Alfredo Baldi / Lino Banfi, l’ultima maschera

Alfredo Baldi, Le molte vite di Lino Banfi, Edizioni Sabinae, pp. 159, euro 18,00 stampa

Era destinato alla carriera sacerdotale l’undicenne Pasquale Zagaria, ma al ragazzo di Andria cresciuto a Canosa, figlio di “Riccardo l’Andriese”, gestore d’un Consorzio agrario che aveva in appalto la Nettezza urbana, il seminario andava stretto. Sentiva infatti il richiamo prepotente del palcoscenico, incoraggiato dalla naturale capacità di coinvolgere raccontando storie, imitando personaggi celebri, e dal talento più raro: far ridere. Di chi stiamo parlando? Beh, di Lino Banfi.

Vita avventurosa, quella di Pasquale/Lino, come si conviene a un artista che lascia presto la famiglia per seguire un sogno, assecondare una passione travolgente e realizzare il proprio destino. Un’esistenza piena, di fame e di gavetta, di lenta e faticosa formazione artistica e umana, in un’Italia prostrata da una guerra folle, poi lanciata in crescita vertiginosa, quindi stritolata da crisi ricorrenti e da endemici problemi mai risolti. Una parabola infine coronata dal successo, duramente perseguito e ampiamente meritato nel campo spietato dell’arte e dello spettacolo, costellato di buche e di trappole, di chimere e di illusioni, in un’epoca ricca di talenti in cui solo i grandi per davvero potevano giungere in vetta. Vita narrata in un libro che si gusta con il piacere d’un fresco bicchiere d’acqua in una giornata ardente.

Studioso di storia e tecnica del cinema, docente di Linguaggio cinematografico, Alfredo Baldi è stato dirigente del Centro Sperimentale di Cinematografia, ha lungamente lavorato in Rai e organizzato produzioni cinetelevisive culturali. In questa biografia ha però messo da parte tecnicismi e analisi specialistiche, adottando un linguaggio piano e diretto, per certi versi adeguato al personaggio e alla comicità del soggetto della sua biografia. E così il racconto della vita di Banfi procede rapido, toccando le tappe essenziali della carriera e della vita privata, inframmezzato dai ricordi di Lino, di amici e colleghi: dai complicati inizi degli anni Cinquanta, alla dura gavetta nei teatri d’avanspettacolo in compagnie più o meno scalcinate, carpendo i segreti del mestiere da consumati capocomici (Nino Terzo, Alberto Sorrentino, Beniamino Maggio). L’amicizia con Mimmo Modugno, l’incontro con il grande Totò, che gli suggerisce di cambiare il nome d’arte. Siamo nella prima metà degli anni Sessanta, e da Pasquale Zagaria, o da Lino Zaga, nasce il futuro Lino Banfi. E via via le altre tappe, gli incontri determinanti con Lando Fiorini, Fiorenzo Fiorentini, Nicola Piovani, i palcoscenici italiani e romani (L’Ambra Jovinelli, il Puff, Il Bagaglino, il Cab 37), le tournée internazionali.

E poi la storia cinematografica, ricostruita capillarmente, dalle prime comparsate ai ruoli via via più ampi e centrali, passando dal fondamentale sodalizio con Franchi e Ingrassia, qui ricordato direttamente dalle parole del protagonista. Dal 1970 la scalata al cinema è vertiginosa: la scrittura con De Laurentis, il ruolo di spalla per Alighiero Noschese e Enrico Montesano, quello drammatico in Detenuto in attesa di giudizio di Nanni Loy, i film con Bruno Corbucci, fino al primo lungometraggio da protagonista, Il brigadiere Pasquale Zagaria ama la mamma e la polizia (1973), in cui Banfi ha la possibilità di mostrare in pieno la sua comicità e il personaggio che andava costruendo negli anni, con un linguaggio originale frutto di una spiccata vena creativa e una mimica sempre più incisiva. È la svolta: dal 1973 al 1987 Banfi interpreta 52 film, alcuni entrati nel canone della nuova commedia sexy nostrana, che lo vedono recitare accanto ai maggiori nomi del panorama attoriale italiano: tra gli altri, non si può non citare il cult L’allenatore nel pallone (1984) di Sergio Martino.

Accanto al varietà e al cinema si ripercorrono le esperienze televisive di Banfi, multiformi e costellate da un costante successo di pubblico e anche di critica, a cominciare dall’indimenticata trasmissione Senza rete, accanto ad Alberto Lùpolo – pardon, Lupo – passando per Domenica in, lo “one man show” Stasera Lino, e numerose altre. Immancabile, ovviamente, il capitolo sulle serie e fiction televisive, che dagli anni Novanta al secondo decennio del nuovo secolo hanno mantenuto inalterata, persino allargata, la notorietà di Banfi, ormai entrato nelle case col nome di “nonno Libero”, dalla fiction di enorme successo Un medico in famiglia: dieci stagioni andate in onda dal 1998 al 2016, quando il programma s’è finalmente estinto per consunzione.

Il racconto continua con le avventure professionali radiofoniche, poiché Banfi ha davvero attraversato da protagonista ogni mezzo comunicativo, e con le più recenti esperienze teatrali. Una sezione è poi dedicata alla sua esperienza nell’Unesco e di ambasciatore (Goodwill Ambassador) dell’Unicef. Banfi, occorre dirlo, si è sempre distinto per l’attenzione posta a persone meno fortunate, in particolar modo ai bambini. Adeguato spazio è anche dato alle capacità versificatorie in rima di Banfi (tra l’altro anche coautore di sceneggiature oltre che autore di gag), di cui sono riportati dei gustosi esempi. Il libro si chiude con una sfiziosa nota gastronomica, poiché Lino ha creato un proprio marchio di prodotti doc, “Bontà Banfi”, ed è titolare di un locale daL nome indicativo, “Orecchietteria Banfi”, dove tali prodotti si possono degustare.

In appendice un paio di poesie in rima, stampate e autografe, “A Settembre 2020” e “Caro 2021”, dove il comico pugliese auspica giocosamente (e accoratamente) un ritorno alla normalità dopo la micidiale esperienza della pandemia, e la filmografia completa. Da segnalare l’apparato iconografico, con suggestive fotografiche riguardanti la lunga esperienza attoriale di Banfi. Insomma, una gradevole e illuminante lettura sulla vita d’un artista che rappresenta forse l’ultima grande maschera della secolare tradizione del teatro e dello spettacolo italiano.