È l’ora del Nanopunk

Linda Nagata, Red, tr. Maria Sofia Buccaro, Mariachiara Eredia, Benedetta Fabbri, Maddalena Gerini, Urania, Mondadori, pp. 276, euro 6,50 stampa, euro 3,99 ebook

Uscito negli Stati uniti come The Red nel 2013, questo romanzo di Linda Nagata (nata nel 1960) è una virulenta storia di fantascienza bellica in grado di reggere il confronto non solo con i classici del genere (il raffronto con il sommo Heinlein è d’obbligo), ma di gareggiare testa a testa con la letteratura moderna, Scalzi in primis. Solo che qui non siamo nello spazio, ma sulla Terra e la SAC, Squadra di Assalto Connessa, è un corpo d’elité che usa servoscheletri e connessioni neurali, trasformando i militi in perfette macchine da guerra interconnesse l’uno all’altro.

Il romanzo si apre con i servizi di pattuglia che il giovane tenente James Shelley conduce in Africa, pattugliando un fortino e monitorando quella zona del Sahel dove impera il dittatore Ahab Matugo e si profila una nuova guerra coloniale, nel complesso gioco economico che vede gli USA muoversi fra un conflitto e l’altro. Ma il tenente (finito suo malgrado nell’esercito per aver diffuso un video sulla violenza della polizia durante una manifestazione di protesta) ha una particolarità, un sesto senso, che l’avvisa del pericolo e gli permette di salvare sé stesso e i propri uomini… fino a quando, ascoltandolo a metà, viene ferito e mutilato delle gambe.

Il romanzo svolta in altra maniera, con il ritorno del reduce a casa, l’incontro con il padre, l’ex fidanzata, l’amico giornalista, e in seguito l’impianto di gambe al titanio che, assieme all’ampliamento della rete neurale, trasformano Shelley in una sorta di cyborg. Potrebbe sembrare l’inizio di un nuovo addestramento e di un nuovo impiego in zona operativa (ed è quel che succederà), ma altre possibilità si aprono, l’una dopo l’altra, che l’autrice elabora (e sbroglia piuttosto bene): domandandosi innanzitutto se quel “misterioso” avvertimento che giunge al tenente sia un fatto paranormale, o da addebitarsi, come sostiene la fanatica religiosa di turno (non a caso a capo di una fabbrica di armi) a un inganno del diavolo?

Oppure semplicemente, come sostiene la ragazza di Shelley, a un programma elaborato da qualcuno che si muove autonomo nel Cloud, cioè nella rete di informazioni che girano per l’etere? E sopratutto, questo “avvertimento” ha qualcosa a che vedere con lo show bellico che viene mandato in onda per raccontare le imprese di Shelley dal vivo? E con la misteriosa luce che chiamano Red?

Come nei migliori trattati di filosofia, insomma, qui le domande la fanno da padrone, ma le risposte sono sempre a mezzo, e il giovane tenente viene risistemato e ri-addestrato nella sua nuova forma, e rimesso in azione, nel mentre che i separatisti texani decidono di aprire il fuoco della secessione usando armi atomiche, e qualcuno inizia a pensare che questi accadimenti siano legati alle grandi multinazionali di armamenti che decidono la politica a stelle e strisce… E tutto verso un epilogo travolgente, che non è (o non sembra) proprio un lieto fine…

Che dire? Il romanzo, una volta iniziato, è impossibile da abbandonare. Anche perché fino alle ultime battute il lettore si domanda se ciò che accade sia veramente reale, cioè abbia un senso teleologico, si muova in una direzione, o invece si tratti di una serie di coincidenze significative che s’incastrano l’una dopo l’altra. Se poi è un lettore che detesta il cyberpunk e la fantascienza moderna, meglio ancora, perché avrà modo di leggere la distanza che separa Red, scritto da una specialista di “nanopunk” (il sottogenere che si occupa di nano-tecnologie, la cui conoscenza debbo alla nota di Giuseppe Lippi), e autrice di diverse opere, dalle prove della generazioni precedenti. A dire che i figli di quella brutta stagione tutta impastata su realtà virtuali, computer e simulazioni e industrie nipponiche hanno ritualmente ucciso i padri, e ora scrivono in modo avvincente e non tanatico.

Red appare insomma come un’assoluta novità nell’asfittico mondo della fantascienza odierna, di per sé abbastanza noiosa, e dopo la momentanea sospensione dell’epilogo (in cui quel che resta degli uomini di Shelley, dopo la battaglia con i texani, i mercenari del capitale e le industrie belliche, si trova ad affrontare media e giustizia pronunciando a piena voce la propria verità), prelude a un dittico, la cui seconda parte potremo magari leggere in futuro, ma che difficilmente avrà il medesimo impatto.

29 GENNAIO 2018

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