Al di là dell’evidente constatazione che tutti i vampiri tradizionali sono anche, se non soprattutto, vampiri “psichici”, in grado cioè di assoggettare le menti delle loro vittime, resta da sottolineare che nella letteratura fantastica il tema non è perfettamente circoscrivibile, data l’ampia portata metaforica dell’assunto. Andremo quindi a segnalare titoli, per capirci, “specifici”, chiedendovi umilmente di perdonarci qualche necessario volo pindarico.
Partiamo dal monumentale Carrion Comfort di Dan Simmons, conosciuto in Italia come Danza Macabra (titolo con cui è uscito nel ’92 presso Interno Giallo e nel 2009 da Gargoyle Books in edizione integrale), un clamoroso mix di horror epico, thriller, action con qualche strizzatina d’occhio alla spy story. Si tratta di un assoluto esempio di ottima letteratura contemporanea di confine, pubblicato in prima battuta nel 1989, grazie al quale facciamo conoscenza con dei particolarissimi “mostri” dotati di un “Talento” tanto speciale quanto discutibile, ovvero quello di entrare nel corpo e nella mente degli esseri umani per assoggettarli ai loro inimmaginabili scopi. Senza voler guastare, a chi non l’avesse ancora letto, una lettura che si dipana prodigiosamente fluida e accattivante per quasi mille pagine, si può anticipare che il Talento dei tre vampiri psichici (Melanie, Willi e Nina) azzera del tutto l’impulso vitale delle vittime prescelte, che in questo modo si trasformano in catatonici zombi dall’elettroencefalogramma piatto e del tutto insensibili ai più atroci dolori fisici. Se vi pare un riferimento all’attuale condizione planetaria, non si può che concordare. E lo stesso Simmons, nel corso del romanzo, ne corrobora l’Ombra con ampie allusioni alla manipolazione mediatico-economica, alla pedofilia e agli inganni della politica. Ovvio che il modello in stato d’accusa non possa essere altro che l’America degli anni Ottanta, reazionaria, razzista e con un tendenza già allora crescente alla “esportazione” della “democrazia”. Ma il discorso, a distanza di trent’anni, tiene ancora, soprattutto laddove si individua nelle élite — i ristrettissimi gruppi di potere finanziario ed economico — l’espressione più potente del Male, in modo particolare negli occulti progetti unilaterali di giocare “non più sulla pelle di singoli uomini ma di nazioni intere”. E sotto questo profilo Carrion Comfort è quasi un saggio sul tema della manipolazione globale.
Ma personaggi come Melanie e Nina esistono sul serio? Con quei poteri? Personalmente non avrei dubbi a favore di una risposta affermativa e, a conforto di una tesi all’apparenza paradossale, porterei come prova “fumante” la cronaca quotidiana, né più né meno quello che ci arriva tutte le mattine dai giornali: un utile sport mentale che occorre fare per imparare a leggere oltre le notizie. Su questo non posso dilungarmi, ma è dall’11 settembre 2001 che la realtà pare proprio un’altra. E poi non è forse manipolazione globale la tremenda crisi economica, appunto, creata dalle élite, che sta martoriando l’Occidente? Lo disse pure Tremonti a suo modo. E va da sé che stiamo parlando di vampirismo psichico istituzionale. Però è giocoforza che sul piano individuale, quello sottile che c’informa prima di tutto “a pelle” sul connettivismo di ogni giorno, ci troviamo al dover fare i conti con verifiche di cui molti (chissà quanti) non paiono avere percezione.
