Lector in streaming

"Per noi, libreria indipendente, essere connessi significa raggiungere lettori come noi a caccia di buone storie. Oggi si scopre finalmente il digitale ma Amazon si concentra sulla tecnologia, noi sulla relazione tra libraio e lettori."

EDITORIA & LAVORO CULTURALE / le librerie indipendenti /1

In Italia le librerie indipendenti sono un po’ meno di un migliaio, pari al 41% dei punti vendita, “cartolibrerie” escluse. O almeno lo erano nel 2015. Da anni la loro quota di mercato in fatturato è progressivamente erosa a vantaggio dell’e-commerce, delle librerie di catena e in franchising, fermandosi oggi attorno al 22% circa (fonte: AIE, Rapporto sullo stato dell’Editoria, 2015-2020). Non stupisce, insomma, che se ne parli a volte come di una specie adorabile e valorosa ma inesorabilmente destinata all’estinzione. Lo scorso anno con il limite agli sconti di Amazon e dei grandi booksellers passato in Parlamento è arrivata una boccata di ossigeno. Poi è arrivato Covid 19. Abbiamo tutti comprato online e, sempre online, abbiamo assistito in streaming a dibattiti e presentazioni in diretta di libri.
Al di là dell’ovvia accelerazione digitale, la sensazione è che l’ondata pandemica abbia accelerato anche nella filiera libraria dinamiche economiche e sociali già prossime a un punto di crisi. E, forse, di svolta. Ogni libreria indipendente, lo sappiamo, è indipendente in un modo diverso e per questo parla con una voce diversa, che in questo momento è importante ascoltare.
Cominciamo a parlarne con  Mariana “Winch” Marenghi, libraia e  animatrice del Covo della Ladra, libreria di genere “piccola ma intesa”, nata quattro anni fa nella periferia Est milanese con un idea precisa in testa: mettere al centro la relazione con il lettore e “l’iper-connessione tra luogo fisico e luogo virtuale”.


Podcast, radio e poi streaming video.. facciamo un po’ di storia: ci puoi dire come è nata  e come è maturata la presenza online del Covo della Ladra
La presenza online della libreria è nata prima di tutto dalla volontà di portare la figura del libraio, e la sua professionalità, in rete. Prima di aprire il Covo, abbiamo analizzato con molta attenzione il quadro della “concorrenza”, ovvero di quelli che oggi vengono chiamati i grandi players online: siamo partiti dai loro modelli di assistenza al cliente, sino alla user experience offerta dalle piattaforme web. Partendo dai modelli più conosciuti e più efficaci, mi sono resa conto subito che tra i molti aspetti vincenti, dietro una strategia economica studiata nel dettaglio, mancava sempre e comunque la possibilità del rapporto umano, della parola scambiata, del consiglio diretto. Soprattutto nel nostro settore, dove il confronto è l’anima più vera e più autentica.
Tra molti miei colleghi librai prevale l’idea che il web sia un nemico, un luogo che annienti la fisicità, il rapporto diretto, il confronto, etc. E in parte è vero: non c’è nulla di più bello che girare tra scaffali di libri e trovare quello giusto per te. È come una magia.
Ma non è scritto da nessuna parte che le due cose siano in conflitto. La mia visione, maturata in anni di lavoro nella comunicazione editoriale, ho imparato a usare il cosiddetto “ambiente online” come uno scenario trans-mediale in grado di aprire i confini, perfezionare la fruizione da parte del lettore, accorciare le distanze, sia fisiche, sia culturali, e, con il tempo, in grado anche favorire anche la presenza fisica e “reale”. La differenza non lo fa lo strumento che usi, ma il contenuto che veicoli su un determinato canale digitale.
Così è nata l’idea di aprire una libreria che, per quanto piccola e di settore, accanto a un negozio e ad una saletta per le conferenze potesse sin da subito lavorare su un’idea di iper-connessione, che utilizzasse gli strumenti di comunicazione digitale e la rete, non come sostituto alla sua presenza reale, ma, appunto, come strumento in grado di amplificare, aprire, aumentare la stessa presenza fisica. Oggi con in più la speranza, di portare, un giorno, di nuovo i lettori in libreria (dove la loro scomparsa è, ahimè, un dato di fatto).

