In un intervento del 1997, Mario Monicelli scriveva del fratello Giorgio: “è morto prima di aver compiuto sessant’anni, di cirrosi epatica. Era malato e sempre scontento, forse perché avrebbe voluto fare il letterato…”. Suona bizzarro, con il senno di poi, il fatto che il fondatore e curatore di Urania, nonché inventore di uno dei neologismi più fortunati del secondo Novecento (fantascienza), non si considerasse quello che a tutti gli effetti era: un letterato. Nel mondo occidentale, questo pregiudizio nei confronti della fantascienza si è presto dileguato man mano che aumentava la sua importanza nell’immaginario collettivo e l’interesse crescente da parte dell’accademia ha fatto nascere un corpus notevole di studi sulla scifi.
Purtroppo, nel nostro paese, pur non mancando una seria produzione critica e letteraria di alto profilo, c’è ancora un certo ritardo nella metabolizzazione del genere presso il pubblico e la critica, accademica e non: se si pensa che La strada di Cormac McCarthy (2006; Einaudi, 2007), nel 2007 fece incetta di premi letterari negli Stati Uniti, pare difficile credere che, per il momento, possa succedere lo stesso al Campiello o allo Strega per un romanzo di fantascienza italiana (ma gli esempi sarebbero molti).
In questo contesto, Fantascienza e società, la collana di Mimesis specializzata in saggi sull’immaginario, nel corso di un decennio ha promosso attivamente gli studi critici sulla fantascienza italiana (e non), pubblicando una serie di opere di grande importanza per studiosi e appassionati. Dopo aver esordito con un’edizione critica della rivista militante Un’ambigua utopia (2009), curata da Antonio Caronia e Giuliano Spagnul, altri titoli hanno raccolto il lascito di Caronia, come la nuova edizione di Fantascienza: guerra sociale? (2013). Fra le ultime pubblicazioni compaiono inoltre due saggi di Giulia Iannuzzi ormai fondamentali per orientarsi nella storia del genere in Italia – soprattutto il primo, focalizzato sulla nascita e lo sviluppo dell’editoria fantascientifica e del dibattito sul genere nelle riviste di settore (Fantascienza italiana. Riviste, autori, dibattiti dagli anni Cinquanta agli anni Settanta, 2014; Distopie, viaggi spaziali, allucinazioni. Fantascienza italiana contemporanea, 2015).
Ideologia e rappresentazione si innesta perfettamente nello spirito della collana, adoperando come fonti anche alcuni dei testi precedenti, in primis i libri di Iannuzzi. Gli autori, Simone Brioni e Daniele Comberiati, sono professori associati rispettivamente alla Stony Brook University di New York e all’Université Paul Valéry di Montepellier e hanno già dimostrato che la fantascienza fa pienamente parte dei loro programmi di ricerca. Pur essendo un’opera originale, questa raccolta di saggi poggia le basi su ricerche pregresse, già materiale per una loro opera di maggiore respiro, pubblicata in inglese per Palgrave Macmillan nel 2019 (Italian Science Fiction. The Other in Literature and Film), il primo testo critico in lingua inglese dedicato alla fantascienza italiana.. Anche se Ideologia e rappresentazione rappresenta, come specificano gli autori nell’introduzione, una naturale continuazione di Italian Science Fiction, i due libri sono fruibili indipendentemente. I lettori del primo libro, tuttavia, potranno affrontare il saggio come una piacevole appendice al discorso intavolato con Italian Science Fiction, in grado di confermare ulteriormente la solidità metodologica e la chiarezza espositiva di Brioni e Comberiati.
Entrambi i saggi – facendo leva su un sentire critico sempre più comune – evidenziano l’anomalia italiana sulla scifi a cui si accennava: se alcuni generi codificati, come per esempio il giallo, godono di un largo seguito di pubblico e critica nel nostro paese, la fantascienza non è ancora completamente uscita da un ruolo di sudditanza culturale che non trova paragoni nel resto del mondo occidentale. Brioni e Comberiati, oltre a ribadire la centralità della fantascienza negli studi culturali della contemporaneità, affrontano il genere nella sua globalità, sfuggendo ogni distinzione obsoleta da doppio paradigma culturale. Infatti, sia Italian Science Fiction sia Ideologia e rappresentazione non sono trattazioni storiografiche sulla scifi italiana, tanto meno un tentativo di compilarne un canone qualitativo, quanto piuttosto vanno letti come un atlante tematico in cui le narrazioni fantascientifiche servono da cartina tornasole per esplorare l’immaginario culturale italiano, sia esso conscio o meno, e la sua relazione con la storia nazionale e i suoi rimossi. L’unica barriera posta dai due autori alla selezione dei testi sembra essere, al massimo, quella larga e retroattiva di Darko Suvin, che vede nella fantascienza una tendenza sotterranea e sovversiva presente nella letteratura da prima della sua codificazione agli albori della società di massa, ovvero semplicemente il genere che raggruppa i mondi storici alternativi, in grado di suscitare nel lettore lo straniamento cognitivo introdotto dalla presenza di un novum, come la possibilità del viaggio siderale, e i ragionamenti sovversivi che esso comporta (Le metamorfosi della fantascienza, 2015).
