Grazia Verasani / La pioggia di inizio autunno

Grazia Verasani, Come la pioggia sul cellophane, Marsilio, pp.160, euro 15,00 stampa

In Italia non si conoscono scrittrici contemporanee poliedriche e versatili come Grazia Verasani. Teatro, cinema, musica e letteratura sono discipline che frequenta con grande padronanza dei mezzi e dei linguaggi.

Fin dai suoi vent’anni, Verasani ha potuto contare su “maestri” di livello assoluto. Tonino Guerra, innanzi tutto, Roberto Roversi, Gianni Celati e Gabriele Salvatores. Nel tempo ha tessuto una rete di collaborazioni per le quali vanta uno spettro amplissimo di relazioni e di esperienze. Da Giorgio Albertazzi a Massimo Carlotto. Ma se si vuole circoscrivere l’ambito di interesse alla narrativa, si deve considerare che la letteratura noir è lo stile che più di tutti la riguarda. Uno stile che immerge investigatori e indagati nello stesso contesto sociale e culturale. Uno stile che non divide nettamente i buoni dai cattivi e che non colloca il crimine al di fuori delle dinamiche della società. Non ne fa una maledizione o una perversione esterna e lontana, ma la conseguenza di dolori e disagi, di violenze subite e restituite.

In questi giorni è stato distribuito in libreria Come la pioggia sul cellophane, una nuova storia della serie che vede come protagonista l’investigatrice privata Giorgia Cantini. Forse l’unico personaggio femminile che è riuscito a guadagnarsi uno spazio significativo nella prima fila della visibilità, anche mediatica, nel panorama editoriale italiano.

Giorgia è una donna. È a capo di una piccola società di investigazioni. Non disdegna un bicchiere, ogni tanto. Qualche volta più di un bicchiere. Non vive al centro della città. Anche se questa città ha le dimensioni contenute di Bologna. Ma ha trovato casa nella sua periferia. Giorgia si innamora. Spesso dell’uomo sbagliato. Ama e viene mollata. Affoga nel dolore tanto più profondo quanto più dissimulato. Si muove per le strade, i bar e i vicoli della sua città che, notiamo da subito, divenire una protagonista a pieno titolo della storia che racconta. In questo ultimo libro, Bologna è perennemente solleticata da una pioggerellina costante da inizio autunno.

Giorgia, notiamo, è anche una donna colta. Sa di cultura pop e di cultura classica. Guarda le persone, quelle che deve pedinare per lavoro e quelle che le stanno intorno, con uno sguardo acuto e mai banale. Vede uomini e donne che, come lei sono avvinghiati in matasse di sentimenti e di relazioni di cui si vorrebbero disfare e che però danno anche qualche conforto.

Proprio quando sta affondano nel languido dolore del ricordo del rapporto appena perduto con Luca Bruni, capo della Omicidi che ha deciso di tornare dalla moglie, Giorgia viene ingaggiata per pedinare la misteriosa Adele, una fan accanita, stalker, di Furio Salvadei, un non giovanissimo, ricco cantautore piuttosto noto e talentuoso che di Adele vorrebbe proprio liberarsi. D’altra parte Salvadei ha bisogno di qualcuno dall’esterno che gli sbrighi questa faccenda perché si trova in piena crisi creativa e annega nell’alcool le sue difficoltà.

Quello che in altri noir italiani avrebbe potuto essere il contesto sociale complesso e degradato della storia, nel racconto di Verasani diventa il tessuto di relazioni umane. Tutte piuttosto complicate. Spesso deludenti. In cui l’amore è reso necessario e impossibile dagli stessi protagonisti. Un groviglio di temi psicologici molto più che sociali. La ricerca assume i contorni quasi di un romanzo gotico a cui partecipa anche un apparato tecnologico coerente con la contemporaneità della vicenda.

La figura di Furio si profila ben presto come quella di un egocentrico, accentratore. Un uomo colto, fin dai tempi del liceo. Amatissimo dalle donne, ma che si sentiva sempre fuori posto e amava come un idolo il Duca, David Bowie.

Mentre il lettore si aspetta, prima o dopo, di veder comparire Adele, in realtà segue le mosse di un depresso e sempre più disadattato Furio. Perché questo è proprio quello che fa Giorgia Cantini per la gran parte del tempo. Segue la preda, potenziale, nella speranza di intercettare il cacciatore o meglio, la cacciatrice. Ma lo sviluppo non sarà lineare. L’immagine (il fantasma?) di Adele appare e scompare. Qualcuno inizia addirittura a dubitare della sua esistenza. Non sarà che ci troviamo di fronte a una paranoia di Furio? Adele è una presenza virtuale o una figura reale?

Mentre cerca e ragiona sulle cose attorno a lei, Giorgia riflette anche sulle dinamiche di difesa tra le persone. Pensa al suo ultimo amore, Bruni. Prova soddisfazione quando ostenta sicurezza e freddezza in un incontro occasionale insieme ad altri colleghi. Ma si domanda anche che senso abbia vincere una gara quando ci si è sottratti alla competizione. E allora si accettano tutti i rischi e si scende nell’arena. Laggiù, quasi magicamente i protagonisti sembrano cambiare i loro connotati perché le loro fisionomie si rimodellano sulle loro storie personali, in profondità, fino a perdere i tratti che la loro immagine pubblica regalava senza preoccuparsi della loro solidità.

Il cellofan ripara dalla pioggia, la fa ticchettare, ma non sempre è una difesa adeguata.