La vostra è praticamente una tv streaming che va in onda ogni sera con un nuovo appuntamento. Puoi descrivere la logica del vostro palinsesto, i format che avete sperimentato e che hanno avuto più successo?
All’inizio il Covo della Ladra non aveva una logica! Nella nostra sperimentazione, cercavamo semplicemente di rendere “interattive” le nostre diretta, in modo che anche chi non fosse presente fisicamente tra il pubblico della libreria, non si sentisse solo “spettatore”, ma parte dell’incontro. L’altro nostro obiettivo, era quello di non fare più presentazioni tradizionali, con dinamiche spesso autoreferenziali, che fanno scappare i lettori anziché avvicinarli (non solo online!). Abbiamo pensato così di strutturare degli appuntamenti che unissero entrambi gli obiettivi e che, allo stesso tempo, parlassero il linguaggio proprio del canale su cui andavano in streaming.
Oggi non abbiamo finito di sperimentare, oltre agli esempi del nostro settore guardiamo a tutti quelli che producono video e distribuiscono contenuti d’intrattenimento in rete.  Insieme a Manuel Figliolini, fondatore de La Bottega del Giallo, abbiamo costruito diversi format che, per modalità di conduzione e struttura, possano raggiungere pubblici di lettori – e non di lettori – differenti. Sono di fatto delle vere e proprie serie, organizzate per stagioni, con una cadenza regolare, con momenti all’interno della diretta anche dedicati al pubblico da casa o comunque più leggeri. Facciamo qualche esempio.
Ogni due giovedì va in stream “HollyBook Party”, un talk show in cui due autori ci parlano della loro ultima uscita, e si alternano ad uno special guest chiamato a interpretare la nostra contemporaneità attraverso il tema della puntata, o prendendo spunto da  eventi, festival, trend settore, etc. Spesso è un blogger o influencer della rete che, in chiusura di serata, fornisce anche  i propri consigli di lettura.  Il sabato sera va in onda “Questa sera a casa di”, dove entriamo letteralmente a casa di un autore, spulciando tra i volumi della sua libreria e nei suoi cassetti.  Il martedì, invece, è dedicato agli “Incipit 32”: leggiamo le prime pagine del libro scelto per la serata, per poi dare la parola agli esperti o all’autore stesso e dibattere a partire da questa lettura. 

In video dimostri ogni sera doti comunicative non comuni, come è nato il tuo “personaggio”  della “ladra di libri” online? Che consigli daresti a un esordiente?
Non è un “personaggio”, perché non siamo in TV o in radio, dove non esiste una relazione diretta e, spesso, immediata con il pubblico. Quello che si vede, è semplicemente quello che è, né più né meno. E nasce perché nelle mie esperienze passate, tra comunicazione, cinema e ricerca universitaria, non mi sono fatta mancare nulla.  Così, se posso dire la mia, a un libraio esordiente, posso solo dire di essere sé stesso e di non fingere mai, perché i lettori non sono stupidi e quello che facciamo, sul nostro lavoro, come nella vita, deve essere coerente con quello che siamo. È l’unica strategia che io conosca, se si può chiamare “strategia”: mettersi a nudo e confrontarsi anche con chi non fa parte della tua “bolla”,  per aprirsi ad orizzonti che non sono i tuoi,  comprenderli, accettarli e imparare anche da chi è più lontano dalla tua visione.  Riassumendo: curiosità, autenticità e un pizzico di inquietudine, che non guasta mai. La tecnica invece,si studia, si sperimenta, si impara e si cambia quando non funziona.

Con lo streaming e la rete il contatto con il territorio, tipico delle librerie di quartiere, si affievolisce o si rafforza? Cosa vuol dire per una realtà come la vostra poter essere seguita ovunque?
Sono due piani differenti, ma non in conflitto. Noi siamo nati grazie a una campagna di crowdfunding che ha coinvolto direttamente il quartiere, attraverso la rete e i social. E mi piace pensare che, in una infinitesima piccola parte, abbia contribuito a migliorare la narrazione che si faceva del nostro quartiere, di periferia Est, Viale Padova. Ma, per rispondere alla seconda domanda, non ne farei una questione  localistica, partirei da un dato culturale. Noi siamo una libreria indipendente e specializzata in gialli, noir e fantastica (scifi, fantasy, distopici, weird etc.), quindi per noi “essere connessi” significa raggiungere i lettori appassionati che come noi, sono a caccia di buone storie.

