Christos Vakalopoulos / Via dalla folla “bionda”

Christos Vakalopoulos, La linea dell’orizzonte, cura di Francesco Colafemmina, Medhelan, pp. 161, euro 16,00 stampa

Qual è la situazione della lingua – al dunque, della poesia – nell’Ellade attuale, quale era nell’Ellade dei decenni passati, e quale nell’Europa attuale, dopo i decenni trascorsi a demolire società intere di cittadini, poeti e non, di ragazze che da amiche viaggiavano per villaggi, isole e spiagge cercando parole e bellezze, con molte domande e dandosi da fare per difendersi dalla “massa bionda” invadente? In un’opera sicuramente profetica, come questa di Christos Vakalopoulos, pubblicata nel 1991, qualche tipo di risposta, formale e non-formale, la possiamo aggiungere al bagaglio di cui disponiamo fra alti e bassi di coscienza. La linea dell’orizzonte: eccola emergere da quel folto di cose sublimi e tremende attraversate dalla Grecia (ma anche dall’Europa intera) nella seconda metà del ’900. Già, chi è Christos Vakalopoulos? O meglio chi era, poiché ci ha lasciati nel 1993 dopo essere nato nel 1956 a Kypséli, quartiere popolare di Atene. Attraverso questo libro, curato magnificamente da Francesco Colafemmina (e con la prefazione di Petros Markaris), veniamo a sapere che lo scrittore è stato critico cinematografico, sceneggiatore e regista, che ha studiato a Parigi e che fra i primi si è accorto dello sconvolgimento attuato da una “sedicente realtà” popolata da masse di “sedicenti” come categoria in emersione. Con Christos, spiega il suo amico e compagno Kostas Livieratos quando incontra Colafemmina in un caffè del centro di Atene, “abbiamo vissuto i primi anni di scuola sotto il regime, ragazzi semplici che amavano la musica rock e il cinema, niente di speciale”. Ma negli anni del liceo qualcosa accade, il “mondo trappola” non cattura l’amico che se ne andò in Francia a studiare il cinema francese, il marxismo e Lacan. Poi il regime cade e con l’avvento degli anni Ottanta qualcosa cambia nella mente di Christos.

Pasolini e Hölderlin inscrivono la coscienza di Vakalopoulos in un territorio stretto fra paesaggio onirico e paesaggio più che reale come quello dell’isola di Patmos dove possa costruirsi il recupero della Storia sovvertita dalle “masse bionde” che girano il mondo alla sua conquista. Nessun recupero del passato, ma l’uso della vera lingua che dava il vero nome alle cose – non la pervasività contaminante delle paroline inglesi e francesi. Ecco perché chiedersi quale sia lo stato della lingua ora, dopo tanti anni, e dentro questo romanzo che riporta a un mondo sonoro, attraverso le visioni delle protagoniste, incantatrici di musicalità – dove i destini e la luce sono la stessa cosa.

C’è una protagonista, Rea (Rea nella mitologia è la madre di Zeus, dea della fecondità) veste leggera, va per le isole greche, verso Patmos, ci sono catene di gente bionda che si abbronza tecnicamente e si abbevera a musica che non è più musica, non c’è più musica ma rumore e Rea lo sa che tutti impazzirebbero se si accorgessero che la musica non esiste più. Rea e le ragazze del coro (Mina, Ersi, Vana) lo sanno ma non vogliono impazzire: ogni capitolo dell’opera di Vakalopoulos esprime e spiega ciò che è accaduto al mondo, e alla resistenza che oppongono le ragazze nel loro posto sulle isole tenendo bene a mente quanto i poeti come Elytis stringevano a sé con le parole. Perché sono i poeti a impedire alla realtà di dissociarsi e si fanno in quattro perché si compia quello che è stato scritto nei millenni. I dignitari dell’impero galattico (così vengono indicati nel romanzo) facciano attenzione, è in queste pagine che si rivela come i vacanzieri biondi avranno solo un mondo separato, quello che lo scrittore ateniese ci svela con la sua scrittura ricchissima di ripetizioni che non fanno altro che avvicinare sempre più alle storie incastonate nell’epoca invasiva ci è data. I frequentatori delle spiagge sono discendenti degli autori del sacco di Costantinopoli, dopo la IV Crociata. Le iterazioni nel testo riportano a una poetica che ebbe molta fortuna in Italia, Svizzera, Giappone, Olanda e America, durante gli anni ’70 – uno sperimentalismo organizzato attraverso moltissime riviste, moltissime corrispondenze postali (carta da lettere, francobolli) e viaggi senza fine fra un paese e l’altro. Una realtà scomparsa che Christos conosceva bene, e che l’avanzata “bionda” ha spazzato via. Come la lingua digitale ha spazzato via quella analogica. Però la protagonista Rea è greca, e si può dire che “nuota lentamente verso la linea dell’orizzonte” – lascia perdere quella gente che ha comprato tutti i biglietti per circolare nel mondo.