Franco Marcoaldi / Un semplice senso delle cose

Franco Marcoaldi, Una parola ancora, Einaudi, pp. 160, euro 13,50 stampa, euro 8,99 epub

Il canzoniere di Franco Marcoaldi torna a noi con altri cuori di libertà, a difesa del poco che resta dell’umanità e del suo millenario pensiero che sta disgregandosi in intervalli strettissimi – come se qualcosa fosse repentinamente cambiato nello spaziotempo – settimana dopo settimana invece che nei consueti periodi “geologici”. Ma cosa rimane, oggi, di consueto, nelle stanze stracariche di stravolti personaggi che nemmeno nei fraseggi da spogliatoio si ascoltano? Nessuno illeso, con tutto il rispetto per lo storico avanspettacolo, vediamo atterrare miliardari “figli di tenebrosa” (copyright Arbasino) in odore di guerra civile.

E la poesia? Se al mondo ci fosse soltanto questa ragione di scrittura – parafrasando la prima poesia di questo nuovo libro – saremmo tutti senza fiato, e l’essere umano “per un poco / almeno non farebbe / danni, sdraiato sopra un prato”. Ma questo non è, e dunque suvvia, proviamo a cercare nello sguardo di un poeta, e un poco nella sua vita, quelle onde che possono fare stupefacenti i giorni, quelle parole ancora che sono proposte in un andirivieni di gioia dove c’è soltanto scontento.

Marcoaldi è uomo di terra, di terra vive sentendosi provvisorio ma ben presente ancora in un orizzonte d’esistenza che si fa anche nostro quando, non cedendo lui, non permette a noi d’aderire al disastro saturi di pensieri e cellule disfatte nel cedimento generale. E se intorno la luce incede, il poeta ne coglie la “fiamma benigna”, accogliendo quella grande parabola delle Aurore d’autunno dell’amato Wallace Stevens – ultima raccolta di poesie scritte dal poeta nordamericano dopo la Seconda guerra mondiale. E qualcosa vorrà dire se il rimando alla lucida pietra d’ardesia ligure, di stampo caproniano, giunge forte e chiaro dalla laguna di Orbetello. L’ambito di lunghe fedeltà è ferreo, e l’idea è attività forte di una mente che pensa. Caproni non è deriva, nemmeno “occasione”, è un accettare la realtà secondo l’esperienza personale. E dunque i paradossi prodotti dalla specie umana, le discontinuità, sono ancora lì.

La necessità del tono satirico è un atto di giustizia verso gli eventi mentali di chi legge, e che ancora può farlo nonostante gli ingredienti velenosi messi in circolo. L’istinto messo al bando ha fatto danni come l’irrorare di pesticidi i campi coltivati. Diamogli aria con la “conoscenza” leopardiana che Una parola ancora spinge a disporre nelle nostre giornate: qualunque situazione al di fuori della poesia sarà benvenuta, l’istinto saprà dove rivolgersi. In questa raccolta non vivono soltanto versi, la parola giusta è dedica: un libro destinato alla poesia contiene un pensiero dominante, rivelatore, infine avventurosamente percettivo. Il mondo come varietà è, come si dice, una immensa varietà. L’assidua esplorazione di Marcoaldi è necessaria al poeta così come a chi si trova sui sentieri percorsi dalla comunità degli animi. Non dimenticare può essere una fortuna, finché il chiarore del giorno continua a tornare.