Dopo il successo della sua opera enciclopedica in tre volumi – MDF, La storia del Mostro di Firenze, Mimesis 2023 – di cui già ci siamo occupati sulle pagine di “Pulp Magazine” e su quelle di “Carmilla” Roberto Taddeo inaugura la collana di true crime da lui curata per Mimesis, Le notti della Repubblica, con un altro monumentale volume dedicato al cold case più insolubile e sanguinoso di tutta la storia criminale del nostro paese dal secondo dopoguerra a oggi. Coadiuvato da Lorenzo Iovino e Daniele Piccione, e affiancato da un nutrito gruppo di studiosi e ricercatori che, a vario titolo e con competenze professionali molteplici, hanno approfondito i fatti del Mostro, Taddeo propone una dettagliata silloge di saggi e articoli di diversa lunghezza volti a chiarire, indagare e scandagliare la tortuosa galassia di informazioni, teorie, testimonianze che, sedimentate negli anni, confermate o smentite da processi e sentenze, tracciano la minacciosa e imperscrutabile mappa di un vero e proprio labirinto – come il titolo precisa – un labirinto di cui il testo, ultimo di un’imponente letteratura scrupolosamente documentata nell’appendice bibliografica, non pretende, come altri che lo hanno preceduto, di cartografare una improbabile via di uscita ma, ed è già molto, di indicare solo verosimili e praticabili linee di percorso.
Diviso in dieci sezioni più un’appendice con un’intervista al procuratore Paolo Canessa, PM al primo processo Pacciani, il libro non trascura alcuno degli aspetti anche minori della tragica vicenda. Si parte dalla mappa concettuale che delinea storia e contesto generale dei fatti criminali e dalla descrizione sociologico-ambientale della Firenze degli anni del Mostro per analizzare poi la sequenza dei singoli delitti, da quello d’esordio del 1974, ai due del 1981, da quello di altra tipologia ma collegato all’uso della stessa arma del 1968, agli altri quattro che dal 1982 al 1985 hanno annualmente insanguinato le campagne dell’hinterland fiorentino. Ci si sofferma sui testimoni oculari, sugli identikit, sugli avvistamenti e le comunicazioni – dall’Anonimo fiorentino al Cittadino amico – tramite lettere o telefonate, anonime e non, e perfino messaggi medianici di presunti veggenti e sensitivi, esplorando così anche il sottobosco magico-esoterico toscano dal quale emergono o con il quale hanno contatti regolari, molti degli ambigui personaggi coinvolti nelle indagini. Si ripercorrono gli accertamenti giudiziari di tutti i principali indiziati: la cosiddetta “pista sarda” e i loschi fratelli Salvatore e Francesco Vinci (irreperibile da decenni il primo, ritrovato cadavere carbonizzato nella sua auto dopo essere stato torturato e mutilato nel 1993 il secondo); i “compagni di merende” Mario Vanni (inventore dell’espressione…), Giancarlo Lotti e naturalmente Pietro Pacciani, con attenzione anche a opache figure di testimoni oculari o fiancheggiatori come Lorenzo Nesi o Giovanni Faggi; non mancano accurate ricostruzioni della terrorizzante galassia di delitti collaterali apparentemente del tutto scollegati da quelli del Mostro ma sempre segnati da qualche enigmatica concomitanza con esso: il misterioso rapimento di Rossella Corazzin, mai ritrovata, e le deliranti dichiarazioni in carcere del pluriomicida psicopatico Angelo Izzo a base di sacrifici umani, sette esoteriche neo-templari ed eversione di estrema destra; l’incomprensibile sbudellamento passato per suicidio (vero e proprio harakiri) di Elisabetta Ciabani, fiorentina in vacanza in Sicilia; le tre ragazze strangolate senza segni di violenza carnale e ritrovate sempre nei dintorni di via Bolognese a Firenze nel 1972, 1974 e 1984; la mattanza di prostitute assassinate in circostanze mai chiarite nel loro domicilio dove esercitavano il mestiere, quattro tra il 1982 e il 1984; l’omicidio di Milva Malatesta e del suo bambino di tre anni, ritrovata nella sua auto bruciata in condizioni molto simili a quelle di Francesco Vinci ucciso con modalità analoghe una settimana prima, impedendo così a entrambi di testimoniare al processo di primo grado contro Pacciani. In una lunga sezione poi l’analisi del caso a parte, il più romanzesco di un contesto già abbastanza romanzesco, quello che sposta l’attenzione da Firenze a Perugia: la scomparsa sul Trasimeno del noto e stimato gastroenterologo Francesco Narducci, il suo presunto suicidio o omicidio, il probabile scambio del cadavere ripescato nel lago (due diversi cadaveri in realtà), ordito, con la connivenza di alcuni membri delle forze dell’ordine, dalla potente e facoltosa famiglia per evitare l’autopsia, la riesumazione a distanza di decenni del corpo e gli esami conseguenti, e poi le tortuose indagini dell’Ispettore Napoleoni in cerca dei “feticci” collezionati dal possibile mandante dei delitti, il “dottore perugino che un era bono a trombare” secondo le parole di Pacciani. Un’altra sezione più breve è dedicata all’ultimo indiziato e possibile Mostro, l’ex legionario e mercenario fascista Giampiero Vigilanti, ulteriore indistricabile fonte di interrogativi che, di nuovo, mette i delitti in relazione con il torbido ambiente della destra radicale. In chiusura varie puntualizzazioni sulle indagini più recenti di cui occasionalmente si fa menzione sulla stampa corrente, in termini spesso sensazionalistici e fuorvianti, esami sul DNA impossibili ai tempi dei fatti, che avrebbero introdotto già nuovi elementi e nuove piste ma che, smentendo i trionfalistici titoli di alcuni periodici, il testo considera più forieri di ulteriori domande che di risposte risolutive.
Le poche verità assodate che concretamente si possono dedurre dall’inestricabile groviglio sono abbastanza deludenti per molti ricercatori: non esiste un solo Mostro di Firenze, un unico assassino seriale come Zodiac o lo Strangolatore di Boston, ma un gruppo criminale collettivo diviso in due livelli, “operatori” e “mandanti” (che talvolta potrebbero scambiarsi i ruoli ed essere contemporaneamente presenti sulle scene dei crimini); tutti gli indiziati e molti testimoni e fiancheggiatori hanno una qualche complicità a diverso titolo e grado di coinvolgimento con gli autori diretti degli omicidi, nessuno è innocente: meno di chiunque Pacciani che – ad onta della simpatia popolare e della strumentalizzazione (anche politica: la lotta denigratoria di Berlusconi contro la Magistratura) suscitata negli anni ’90 dalla sua controversa figura – è innegabilmente l’autore materiale di almeno alcuni (non tutti) dei delitti perpetrati. Non possiamo affermare altro più di questo che non sia pura illazione. Il libro, che è un testo serio e scientifico, non si spinge oltre. Per questo motivo ne consigliamo vivamente la lettura agli appassionati e cultori di true crime e/o di mostrologia.