Alessia Tripaldi / Tra il fogliame del bosco

Alessia Tripaldi, Gli scomparsi, Rizzoli, pp. 400, euro 19,00, euro 9,99 epub

Mentre leggevo questo romanzo riflettevo sulla qualità degli ultimi esordi di autori italiani letti e recensiti negli ultimi mesi: tutti hanno una qualità superiore rispetto alla media delle opere prime, e questo Gli scomparsi non fa eccezione. Non so se il merito sia di un lavoro di editing più approfondito – che non è mai stata una tradizione forte delle case editrici italiane, a parte qualche rara eccezione, come invece accade soprattutto nei paesi di lingua anglosassone –, o di una maggiore consapevolezza degli autori, ma sta di fatto che si nota una maggiore attenzione al linguaggio e allo stile, un uso più misurato delle tecniche e degli strumenti narrativi – è rarissima la ricerca del passaggio a effetto per colpire il lettore, tentativo spesso inutile se non addirittura controproducente –. Anche l’ambientazione e l’argomento affrontato sono frutto di una ricerca sempre esaustiva e si ha l’impressione che lo scrittore tenga sempre in mano le redini della trama e non si allontani mai dal cuore della narrazione.

Alessia Tripaldi, sociologa e sceneggiatrice, ama la criminologia e mette a frutto questa sua passione, insieme agli archetipi della personalità elaborati da Gustav Jung e le teorie del criminologo ante litteram, l’antropologo Cesare Lombroso, per presentarci un thriller psicologico a tinte fosche. Nella strada statale che attraversa le montagne più impervie dell’Abruzzo viene rintracciato un ragazzo, Leone, che dice di vivere nei boschi insieme al padre, che adesso è morto. Da qui cominciano le indagini di Lucia Pacinotti, commissario piemontese trasferita da poco in Abruzzo, dove non si trova bene e probabilmente mai si troverà a suo agio. E scoprirà da subito, trovato il cadavere seppellito tra il fogliame del bosco nel punto indicato dal ragazzo e sicuramente non deceduto per cause naturali, che non esiste una relazione di parentela tra Leone e l’uomo ucciso. E vengono subito in mente i tanti casi di minori scomparsi, non sempre ritrovati o ritrovati dopo tanti anni, vittime di carnefici con cui spesso hanno instaurato un rapporto di subalternità o di completa dipendenza psicologica. A Lucia viene subito spontaneo chiedere aiuto a Marco Lombroso, compagno di studi di criminologia e per un po’ anche compagno di vita, che ha sempre dimostrato eccezionali doti di profiler ma che è rimasto prigioniero del cognome scomodo del suo trisavolo. Marco però riesce a far breccia nell’ostinato silenzio di Leone, e piano piano si fa strada la vera natura del fatto, gli implicati e le implicazioni, i colpevoli e le psicologie degli attori della vicenda, i pregiudizi e la vera natura dei protagonisti. Non sarà facile trovare la strada giusta, arrivare alla soluzione, e Marco Lombroso rivivrà di nuovo il disagio di portare un nome ingombrante che spesso viene criticato a sproposito, e si ritirerà ancora in un mondo dove si sente al sicuro da un marchio che gli è stato impresso in maniera indelebile. Lucia Pacinotti dovrà mettersi contro i suoi colleghi per trovare il bandolo della matassa: le cose non sono mai come appaiono all’inizio e i colpi di scena si susseguono frequenti. Le psicologie dei personaggi sono tracciate con semplicità e precisione, l’ambiente è descritto con accuratezza e i dettagli non sono mai lasciati al caso. Il lavoro narrativo della Tripaldi ci pone di fronte, senza dubbio, a un’autrice che se darà seguito alle premesse ci regalerà altri romanzi di spessore.