Lo sguardo degli autori abbraccia sapientemente il panorama a tutto tondo, con un approccio cross-mediale che comprende anche la produzione fumettistica e cinematografica e in un’ottica comparativa sia sul piano diacronico che sincronico, in grado di mettere in relazione narrazioni passate e future o coeve, in modo sempre coerente. Italian Science Fiction è una raccolta di interventi incentrati sulla questione dell’alterità e raggruppati in macro-argomenti, mentre Ideologia e rappresentazione propone al lettore undici percorsi tematici, che spaziano dalla robotica alla religione, passando per la psichiatria, le tensioni anti-europeiste e il terrorismo, per chiudere con il postumano, riallacciandosi direttamente ai recenti studi in merito di Rosi Braidotti (parafrasata anche in quarta di copertina: generi minori o marginali come la fantascienza possono offrire un’illustrazione culturale più onesta e consapevole della società).
Al netto della qualità dell’opera, non si tratta necessariamente di una lettura per soli specialisti e appassionati, anche in virtù dello stile misurato degli autori. Ideologia e rappresentazione rischia però di spiazzare ugualmente i lettori più ancorati allo stereotipo di fantascienza come banale narrativa avveniristica o space opera fantasy, sul filo delle saghe di Star Wars o Dune. Al contempo, saranno delusi quanti volessero trovare una rassegna critica di testi dall’alto valore letterario: la forza del libro (e del suo precedente in lingua inglese) sta proprio nella selezione di opere particolarmente rappresentative ai fini peculiari dell’analisi culturale. Quindi, se già in Italian Science Fiction trovava spazio l’analisi di un film di Pier Francesco Pingitore con protagonista Pippo Franco, anche in Ideologia e rappresentazione la produzione culturale di massa ha un peso importante. Oltre all’approfondimento sulle tematiche della storica serie a fumetti di Nathan Never, la fantascienza di consumo è al centro del capitolo sui supereroi (l’unico scritto a quattro mani), in cui il film Maciste e la Regina di Samar (Giacomo Gentilomo, 1964) viene analizzato in contrapposizione al più recente Lo chiamavano Jeeg Robot (Gabriele Mainetti, 2015) e al rapporto che questi due film intrecciano con l’immaginario collettivo delle rispettive epoche storiche. Notevole, poi, l’idea di confrontare il filone fantascientifico dei film di Maciste con quello più apertamente superoistico di Jeeg Robot.
Ogni capitolo, d’altra parte, contiene elementi di indubbio interesse, come quello sulla religione, in cui trovano spazio anche opere misconosciute al di fuori del fandom (eppure significative per la ricerca condotta) come la saga dispotica di Pierfrancesco Prosperi, contrapposta al più complesso Sottomissione (Bompiani, 2015) di Michel Houellebecq e analizzata alla luce delle tensioni islamofobe nella società italiana.
A mio avviso, oltre al divertente capitolo sulle proiezioni ipotetiche di Silvio Berlusconi, risultano particolarmente notevoli – anche per ragioni di interesse letterario, più che strettamente culturale – i percorsi su Totalitarimi, Ecocritica e Postumano. Nel primo sono messi in comparazione tre romanzi di Corrado Alvaro, Giorgio Scerbanenco e Tullio Avoledo, mentre nel terzo L’anno 3000 di Paolo Mantegazza (1897; Lupetti, 2007) viene confrontato con Sirene di Laura Pugno (Marsilio, 2017). Ecocritica analizza Quando le radici di Lino Aldani, un libro del 1977 pubblicato da La Tribuna, editore specializzato in fantascienza, critico nei confronti della società dei consumi e accostabile a Ragazzi di vita (1955; Garzanti, 2014) di Pier Paolo Pasolini o Marcovaldo (1963; Mondadori, 2011), ma che non ottenne lo stesso riscontro probabilmente per il pregiudizio negativo nei confronti della scifi, considerata incapace di delineare una critica radicale dell’esistente rispetto alla narrativa realista. Del resto, la stessa rivalutazione del valore delle opere di Aldani, al di fuori della nicchia degli appassionati, è stata perlopiù postuma.
I capitoli qui richiamati non sono che rapidi spunti, nel libro c’è molto di più: Ideologia e rappresentazione è un’opera che dovrebbe essere letta da chiunque abbia interesse per la produzione culturale italiana tout court e non necessariamente verso quella di natura fantascientifica. Un testo che conferma ulteriormente il livello delle proposte di Fantascienza e società, in attesa di leggere in lingua italiana la traduzione di Italian Science Fiction. The Other in Literature and Film.