Tempi stretti

Adalet Ağaoğlu, Notte di nozze, tr. Fulvio Bertucelli e Tina Maraucci, L’Asino d’oro editrice, pp. 446, 16,00 euro stampa

Fiori: ne arrivano talmente tanti che non si sa più dove piazzarli al lussuoso Club Anatolia di Ankara, dove tra poco si svolgerà un matrimonio prestigioso, quello tra l’infelicissima figlia dell’imprenditore rampante İlhan Dereli e il figlio del generale Hayrettin Özkan. Siamo in Turchia, è appena avvenuto il golpe militare del 1971 e le due famiglie degli sposi rappresentano le nuove classi al potere: quella borghese imprenditoriale, anatolica, rurale che finalmente rimpiazza l’elite kemalista e laica dei decenni precedenti e quella militare, degli ufficiali che vogliono far scordare alla società civile la costituzione liberale uscita dal precedente colpo di stato del 1960 con la concessione di una serie di diritti, anche quello di sciopero.
Tezel, zia intellettuale della sposa che ha partecipato alle lotte libertarie del decennio precedente, è una delle due voci narranti del romanzo. È lei che sigla l’incipit del libro con una frase fulminante rimasta proverbiale in Turchia: “Se non vogliamo suicidarci, beviamo almeno!” E di alcol ne scorre tanto nei 5 piani del Club Anatolia che corrispondono ai vari momenti della festa, diventando una forma di evasione dalla realtà esterna, dall’ennesimo avvio di una stagione di violenza, durante la quale altri giovani saranno arrestati e torturati.

Si parla molto di carcere in questo romanzo, e non solo con connotazioni negative. Anche la seconda voce narrante, Ömer, zio della sposa e cognato di Tezel, fascinoso docente universitario con laurea a Oxford, ha conosciuto l’onore dell’arresto nel passato diventando un’icona del colpo di stato del 1960, ma oggi è una controfigura di se stesso, ha rifiutato la lotta e si è prostituito con il potere. Pure lui, come Tezel, annega la sua angoscia nell’alcol e si rifugia in amori impossibili.

Attraverso un profondo scavo psicologico non disgiunto da una notevole dose d’ironia, Ağaoğlu, una delle più importanti scrittrici turche contemporanee, fa sfilare tanti personaggi ritraendoli tutti in modo impietoso per poter affrontare i temi cari al suo mondo letterario: l’analisi delle classi sociali, lo sfaldamento dei legami affettivi, le relazioni di genere, le contraddizioni della gioventù rivoluzionaria. Solo Ayşen, moglie di Ömer e sorella maggiore di Tezel, si salva, rifiutandosi di partecipare al matrimonio dove i nuovi vincitori siglano la sconfitta dei suoi sogni.

Questo romanzo, il cui titolo originale suona Bir Düğün Gecesi, è tradotto per la prima volta in Europa 40 anni dopo la sua pubblicazione e rappresenta il secondo volume di una trilogia dal titolo metaforico Tempi stretti (Dar zamanlar), concepita per dar voce rispettivamente ai colpi di stato del 1960, del 1971, del 1980. La scrittrice, rappresentante della letteratura del 12 marzo (data del golpe del 1971) e attivista dei diritti umani, ha contribuito a svecchiare la letteratura del suo paese, svincolandola dai dogmi del realismo didattico. Peccato che la sua veneranda età (è nata nel 1929) le impedisca probabilmente di scrivere un’opera sull’ultimo colpo di stato del 2016, con la conseguente svolta reazionaria che sta vivendo la Turchia.

Eppure il romanzo offre un’anticipazione della sterzata islamista contemporanea: c’è, infatti, un’unica coppia tradizionalista che mal si assortisce tra gli invitati del matrimonio laico, visto il capo velato della donna. Un monito indelebile a ricordarci la fondazione del primo partito islamico in Turchia avvenuta proprio nel 1972.

Il romanzo, oltre a svelarci le tante sfaccettature della società turca, permette di fare un paragone fondato con gli anni Settanta italiani: la violenza politica, il rapporto dei giovani con la politica e la loro frammentazione in opposte fazioni, il passaggio alla lotta armata, il ruolo degli USA. Un’ulteriore conferma, mutatis mutandis, di quanto la Turchia appartenga anche all’immaginario occidentale.