Con lo StreamField, Facebook, etc le interazioni con il pubblico sono soltanto limitate o anche diverse?  In fondo anche nelle presentazioni tradizionali solo una piccola parte del pubblico alza la mano,  fa domande etc..
La nostra politica è di non creare differenze tra il pubblico che ci segue, online e offline sono trattati allo stesso modo. Certo, in streaming manca il contatto fisico con l’autore, la stretta di mano, il guardarsi negli occhi. Con il meccanismo delle dediche a distanza, grazie agli ex libris, e all’interazione con il pubblico durante le diretta cerchiamo ogni giorno di accorciare le distanze. E poi siamo sempre in attesa di tecnologie a portata di budget che ci aiutino meglio in questa gestione. Ma è presto per parlare. 

Puoi fornirci un’idea delle vostre metriche? Quanti seguono mediamente una vostra diretta streaming?
Su Facebook siamo ad una media di 2000 persone a diretta, con sensibili oscillazioni che dipendono da molti fattori, come ovviamente la popolarità degli ospiti. Calcoliamo tutti quelli  che si collegano entro un margine di 24h dalla fine della diretta, che è il margine delle cosiddette interazioni utili di chi ordina i libri o comunque interagisce con il team della libreria. Su YouTube, la nostra community è ancora piccola, circa 300 iscritti e una media di un centinaio di visualizzazioni durante la diretta. Ma abbiamo appena cominciato a metterci testa, sappiamo che il linguaggio che usiamo non è ottimizzato per questa piattaforma. Quest’anno stiamo mettendo in piedi due nuove serie più mirate agli youtubers.

Avete avviato un servizio di vendita online, come sta andando?
Sta andando bene, ma per noi il servizio di vendita on line è al servizio dei contenuti che creiamo e dei canali di interazione che apriamo con i lettori. Sono loro che trainano le vendite. Faccio un esempio: spesso i lettori ci scrivono sul canale Whatsapp o sulla chat del sito per chiederci consiglio. Solo dopo averci contattato decidono per l’acquisto e per l’ordine. Oppure arrivano al seguito dalle diretta. I modi di atterraggio sul nostro sito sono molteplici.

Anche a seguito dei lockdown e per fronteggiare Amazon, molte librerie si stanno per la prima volta consorziando, condividono risorse web, offrendo un servizio a livello nazionale etc.  Come valutare questo fenomeno?
Noi abbiamo aderito a Book Dealer, che in un panorama come il nostro rappresenta comunque un passo avanti, anche se tutti, almeno per ora, cercando di imitare Amazon fanno lo stesso errore: si concentrano sulla tecnologia e non su come mettere in relazione – a distanza – librai e lettori. Sono sicura che prima o poi arriveremo anche a questo. Ma è già tanto, nel caso italiano, che si cominci a usare l’infrastruttura digitale.

L’ondata epidemica ha prodotto mutamenti anche nelle abitudini e nei comportamenti dei lettori,  cosa succederà nel medio termine, dopo l’auspicabile ritorno alla “normalità”? E’ iniziata una selezione destinata a ridimensionare le librerie indipendenti o a riposizionarle anche positivamente?
L’emergenza Covid ha messo in luce come il nostro lavoro richieda un’elasticità e una dinamicità estreme. Il grado di adattamento che sapremo raggiungere, sarà determinante. E, aggiungo, in questo Covid ha solo accelerato un processo in atto da tempo. Il nostro è un settore in sofferenza da anni e sarebbe bene cambiare scenario, provare altre strade, tagliare certi rami vecchi che stanno facendo morire la nostra pianta. La selezione è naturale e sono sicura che, prima o poi, toccherà anche al Covo perché anche noi diventeremo “vecchi tromboni”. Ci vuole linfa vitale e la capacità di ascoltare, andare oltre le proprie limitazioni e… sì, di rischiare. Ogni tanto ci vuole un tocco di brivido!