Nata a Melbourne nel 1993, Lee Lai è una fumettista transgender asiatica australiana che vive in Canada. Vincitrice di numerosi premi per artisti under 35, debutta nel 2021 con la graphic novel Stone Fruit, di cui Cannon (Coconino Press, 2025, 304 pagine, € 24) è un seguito ideale che porta avanti la sua lucida esplorazione delle relazioni umane nella società contemporanea. L’abbiamo intervistata in occasione di Lucca Comics & Games 2025.
PULP: In premessa alle mie domande: Cannon ha un’estetica quasi del tutto uniforme, uno stile realistico in bianco e nero. Tuttavia alcune scelte spezzano questa uniformità, la prima è un uso particolare che fai di alcuni uccelli che compaiono in determinate situazioni. Qual è il loro ruolo?
LL: Si tratta di gazze ladre, e compaiono ogni volta che la protagonista prova rabbia oppure un senso di perdita del controllo, e ogni tanto compaiono quando si trova con personaggi che stanno affrontando emozioni negative a loro volta e da lungo tempo, come suo nonno. La gazza ladra è una soluzione versatile nella scrittura in quanto porta con sé una moltitudine di simbolismi: nella cultura orientale sono un simbolo di buona fortuna e di connessione, mentre nella cultura occidentale significano sfortuna o un presagio negativo. Per me è utile pensare alle differenti interpretazioni che possiamo dare alla rabbia, che può rivelarsi un’energia produttiva e necessaria o anche distruttiva.
PULP: Il secondo elemento che spezza l’uniformità dell’estetica di Cannon è la virata sul rosso di alcune tavole, di regola bianco e nero. Qual è il senso di questa scelta?
LL: Come le gazze ladre, il rosso compare quando la protagonista è arrabbiata. Il mio libro è soprattutto un’esplorazione del ruolo che la rabbia gioca nella nostra vita. Il rosso appare anche quando qualcuno sta guardando un vecchio film horror in videocassetta. Scrivendo Cannon mi sono innamorata dell’horror e negli anni che ho impiegato a realizzare il libro mi sono resa conto che il genere non lesina le allegorie. Il body horror e la violenza sono usati per esplorare temi delicati come i traumi e il lutto e lo fanno in modi che spesso approdano all’isteria fino a sfociare nella comicità e nel trash. Credo sia questo aspetto dell’horror che piace a molti spettatori. Credo che allo stesso modo la rabbia si manifesti talvolta in maniera isterica, a quel punto quando una persona perde il controllo diventa comica o addirittura ridicola. L’isteria è il collegamento tra la rabbia e l’orrore che io rappresento con il colore rosso.
PULP: Il 2025 è stato un’ottima annata per il genere horror che sembra stia tornando attuale in quanto racconta qualcosa della nostra società. Che ne pensi?
LL: Sono d’accordo. Credo che abbiamo fame di storie che confermano la nostra esperienza del mondo che ultimamente è diventata terrificante. Forse lo è sempre stata ma negli ultimi anni lo è di più, e trovo conferme di questo quando vedo la paura affrontata in maniera creativa.
PULP: Un altro aspetto che colpisce nel tuo fumetto è il ruolo dei nastri di auto rilassamento. Uno dei personaggi principali l’ascolta in cuffia mentre sta correndo, talvolta in parallelo con le scene di sesso. Qual è il significato di questa scelta?
LL: Qualche volta ho usato questo parallelo con le scene di sesso. Credo che il ruolo del nastro sia di incoraggiare l’ascoltatore a calarsi nel proprio corpo. Ironicamente, alcune delle scene di sesso sono piuttosto cerebrali e poco, come dire, incarnate. Penso che i nastri abbiano due funzioni: una è di mostrare che la protagonista sta facendo di tutto per gestire sé stessa prima di rendersi conto che la gestione di sé potrebbe non essere la migliore delle risposte. L’altra funzione è quella di uno strumento che salda le scene tra di loro. In questo graphic novel ho davvero voluto sfidare me stessa nella scrittura di diverse scene, con diversi personaggi, che si svolgono nello stesso frangente temporale. Rendere questo in un fumetto può essere difficile ma volevo proprio raccontare in parallelo ciò che i diversi personaggi stavano passando nello stesso momento e come ciò influenzasse le loro interazioni.