Un esempio sin troppo banale: avete mai passato una certa parte del vostro tempo con una persona che vi ha, alla lettera, spossato? Vi siete mai trovati, alla fine di qualche serata all’apparenza frivola e disimpegnata, privi del tutto di energie come se aveste scaricato chili di mattoni per ore e ore? Bene, è probabile — non certissimo perché ci muoviamo in un campo in cui la certezza non è mai tale — che siate transitati dalle parti di uno o più vampiri della mente, quasi certamente in piena stagione di caccia. Esistono senza dubbio nella prassi quotidiana individui che metaforicamente risultano essere proprio dei veri “predatori” di energia. Ognuno nella sua vita ne conosce, se è fortunato, almeno una mezza dozzina. Io forse ne ho incontrati di più, ma quel che conta è la media. Sino a quando non mi sono imbattuto in un sinistro libretto dello psicologo statunitense Joe H. Slate, Vampiri della mente (Armenia, 2003), che, per quanto sia da prendere con le molle, in alcuni passaggi fa più che riflettere. Per esempio, questo:
“Se riflettete un istante, forse ricorderete di avere sperimentato il vampirismo psichico, fenomeno che vi ha privati delle vostre energie e vi ha lasciati mentalmente e fisicamente stanchi. Forse avrete addirittura avvertito la violazione del vostro spazio personale e la vera e propria estrazione di energia dal vostro corpo. Una volta consapevoli di questi effetti, forse avete cercato un modo educato per porre fine a questa intrusione. È interessante notare che alcuni dei termini usati per descrivere questi incontri sociali così sgradevoli suggeriscono chiaramente i sintomi del vampirismo: ‘dolore al collo’ e ‘un’esperienza prosciugante’ sono solo due delle possibilità. Esempi tipici di vampirismo sociale sono il bombardamento di comunicazioni persuasive che si vedono regolarmente in politica, nella religione, nella raccolta di fondi e nella pubblicità. I vampiri psichici esperti, infatti, hanno spesso una lunga storia di manipolazione di persone per trarne vantaggio nella carriera o per altri interessi, uno schema che si è fatto sempre più dominante.”
Volendo cercare riscontri — da Vanna Marchi a qualche leader politico a caso – questi non mancherebbero. Ma personalmente non farei cadere un discorso a suo modo serio nel bozzettismo caricaturale. Perché quando si discute di “energia”, ci muoviamo in ambito scientifico, quanto meno in quel terreno di studio non ancora asservito agli interessi delle élite globali. E allora occhio, occorre schermarsi, perché, citando ancora Slate, “il vampirismo psichico è vivo e fiorente nel mondo di oggi e, che abbia forma individuale, di gruppo, parassitica o globale, esige purtroppo un pesante tributo: esso risucchia energie, e in alcuni casi distrugge vite umane. A livello personale, consuma le nostre energie e interrompe la nostra crescita. A livello globale, può letteralmente privare la Terra dalle risorse necessarie alla sua sopravvivenza.”
C’era un signore, un grande intellettuale, che si chiamava Joan Petru Culianu [Walter Catalano, “Signorina Christina. Vampiri e Guardie di ferro”, Pulp]che si occupava a fondo di questi argomenti, soprattutto dei brain-trust che esercitano il loro controllo occulto sullo psichismo di massa occidentale. Fu ucciso con un colpo di pistola Beretta calibro 25 nei bagni della Divinity School di Chicago il 21 maggio 1991. Culianu veniva dalla Romania. Di lì molto probabilmente venivano anche i suoi assassini. E non serve ricordare che la Romania ha regalato al mondo la controparte folclorica dei “vampiri della mente”. Non posso trarre conclusioni. Questi discorsi non si concludono mai. Sembrano frammenti slegati di un ragionamento che non si vorrebbe neppure portare a compimento. Però, dato che di libri parliamo, vi invito a leggere – anche se sparì subito dagli scaffali, vedete voi… – Il presagio di Claudio Gatti (Rizzoli, 1996), e nel contempo far entrare nei frammenti slegati di cui sopra il grandissimo mio conterraneo Umberto Eco che con Un delitto troppo perfetto (Repubblica, 1996) scrisse un esemplare articolo di detection giornalistica che si concludeva così: “È uscito in Italia Il presagio di Claudio Gatti. Il sottotitolo dice Un thriller esoterico, e il soggetto di questo romanzo è Ioan Culianu. Si tratta di romanzo, tanto che in questa storia viene assassinata qualche tempo dopo Culianu anche la fidanzata, che qui si chiama però Hillary Wagner e non Hillary Wiesner. La trama rumena si mescola con una trama occultistica e satanica nei sotterranei di Manhattan. Il romanzo può essere letto con gusto specialmente da chi non sappia che Culianu è veramente esistito, mentre chi conosce la storia rimane irritato da questa commistione violenta tra dati reali e dati fittizi. Ma l’irritazione nasce dal fatto che Culianu è morto solo da qualche anno: se fosse stato ucciso ai tempi della Maschera di Ferro accetteremmo tutto, come accettiamo le libere misture tra storia e romanzo fatte da Dumas. E questo è il punto: si può usare con tale disinvoltura un personaggio reale solo quando non appartiene più alla cronaca ma è entrato nelle nebbie del mito. Il fatto che la libera utilizzazione del mito Culianu sia stata possibile a soli cinque anni dalla sua morte ci deve far riflettere su questa vicenda post mortem che poteva essere immaginata (e studiata) solo dalla vittima, se fosse rimasta fra noi. Ma forse lo avrebbe fatto con un sorriso d’ intesa.”
