Un nuovo blues per Biloxi

Mary Miller, Biloxi, tr. Leonardo Taiuti, Black Coffee, pp. 304, euro 15,00 stampa, euro 7,99 epub

Biloxi è una cittadina costiera dello Stato del Mississippi, affacciata sul Golfo del Messico, che oggi conta poco più di quarantamila abitanti. In un primo tempo per la presenza del gruppo di nativi americani di famiglia Biloxi e poi grazie anche a opere teatrali come Biloxi Blues (1984) di Neil Simon, la cittadina è diventato uno dei luoghi per antonomasia del Sud degli Stati Uniti.

Una definizione con la quale la scrittura di Mary Miller, proprio in merito al presente romanzo, si è confrontata direttamente, rilasciando questa dichiarazione in un’intervista dell’anno scorso, pubblicata su The Rumpus nel luglio 2019: “Mi identifico con il Sud nello stesso modo in cui mi identifico come donna; le circostanze nelle quali mi ritrovo sono queste e non trovo niente da pensare (o da non pensare) al riguardo”.

D’altra parte, è inevitabile considerare Biloxi come una narrazione profondamente radicata nel suo contesto storico-geografico di pertinenza: la storia di Louis McDonald Jr. nasce sulle macerie lasciate dall’uragano Katrina nell’agosto 2005, la cui devastazione ha lasciato indelebili tracce materiali e psichiche in una vasta regione del sud-est degli Stati Uniti e quindi anche nel territorio di Biloxi, contribuendo, peraltro, al consolidamento di un orientamento politico generalmente ultra-conservatore nell’area. Un dato, quest’ultimo, che non può che risaltare in una narrazione ambientata a ridosso delle elezioni del novembre 2016, riverberando nella visione del mondo del narratore, più che sessantenne, e in particolar modo nelle sue malinconie di marca pseudo-trumpiana.

Infatti, al di là di un diffuso pregiudizio sessista (“le donne gentili non sono sessualmente disponibili” è una delle asseverazioni emblematiche del narratore), di alcuni altri pregiudizi (“i giovani d’oggi hanno paura di tutto e in realtà sono individui poco più che ordinari” è un’altra sua memorabile e sintomatica affermazione) e di altre azioni di Louis, a dominare la scena è il denaro. O meglio, in omaggio a un rapporto con il conservatorismo trumpiano che è più malinconico che ideologico, l’assenza di denaro, poiché Louis è in perenne attesa di un’eredità che potrebbe riscattare la sua vita precaria e ormai solitaria, dopo la separazione dalla moglie. Attesa che si muove tra i poli della rassegnazione e del desiderio di fuga, nella quale si inseriscono alcuni détournement perlopiù grotteschi – per effetto di una scrittura che combina sapientemente umorismo e minimalismo, allontanandosi, dunque, dall’afflato tragico di tante narrazioni novecentesche del Sud degli Stati Uniti – tra i quali spicca il suo rapporto con il nuovo cane, Layla.

Com’è forse prevedibile, Louis proietta sull’animale le sue nevrosi e quest’ultimo gli risponde come contrappunto comico, a volte più umano dell’umano; in ogni caso, in omaggio alla canzone del chitarrista Eric Clapton cui Layla deve il proprio nome, Biloxi è soprattutto il blues di un uomo con cane, più solo del proprio cane, in attesa di una svolta fondamentale che forse non arriverà mai e che arriva a impigliare, nel segno del grottesco, anche i lettori.

Intervista a Mary Miller su https://www.edizioniblackcoffee.it/intervista-a-mary-miller/