Da tragedia a farsa spaziale

David Gerrold, Il viaggio dello Star Wolf, tr. Marco Pinna, Mondadori, pp. 258, euro 6,50 stampa, euro 3,99 ebook

La fama di David Gerrold (1944), relativa al celebre “ciclo degli Chtorr”, ha finito con il relegare in secondo piano le altre sue opere, meritevoli invece di attenta lettura. Il viaggio dello Star Wolf (Voyage of the Star Wolf, 1990), già apparso su Urania n. 1182, è il secondo romanzo del ciclo eponimo, dopo L’ombra dell’astronave (1985, rifacimento di Yesterday’s Children, 1972, Urania n. 907), del quale Gerrold arruola alcuni protagonisti.

Siamo in piena guerra fra i terrestri e la Solidarietà Morthan, il mondo dei “superuomini” costruiti dall’ingegneria genetica ed evolutisi per loro conto, e Jonathan T. Korie è il comandante in seconda, a bordo della nave LS-1187, che non ha ancora avuto il battesimo del fuoco e quindi il nome. Il capitano Lowell però si è fatto seguire dai Morthan e la loro flotta distrugge buona parte del convoglio che stanno scortando; la nave danneggiata, il capitano moribondo e un carico di morti e feriti, con Korie al comando, riescono faticosamente a tornare.

In questa prima parte Gerrold scrive un romanzo dal registro tragico: storia di sconfitte, un ritorno fra le insidie dei Morthan e quelle tecniche, fino al porto spaziale di Stardock. L’arrivo anziché preludere a ciò che Korie (e il lettore) aspetta, cioè al battesimo della nave, ai gradi di capitano, al ritorno alla lotta, si apre a una svolta inaspettata: gli uomini sono considerati incapaci se non veri e propri traditori, Korie anziché ottenere i gradi e il comando rischia la corte marziale e scopre la morte dei suoi familiari in seguito ad un attacco Morthan.

Questo anticlimax segna il rovesciamento del registro narrativo, il dramma si apre alla farsa, a inganni e trucchi d’ogni genere, alla tradizionale Space Opera con tanto di (nuovo) capitano ferocissimo e equipaggio assortito, compreso anche il Morthan Brik e si conclude, dopo una missione impossibile, con un finale non consolatorio, la cui unica concessione è il nome della nave.

Un teorico della letteratura “alta” storcerebbe il naso a questo cambio di registri, alle diverse ellissi, all’hysteron pròteron in cui Harlie spariglia le carte, ma per fortuna la letteratura di genere persegue altri meccanismi, e accettata la cesura il lettore segue con gran soddisfazione gli eventi e un complesso sistema dubitativo in cui ognuno si interroga: Harlie sulla necessità della menzogna, Korie sull’ambivalenza divina, Brik sullo statuto dei guerrieri Morthan. Un sistema che tornerà approfondito in Le ultime ore di Shaleen (1995), già comparso in Urania n. 1310, che speriamo di veder ripubblicato per chi non ha avuto il piacere di leggerlo, magari assieme al quarto volume della trilogia, inedito in Italia, Blood and Fire (2000).

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