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Dave Mckean è uno dei disegnatori più famosi del mondo. Raptor è un libro del 2021, che segue il suo capolavoro Black Dog e ne continua a modo suo i virtuosismi grafici. È stato di recente pubblicato dalle edizioni Comicon e presentato a Napoli durante l’omonimo festival. Ma prima di parlare di questo libro, una lunga premessa.
Era interessante ascoltare a Napoli la sua conferenza e le sue conversazioni, perché nel 2022 McKean ha pubblicato un libro sperimentale, il primo libro con immagini completamente generate dall’Intelligenza Artificiale, dal titolo molto diretto: Prompt.
Il libro ha infatti come sottotitolo Conversations with Artificial Intelligence. L’autore descrive tre conversazioni sulla creatività con l’Intelligenza Artificiale, e ne estrae qualcosa che… assomiglia alle illustrazioni di Dave McKean, ma proprio di brutto.
In effetti lo stile di Dave si prestava molto, dato che da sempre è un mix di schizzi, disegno realistico, pittura, collage fotografico, e Photoshop (del cui uso è stato pioniere). In più, essendo molto famoso, il web è pieno della sue immagini, per cui è bastato chiedere alla IA: “ fai questa immagine nello stile di Dave McKean”, e la IA aveva tutte le informazioni a cui attingere per fare i suoi remix.
Il risultato era abbastanza grezzo, e saltavano agli occhi tutte le allucinazioni create dalla piattaforma, ma in questo caso l’autore le aveva usate in maniera molto consapevole.
Dopodiché cosa è successo lo sappiamo tutti: le IA hanno fatto passi da gigante, e non abbiamo ancora visto niente, ogni giorno acquisiscono la capacità di svolgere compiti complessi con sempre maggiore efficienza. Un articolo oggi diceva che l’IA forse pensa, forse no, ma se lo fa è in un modo che noi non possiamo capire…
Cosa è successo dopo a Dave?
Lui dice che la sua prima tentazione è stata quella di chiudersi in camera e di rannicchiarsi nel letto in posizione fetale. Di non fare più niente, sentendosi ormai inutile.
Poi gli è passata, e ha dichiarato che la IA per produrre immagini è qualcosa che non va: azzera ogni soddisfazione, toglie l’esperienza e la riflessione che si producono quando cerchi di sforzarti di inventare delle immagini nuove.
Che per carità, non è mica così ingenuo da non sapere che ogni artista è il mix della propria cultura grafica e della cultura precedente, ma così no. Non è post-umano, è disumano.
L’intelligenza artificiale sta ridefinendo confini e obbligando a porci degli interrogativi fondamentali: cosa ci rende umani?
E adesso torniamo a Raptor: com’è?
Raptor è un graphic novel che si muove su due piani: la vita reale, dove Arthur, uno scrittore inglese all’inizio del 900, cerca di mettersi in contatto con lo spirito della moglie morta, e, contemporaneamente, un altro piano dimensionale, in un universo medievale-fantastico, dove un falconiere presta il suo servizio per combattere mostri lovecraftiani.
I due piani sono destinati a convivere e a fondersi.
Arthur è personaggio storico realmente esistito, perché si tratta nientemeno che di Arthur Machen, lo scrittore che in epoca vittoriana ci ha consegnato il classico horror Il grande Dio Pan, seguito da I tre Impostori, un romanzo a episodi dove alcuni racconti fantastici si intrecciano tra loro attraverso la testimonianza di tre diversi narratori.
A I tre impostori, un’ opera considerata fondamentale per la letteratura weird, si lega la stella “decadente” del giovane Machen, oscurata tra i contemporanei dal talento e dalla fama del più noto Oscar Wilde. E’ curioso oggi il ritorno di interesse per un autore come Machen, scrittore e membro delle Golden Dawn (società magico-letteraria), che fa capolino in maniera abbastanza sostanziale anche nel nuovo romanzo di un altro pilastro del mondo del fumetto, Alan Moore. Il Grande Quando – the Big When – questo il titolo – è il primo di una serie di romanzi fantasy-esoterici che ci terrà compagnia nei prossimi anni. Ma questa è un’altra storia.
Raptor non è un libro labirintico come potrebbe esserlo una graphic novel di autori contemporanei come Chris Ware o Daniel Clowes, ma potremmo comunque definirlo un libro senza una vera direttiva, privo di una trama lineare, fatto più di suggestioni che di storie avventurose. Il lettore può divertirsi con i costanti cambi di segno e di registro visivo di MacKean, cosa che poi fa parte del suo DNA. Con il tempo il suo modo di disegnare si è fatto ancora meno realistico, debitore delle avanguardie del novecento, con improvvisi squarci astratti, per poi magari deviare a sorpresa verso stilemi espressionisti.
MacKean costruisce un libro non facile, e a un certo punto consiglierei di abbandonare l’ansia e l’affanno di capire ad ogni costo tutte le simbologie contenute nell’opera, per lasciarsi catturare dai suoi mondi fantastici, dove non è poi neppure così terribile perdersi. Presto forse anche virtualmente nella realtà digitale, visto che dopo l’esperienza di Prompt l’autore non ha rinunciato all’idea di utilizzare tecnologie di alto livello per portare i lettori a immergersi nei suoi universi. In un modo nuovo, che – parole sue – la tecnica sta preparando, ma che al momento non è ancora alla portata di tutti.