Questa è l’Italia in cui il Presidente del Consiglio dichiara pubblicamente di considerare 25 Aprile e 2 Giugno “feste divisive”, in cui il Presidente del Senato è un collezionista di cimeli mussoliniani che definisce l’Anpi “un’associazione vergognosa”, in cui un vecchio comico rincoglionito, tornato in pubblico come no vax, si permette di riapparire in un programma-spazzatura della TV dopo decenni di eclisse, ostentando una maglietta con gli emblemi della X Mas di Junio Valerio Borghese e il motto “Memento Audere Semper”, in cui una “sinistra” imbelle, incongrua e irresoluta (dopo aver consegnato, chiavi in mano, il Paese a partiti e personaggi che un tempo sarebbero stati definiti estranei all’“arco costituzionale”) non trova di meglio che candidare nelle sue liste locali (con una coerenza così logora che gli costerà probabilmente i pochi sostenitori rimasti) ex acerrimi avversari politici improvvisamente invertiti di segno, riscattati e redenti, e così via di peggio in peggio.
Dunque c’è bisogno più che mai di onorare i rari episodi probi e congruenti del nostro passato e ricordare cosa sia stata la Resistenza e cosa ancora siano e sempre saranno i valori che ad essa si richiamano e che hanno fondato, per quanto riconoscerlo possa disturbare molti, una Repubblica che riemergeva faticosamente dalle rovine della guerra, dalla turpitudine della dittatura, dalla vergogna delle leggi razziste.
Dopo tanta spazzatura ideologica gabellata per ricerca storica e troppi libercoli di gazzettieri prezzolati da rotocalco spacciati per studiosi attendibili, è salutare soffermarsi su testi meno visibili e pubblicizzati, su libri ben documentati e obbiettivi, non necessariamente accademici ma rigorosi riguardo alle fonti, che andrebbero studiati a scuola fin dalla più tenera età e ripassati ogni anno. A questa categoria appartiene lo studio di Flores e Franzinelli Storia della Resistenza, pubblicato da Laterza in edizione rilegata nel 2019 e recentemente ristampato in edizione economica. Un tomo imponente come numero di pagine ma agile e scorrevole come lettura e, soprattutto, completo e dettagliato riguardo ai fatti.
L’utile cronologia in appendice permette di scorrere a colpo d’occhio la successione degli eventi giorno per giorno, dal gennaio 1943 al luglio 1945. Colpisce constatare il quotidiano incremento della violenza e l’entità spaventosa della scia di sangue che la progressiva ritirata delle forze nazifasciste, tra la Linea Gustav e la Linea Gotica, si lascia alle spalle lungo tutta l’Italia: centinaia di morti ogni giorno, fucilati, impiccati, torturati; la scheda, quando possibile, specifica se si trattasse di partigiani, di renitenti alla leva, di prigionieri e ostaggi, o di semplici civili colpiti indiscriminatamente per rappresaglia – la grande maggioranza – e se questi fossero uomini, donne o bambini. Il numero enorme di donne uccise dimostra come – volendo escludere staffette e partigiane in quanto combattenti – la “giustificazione” militare degli eccidi, addotta in genere dai criminali di guerra nei processi, non avesse fondamento alcuno e si fosse trattato solo di ignobili atti di vendetta e di terrorismo.
In diciotto densi capitoli i due studiosi delineano un tortuoso e complesso percorso: il progressivo riorganizzarsi dell’antifascismo prebellico, i primi atti di sabotaggio che dopo il 25 luglio e l’occupazione alleata della Sicilia si trasformano progressivamente in resistenza organizzata; la fuga del re dopo l’8 settembre, l’armistizio ed il crollo delle istituzioni; il sorgere del CLN e del CLNAI e la sua organizzazione regionale e provinciale; la tipologia e la diffusione delle bande partigiane; le diverse dinamiche della guerra civile, un delicato e in certi casi fragile equilibrio tra movimento di liberazione nazionale, guerriglia antifascista e lotta di classe; le varie strategie della lotta armata tra ribelli delle montagne, partigiani delle pianure e guerriglia urbana di GAP e SAP; i rapporti non sempre facili con gli Alleati, la questione degli aviolanci e dei rifornimenti e il proclama Alexander. Ci si sofferma su singoli episodi ben conosciuti, come la strage di Cefalonia, le quattro giornate di Napoli, l’attentato di via Rasella e le Fosse Ardeatine, gli eccidi di Marzabotto e Sant’Anna di Stazzema, ma non vengono trascurati neanche i momenti più oscuri della Resistenza, la conflittualità interpartigiana, l’eccidio di Porzus, i numerosi e spesso insabbiati regolamenti di conti fra banda e banda e la spesso spiccia giustizia partigiana.
Un lungo capitolo è dedicato alle donne resistenti e al delicato problema della presunta “immoralità” delle ribelli: pregiudizio assai radicato anche tra le frange teoricamente più progressiste del partigianato. Un aspetto ben delineato anche nelle rappresentazioni letterarie più veritiere della vita alla macchia che lo studio mette a confronto: il rispetto ammirato per le “libere” donne nel Partigiano Johnny di Beppe Fenoglio e l’idealizzazione sostanzialmente perbenista della madre di famiglia al di sopra di qualunque possibile intesa sessuale in L’Agnese va a morire di Renata Viganò. Il capitolo non tace neanche di alcuni effettivi episodi, rari ma non unici, di violenze carnali o delitti passionali, avvenuti tra compagni di banda e in genere conclusi tragicamente di fronte al plotone di esecuzione. Il moralismo condiziona pesantemente anche le sfilate di celebrazione della Liberazione durante le quali le formazioni partigiane in genere – sempre quelle comuniste e gielliste, con eccezioni quelle autonome – vietano alle partigiane di marciare accanto ai loro compagni per non compromettere l’immagine pubblica delle brigate.
Nei capitoli finali non manca il dolente esame del faticoso percorso di pacificazione: le contraddizioni dell’amnistia Togliatti (di cui già il solo Franzinelli si era efficacemente occupato in passato in un suo studio); la mancata epurazione; la reintegrazione nei ranghi della magistratura fascista; i processi farsa e la rimozione dei crimini nazifascisti parallela alla criminalizzazione di alcuni eccessi di giustizia partigiana favoriti dal crescente clima di Guerra fredda. Conclude il testo, dopo un raffronto tra alcune lettere dei condannati a morte della Resistenza e altre pubblicate dai neofascisti per onorare i caduti della RSI, un’accorata ed esemplare riflessione sul lascito morale della Resistenza.
Un testo, quello di Flores e Franzinelli, che, come dimostrano questi esempi, non trascura alcun aspetto dell’argomento preso in esame e che offre uno dei più completi e obbiettivi scorci storici su quella frattura ideale che ha spaccato l’Italia in due e non ha ancora finito di tenerla divisa.