Vi lascio, certo, con qualche dubbio in sospeso, ma qui di libri parliamo e veniamo allora a citare Il vampiro della mente di Lisa Jane Smith (Newton Compton, 2010), secondo episodio della serie “young adults” Dark Visions. Della prolifica autrice statunitense Newton ha pubblicato le serie The Vampire Diaries, The Secret Circle, The Forbidden Game, Night World, Wildworld e, appunto, Dark Visions. Un mare di titoli, ma l’horror come lo intendiamo noi forse non abita qui. Poi, se vende così tanto, non abbiamo affatto ragione. In ogni caso, riportiamo la quarta de Il vampiro della mente:
“Quattro ragazzi, Kaitlyn, Rob, Gabriel, Anna e Lewis possiedono delle capacità eccezionali. Ognuno è stato benedetto con un dono, e unendo i talenti che li contraddistinguono sono in grado di affrontare qualsiasi sfida. Niente è impossibile per loro: sanno predire il futuro, spostare gli oggetti con la forza del pensiero, comunicare con gli animali e guarire le ferite. Ma c’è un motivo se si sono ritrovati tutti in un istituto speciale: Zetes, il diabolico direttore, sta architettando piani oscuri. Vuole plasmare la mente dei ragazzi e piegarli ai suoi voleri, per costruire una squadra d’assalto psichica che nessuno potrebbe fermare. I cinque non hanno scelta: devono scappare. Verso una grande casa bianca, che tutti hanno visto nei loro sogni, senza sapere cosa – o chi – li attende dietro quelle misteriose mura. Ma Zetes non si arrende: è riuscito a colpire uno di loro, trasformandolo in una creatura da incubo, un predatore di energie psichiche, un vampiro della mente. E adesso nel gruppo si nasconde un traditore, pronto a sabotare il viaggio, a distruggere la misteriosa casa, perfino a ucciderli. I pericoli sono ovunque. Il viaggio ha inizio…”
Lasciamo i baldi giovani per un classico inglese che purtroppo non è più con noi da qualche anno, Colin Wilson, che entra con raffinata prepotenza in tanto territorio con I parassiti della mente e I vampiri dello spazio. Benché quest’ultimo sia stato oggetto di una spettacolare versione filmica a opera di Tobe Hooper nel 1985 (Lifeforce, in Italia Space Vampires), la narrativa di Wilson, contaminata a suo modo con la saggistica, poco si presta alle dinamiche immagini del moderno cinema fantastico, se non a prezzo di pesanti semplificazioni. Se vogliamo ulteriormente semplificare anche noi a vantaggio di chi non conosce l’opera di Wilson, il secondo è un “episodio” mentre I parassiti è “la storia”. All’ombra di Lovecraft e non solo, miscelando verità e finzione e risultando per questo “credibile”. In buona sostanza, l’invasione “psichica” del nostro pianeta è in atto sin dal 1800 e le maligne creature aliene manipolano pensieri e scelte, bloccando anche lo sviluppo intellettuale e spirituale dell’umanità, per evitare soprattutto che gli uomini scoprano superpoteri telecinetici e telepatici in grado di opporsi all’infestazione. Ma qualcuno ci riesce. Nell’evidente allusione alle pratiche di condizionamento delle élite, trova spazio anche I vampiri dello spazio che, scritto nel 1976, ostenta un incipit che di sicuro vi ricorderà tanti altri prodotti letterari o filmici, tanto verrà sfruttato in seguito: la gigantesca astronave aliena che vaga all’apparente deriva nel cosmo con all’interno una trentina di corpi umanoidi giacenti in animazione sospesa. Una volta trasportati sulla Terra, tre di questi si risvegliano e non solo compiono disastri di ogni tipo, succhiando energia vitale da chiunque capiti a tiro, ma preparano l’invasione su vasta scala del nostro martoriato pianeta.
