo nemico sei tu. Non c’è combattimento più feroce. Ossessione più implacabile. Allucinazione più persecutoria. Jack Kerouac è stato il peggior nemico di sé stesso. È arrivato a disprezzarsi, ad accusarsi, a definirsi un “giuda”, a vedersi come “un tumore della paura della morte”. È arrivato a tradire la scrittura alla quale aveva ancorato la sua vita, tutta intera. L’autore di On the road è stato un uomo capace, al tempo stesso, di visioni meravigliose, di voli inebrianti, di parole alate e poi di eruzioni cupe, mortifere. Un essere capace di dire che la “vita è sacra” e poi di cadere, prostrarsi, sporcarsi, odiare la vita. Jack Kerouac è stato sconfitto. Sconfitta la sua visione di un mondo libero, ebbro, seminato di “libertà eterne”. Sconfitto il suo sogno di vivere perennemente “in uno stato di beatitudine, come san Francesco, cercando di amare tutte le forme di vita, cercando di essere assolutamente sinceri con tutti, praticando la tolleranza, la gentilezza, coltivando la gioia nel cuore”. Eppure, dentro la sua scrittura risuona – la si può sentire sibilare tra le sue parole, bisogna metterci l’orecchio o meglio il cuore – una voce inaudita: la voce di Dio.

Napoletano di nascita, pugliese di adozione, Luca Miele vive e lavora a Milano. Giornalista di Avvenire, insegue i cortocircuiti tra musica, letteratura e sacro. Ha pubblicato Oltre il confine. Miti e visioni d’America nelle canzoni di Bruce Springsteen (Pardes, 2006), Il vangelo secondo Bruce Springsteen (Claudiana, 2017), Il vangelo secondo il rock (con Massimo Granieri, Claudiana 2018), Mio padre odiava il rock’n’roll (Arcana, 2020) e Il vangelo secondo Jack Kerouac (Claudiana, 2020).