Dibba (Alessandro Di Battista) contro tutti

Alessandro Di Battista, Contro! Perché opporsi al governo dell’assembramento, PaperFIRST, pp. 208, euro 13,30 stampa, euro 8,99 ebook

Il primo semestre del 2021 ci ha regalato un trittico ideale di libri trash provenienti dal mondo della politica. Dopo i libri di Rocco Casalino e Giorgia Meloni, arriva il nuovo libro di Alessandro Di Battista. Per certi versi, fra i tre, l’unico scrittore di mestiere è lui: al di là degli esordi sponsorizzati da Casaleggio, di A testa in su – sì, quello delle “spremute di umanità” – e di un libro annunciato e mai pubblicato sui fatti di Bibbiano, Di Battista collabora in maniera fissa con The Post Internazionale e il Fatto Quotidiano (che è giustappunto l’editore di questo instant book sul governo Draghi). Si guadagna da vivere, cioè, con quello che scrive. Tuttavia, se i libri di Rocco Casalino e Giorgia Meloni presentano qualche punto di interesse, l’ultima fatica di “Dibba” è lontana dai fasti di quel capolavoro cringe che è stato A testa in su, preziosa via di mezzo fra i Diari della motocicletta e il cargo battente bandiera liberiana di Verdone.

Di fatto, l’unica parte meritevole in Contro! è l’introduzione e si può sfogliare tranquillamente in piedi all’ipermercato, se proprio uno è curioso. Si tratta di una sorta di espansione ragionata del video con cui Di Barrista ha annunciato il suo distacco dal Movimento Cinque Stelle (il lungo addio, come lo chiama lui): non aggiunge nulla di nuovo, certo, ma consente di cogliere meglio alcuni dettagli della fuoriuscita. Modulando con attenzione i toni nei confronti dei tre personaggi più importanti del suo percorso nel Movimento (affettuosa cordialità per Di Maio e ammirazione nordcoreana per Beppe e il compianto Casaleggio), Di Battista vuole dare mostra di integrità morale davanti agli ex compagni di viaggio che hanno preferito vendersi al Belzebù della BCE, invece di difendere ad oltranza la possibilità del Conte Ter. Sotto il velo di un’asfissiante retorica passivo-aggressiva trapela, infatti, il suo probabile desiderio frustrato di diventare ministro nel terzo governo Conte. Nonostante la narrazione sia quella di un gran rifiuto consapevole per non tradire la propria schiena dritta, la stizza è evidente e ogni tentativo di mascherarla peggiora ulteriormente il quadro.

Salvo le prime venti paginette, il libro è una via di mezzo fra un’inchiesta dozzinale e il manifesto politico, se per inchiesta intendiamo un frullato cospirazionista di articoli di Wikipedia: il centro del libro dovrebbe essere un’indagine sull’operato di Draghi negli ultimi trent’anni, ma raggiunge al massimo il livello di una puntata mediocre di Report e la rapidità della stesura non ha certo giovato allo stile. Come nelle migliori tradizioni dietrologiche, l’autore parte da fatti conclamati per cesellarli in un grande disegno che vede l’intero mondo comandato dalle élite finanziarie statunitensi. Inoltre, una fetta cospicua – e alquanto compilativa – del testo è incentrata sulle origini della fortuna di Berlusconi e la trattativa stato-mafia, quindi lo spazio dedicato a Draghi in realtà è piuttosto contenuto e occupato perlopiù da speculazioni intorno al discorso del 1992 pronunciato dal ponte del Britannia.

Ora, Contro! può anche citare questioni realmente controverse, ma tali aspetti sono fagocitati da un testo in cui si parla senza il minimo imbarazzo di “padroni del mondo” e si critica l’imperialismo atlantista essenzialmente per magnificare quello russo o cinese. Del resto, il libro – scritto in primavera – esce già vecchio su diverse questioni, in primis gli effetti collaterali del vaccino Sputnik e la situazione a Cuba. Poco cambia comunque in un libro in cui, quando mancano dati o fatti concreti cui fare riferimento, ci si scatena con le insinuazioni, incluse quelle sulla morte di Kennedy.

Se si cerca un saggio di considerazioni critiche sui primi mesi del governo Draghi, meglio guardare altrove. Se si ha nostalgia del classico Dibba delle “spremute di umanità”, del terzomondismo da selfie con bambini di differente etnia, vale la pena recuperare i vari reportage sul Fatto Quotidiano o su TPI. Pochi giorni fa n’è uscito uno davvero merdaviglioso sulla Bolivia. A pagamento, naturalmente.