Peter Godfrey-Smith / La diffusione dell’intelligenza

Peter Godfrey-Smith, Metazoa, tr. Isabella C. Blum, Adelphi, pp. 411, euro 25,00 stampa, euro 12,99 epub

Il mistero della coscienza umana, che le neuroscienze provano a spiegare in termini connessionisti o quantistici o quant’altro, ne adombra forse uno ancora più grande e perturbante che è la sua lenta e graduale emersione dal corso della storia naturale. Il gradualismo dell’evoluzione è ciò che ci rende oggi meno speciali e distinguibili anche riguardo alla titolarità di un sé. Malgrado due secoli di darwinismo la tentazione resta: sotto sotto non dispiacerebbe tracciare una linea, fissare un’origine certa, come per un evento storico o una battaglia, fantasticando magari di qualche Scimmia Ebbra impasticcata di Psilocibina, all’origine della nostra speciale saltazione coscienziale e, in pratica, del nostro destino manifesto sul pianeta. Siamo invece a disagio ripensando all’antenato di 300 milioni di anni fa che abbiamo in comune con i rettili o a quello –ancora più remoto (600 milioni di anni fa) – che condividiamo con i polpi. Il gradualismo e la contiguità tra noi e il non-umano sono la chiave con cui Peter Godfrey-Smith, filosofo della biologia e della scienza, ha scelto per indagare l’origine del sé attraverso le ramificazioni del regno animale (o metazoi), tanto per usare la classica immagine ad albero che la biologia moderna tende oggi sempre più spesso a rigettare, assieme alla sua rigida tassonomia. È la cifra metodologica più ricorrente e frequentemente rivendicata nelle pagine di Metazoa, il volume che a distanza di cinque anni segue Other Minds: The Octopus, the Sea, and the Deep Origins of Consciousness, il best seller internazionale che ha portato la complessità mentale dei cefalopodi a contatto con il grande pubblico, con l’esplosività di un’intelligenza aliena.

Se Altre Menti (Adelphi, 2018) – recensito su Pulp Libri il 24  dicembre 2018 – ha reso i polpi più sexy, favorendo forse anche indirettamente l’Oscar per il miglior documentario di Pippa Ehrlich e James Reed (Il mio amico in fondo al mare), il viaggio e il racconto di Godfrey-Smith proseguono ora su un piano di maggiore granularità.  Ogni tappa – dai più semplici organismi multicellulari ai primati, passando per le spugne, i coralli molli, i gamberi e, ovviamente, gli amati polpi – corrisponde a una nuova stazione e conduce a nuovi affascinanti interrogativi (esperienza, senzienza, coscienza?) sulla natura dell’attività mentale degli animali.

Metazoa è un testo in gran parte compilativo, cioè una riflessione basata sulle risultanze della ricerca e sugli studi di zoologi e neurobiologi, intercalata da aneddotica personale di taglio narrativo. Godfrey-Smith è però molto attento a evitare le trappola dell’antropomorfismo che il tema stesso della mente animale tende inevitabilmente a riproporre, come un’ombra dietro ad ogni passo. Prendiamo ad esempio il collaudato topos del polpo, un animale caratterizzato da un sistema nervoso “misto”, con un sé distribuito tra centro e periferia, “decentrato” negli otto tentacoli ma in parte coordinato da un sistema centrale, non sappiamo in che misura, al punto da autorizzare anche ipotesi di menti multiple.

“Oggi si parla spesso dei polpi definendoli ‘intelligenti’, e in un certo senso lo sono. Tuttavia non è il termine che mi viene in mente per primo. […] I polpi sono animali esplorativi che dirigono la complessità del proprio corpo su qualsiasi cosa si trovino di fronte. Hanno un sensorio straordinario e un modo anarchico di accogliere fisicamente le novità, ma in linea di massima non sono riflessivi e ‘brillanti’”. E conclude che il termine “intelligente” potrebbe essere di per sé fuorviante, osservando che le caratteristiche del polpo sono osservabili soprattutto nel contesto sociale, nell’attenzione dimostrata per l’agentività animale (e umana) e per la spiccata individualità dei comportamenti personali che altrove definiremmo “stile”.

Godfrey-Smith, in generale, respinge al mittente le ipotesi del connessionismo e con esse l’idea che la coscienza possa emergere dall’hardware neuronale inteso non troppo metaforicamente come network, centralina, ecc. I suoi favori sono per “una posizione sui sistemi nervosi plasmata dall’evoluzione dell’agentività negli animali” che rivendica “l’importanza di quelle che chiamerò proprietà dinamiche su larga scala del cervello”, come i ritmi e i pattern di sincronizzazione. In breve una visione incentrata sulla specificità del bios e sull’oscura morfologia animale.

Le differenze ovviamente ci sono ma non risiedono necessariamente dove saremmo portati a credere. Come dimostrerebbero i tracciati del sonno REM dei topi, tutti i mammiferi sognano e fanno esperienza dell’altrove, solo con tempi e modalità diverse. La differenza tra umani e non-umani emerge secondo Godfrey-Smith, semmai a livello di quello che gli psicologi chiamano “controllo operativo”, nella spiccata capacità dei primi di dirigere sé stessi nell’esecuzione di un compito deliberato. Ma questa, riconosce, è per ora un’ipotesi.

Metazoa è un racconto in terza persona della mente animale, che non potrà mai virtualmente ribaltarsi e coincidere con il racconto in prima persona del nostro sé. È una riflessione interspecie che lo rivela semmai sotto la luce più morbida e diffusa rispetto allo spot che lo illumina ogni giorno sul palcoscenico del soggetto e delle scienze umane.