Ovvia sintesi fra il gotico e la fantascienza, tra la figura del vampiro e l’alieno, I vampiri dello spazio è una lettura divertente e a suo modo “istruttiva” che vive ancora sotto l’egida degli archetipici Ultracorpi inventati da Jack Finney. Come riassume perfettamente Riccardo Fabiani[1], l’uomo da sempre è fatto oggetto di un’invasione interiore da parte di un nemico che gli sottrae l’energia intellettuale, impedendogli il pieno e cosciente sviluppo delle proprie facoltà, comprese quelle parapsichiche: “Questa mignatta della psiche assale e trasforma l’essere umano in un diverso, in un finto; gli uomini diventano solo simulacri di carne, svuotati di ogni capacità di provvedere razionalmente al proprio sviluppo interiore al servizio delle entità annidate nei recessi del nostro Io. Questi artefici della nostra schiavizzazione, li portiamo dentro di noi come inconsapevoli gestanti. Siamo condizionati nelle scelte, nelle decisioni della vita di tutti i giorni, credendo invece di essere liberi e indipendenti. E il blocco dello sviluppo mentale e spirituale è l’arma con cui i nostri sgraditi ospiti tentano di impedirci il raggiungimento di livelli di coscienza superiori. Ma l’intento degli invasori mentali va ben oltre: infatti essi spingono al suicidio chi si rende conto di essere posseduto, togliendogli ogni volontà di riscatto o di rivalsa dal subdolo asservimento”.
Vale la pena di sottolineare fuggevolmente l’assoluta attinenza dei libri pur datati di Wilson con l’attuale periodo storico, momento di intenso attacco “mentale” alla collettività planetaria. Il tema è troppo sfaccettato e importante per ridurlo a poche e compresse righe, ma qua e là, nel corso del presente articolo, vi abbiamo per così dire “strizzato l’occhio e, a buon intenditor…
Aggiungiamo anche le notazioni di Fabio Giovannini che, nel suo eccellente Il libro dei vampiri – Dalla leggenda alla presenza quotidiana, Dedalo, 1985), scrive: “Una vasta letteratura di origine vampiroide, sconfinante spesso nella science fiction, ha propinato volta a volta succhiatori di forze psicofisiche (la donna che in The Vampire di Reginald Hodder usa un talismano e il magnetismo per vampirizzare); succhiatori di anime (la Morte come essere materiale che vive succhiando l’esistenza a uomini e animali in Psi di Cassiope di Charles de Fountenay); succhiatori di generica vitalità nell’Elixir de longue vie di Balzac; succhiatori di “forza” (la Shambleau delle avventure di Northwest Smith scritte da Catherine L. Moore); succhiatori di “energia cerebrale” (i vampiri psichici di The Parasite di Arthur Conan Doyle e The Transfer di Algernon Blackwood).»
E sull’onda della metafora, profonda metafora, impossibile non concludere con Edgar Allan Poe, in cui il vampirismo psichico, a volte anche passivo, è sottinteso in tanti famosi e straordinari racconti. Come scrisse Elio Vittorini[2], “vampiro significa che un essere succhia la vita da un altro essere: chiacchera chiacchera; e spezza, succhia, canta; analizza e canta; conosce, consuma, s’imbiba e canta. Così è l’amore degli uomini che vogliono amare, un bisogno della volontà, accanimento per non morire, rifiuto di accettare la morte e la natura: e diventa un festino di membra su un cadavere. Tipico estremo, in Berenice, colui che ama strappa i denti al cadavere amato; perché quei denti sono, come lui stesso dice, e in francese, des idées: parte di conoscenza. E il racconto, la poesia nel racconto, è l’inno di ciò, la consumazione vampirica.”
[1] Riccardo Fabiani, Chi si nutre della nostra psiche?, in “La bottega del fantastico” n° 2, Milano, 1979.
[2] Americana, Volume I, Bompiani, Milano, 2012.