PULP: Abbiamo sostituito la cura di sé con la gestione di sé o siamo sempre stati così?
LL: Questa è una domanda esistenziale. Credo di essere diventata sempre più critica nei confronti dell’idea della gestione del sé e della mercificazione della salute portata avanti dall’industria del benessere e non mi sorprende che tutto ciò sia più popolare che mai essendo il nostro stile di vita più sregolato e malsano che mai. Ma d’altra parte come puoi pensare al benessere con un genocidio in corso? In definitiva credo di aver messo una discreta dose di cinismo in questo libro e nella mia vita, anche se le strategie di gestione del sé alla fine un senso ce l’hanno.
PULP: Le scene di sesso e i corpi nudi che disegni sono di un realismo dimesso. Ciò ha un significato?
LL: Si tratta dei corpi e delle scene di sesso che voglio disegnare perché sono i corpi che vedo intorno a me e che amo. Ho sempre amato i corpi di ogni genere, sono meravigliosi da guardare e ti dirò che mi sono sentita ingannata quando, dopo aver guardato film e scene di sesso da adolescente, ho sperimentato l’intimità in prima persona e mi sono resa conto che è completamente diversa, è meno patinata e molto più onesta, più tenera e talvolta più comica, a volte addirittura imbarazzante, è una vasta gamma di cose. E trovo bello mostrare che si tratta di qualcosa di pratico più che politico, mi dà una grande soddisfazione.
PULP: Trovi che la rappresentazione dei corpi fatta dai media mainstream sia una forma di biopolitica?
LL: Sì, ed è impressionante. Credo che oggi in particolare lo sia e non sono contraria, lo trovo divertente, mi lascia stupita. Vedi, nei film e nei programmi TV degli anni ’70 il canone estetico dei corpi era molto più rilassato. Ora siamo in quest’era dove tutto è posticcio, come in un film della Marvel, e le aspettative sono alte come mai prima, ogni corpo dev’essere fottutamente pompato tanta gente ne soffre.
PULP: Qual è lo sguardo sulle relazioni umane che fai trasparire dalla graphic novel?
LL: La rabbia può essere istruttiva se la sappiamo ascoltare, il conflitto e il confronto aspro a volte sono necessari e possono essere trasformativi. Non sempre, ma talvolta sì, anche se non credo di avere risposte semplici a riguardo perché non credo che ce ne siano. Credo ci siano solo diversi dettagli confusi e che il meglio che possiamo fare sia essere onesti con noi stessi.
PULP: In Cannon è molto presente l’elemento dell’identità: etnica, sessuale, generazionale. Come interagiscono queste identità fra loro?
LL: l’identità può essere un’arma distruttiva, l’ho visto succedere in molti modi anche nel mondo dell’editoria. Credo di aver sviluppato più indecisione che mai nei confronti dell’idea di identità. Quand’ero più giovane per me era molto importante capire quale fosse la mia per orientarmi nel mondo ma adesso il mondo sta cadendo a pezzi comunque. Credo che dovremmo scartare una certa idea di identità ma credo anche che l’individualismo possa danneggiare il senso di comunità così come ogni cosa può essere uno strumento per avvicinare le diverse comunità. Non credo di avere un’opinione definitiva sull’argomento, ma credo che continuerà a saltar fuori nel mio lavoro perché è così che organizziamo il nostro spazio sociale, più che mai in senso polarizzante.
PULP: Una dei protagonisti lavora con la scrittura ma ha problemi a scrivere come vorrebbe. Ciò rispecchia un problema che tutti abbiamo con una pratica antica e naturale come sederci in cerchio e condividere storie?
LL: Credo che lei abbia problemi perché non è connessa con la sua comunità in molti sensi. Credo che se fosse circondata da pari e da mentori che la portino a farsi le giuste domande e la incoraggino non farebbe tutta questa fatica e non farebbe scelte creative che la portano a tradire le persone che ha intorno. Credo che la mia strategia principale per proteggermi come artista sia fare fronte comune con altri fumettisti, poeti, scrittori e artisti visuali e discutere tutti insieme le nostre idee per mettere in atto le strategie che ci permettono di continuare con il nostro lavoro.


