Miljenko Jergović / Assediati e assedianti

Miljenko Jergović, Le Marlboro di Sarajevo, Bottega Errante Edizioni, tr. di Ljiljana Avirović, pref. di Claudio Magris, pp. 192, euro 18,00 stampa, euro 6,99 epub

La seconda edizione di questo testo pubblicato in Italia originariamente nel 2019, scritto dall’autore serbo nel 1994, quando ancora la guerra nella ex Jugoslavia era in corso, avviene in un momento storico in cui – come affermava Papa Francesco – è in atto la Terza guerra mondiale a pezzi. Non si tratta solo dei conflitti in Medioriente e in Ucraina, anche se questi occupano da anni le prime notizie dei TG, ma di tanti altri drammi, in luoghi lontani che dovrebbero scuotere le nostre coscienze. Questi racconti, scritti da Miljenko Jergović quando aveva solo ventotto anni, ci portano nella realtà di una guerra civile propagandata soprattutto come una guerra di religione che l’Occidente non ha fatto niente per evitare, ma anzi soffiando sul fuoco per meri interessi economici, per sfruttare la situazione vendendo armi e poi essere protagonisti della ricostruzione.

Popoli che avevano convissuto pacificamente per decenni dopo la Seconda guerra mondiale, sotto lo sguardo attento di Tito, si sono trovati l’uno contro l’altro: coppie che si sono separate, amici che sono diventati nemici, vicini la cui solidarietà si è trasformata in odio. Chi ha dovuto abbandonare le proprie case portandosi dietro in una o due valigie i loro pochi beni, non hanno lasciato solo le loro cose materiali, ma una vita fatta di emozioni, affetti e abitudini, un’esistenza forse ordinaria ma che era tutto quello che avevano di più prezioso. Tutto distrutto dall’odio.

Non ci sono campi di battaglia nei racconti di Jergović, ma schegge di vita che si infrangono contro le conseguenze della guerra sui civili: i bombardamenti, le uccisioni, le torture, le violenze, gli stupri e la fine della solidarietà. Uno stile algido e distaccato che mette ancor più in evidenza le efferatezze di un conflitto di cui non sapremo mai la verità. Perché “la verità suonerà offensiva” – dichiara lo scrittore serbo – “se qualcuno vorrà dirla, per i serbi, i croati e i musulmani. I primi hanno istigato e messo in atto il crimine, gli altri, nella loro disgrazia, hanno creduto di essere nel giusto e di dover pensare e agire come i primi”.

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